“Gli europeisti all’attacco”

I segnali sono ormai chiari: dopo un periodo di stallo e di incertezze sulle prospettive gli europeisti che contano si sono rimessi in movimento e cercano di uscire dalla crisi. L’asse franco-tedesco, dopo l’elezione di Macron a presidente della repubblica francese, si è rinsaldato e ha lanciato l’appello ai governi europei a riprendere un percorso comune.

Gli europeisti all’attacco

I segnali sono ormai chiari: dopo un periodo di stallo e di incertezze sulle prospettive gli europeisti che contano si sono rimessi in movimento e cercano di uscire dalla crisi. L’asse franco-tedesco, dopo l’elezione di Macron a presidente della repubblica francese, si è rinsaldato e ha lanciato l’appello ai governi europei a riprendere un percorso comune. E’ stata in particolare la Merkel a dire che l’Europa deve fare da sola ed emanciparsi dalla tutela americana. Europa über Alles diventa dunque il grido di battaglia del nucleo forte industrial-finanziario europeo a guida tedesca.

Il ‘tradimento’ di Trump è stato colto al volo per far emergere una situazione oggettiva che la dinamica geopolitica imponeva da tempo. L’Europa felix era arrivata al capolinea con una Germania che aveva sfruttato la UE e l’euro per dominare il mercato continentale e imporre rigide regole, suscitando una reazione molto forte da parte di chi ne aveva subito gli effetti. La Francia in decadenza aveva provocato l’effetto Le Pen, il Regno Unito aveva deciso la Brexit per riaffermare una strategia da grande nazione fuori dalla gabbia UE e l’insofferenza antieuropeista si diffondeva dal sud al cuore dell’Europa anche in quella ritenuta più progredita. La crisi minacciava di far implodere l’intera struttura europeista. Il vaso di coccio tra i vasi di ferro.

L’arrivo di Trump alla presidenza americana, col suo slogan America first, ha tolto gli alibi a una borghesia incerta sul futuro da scegliere e l’ha costretta a rivedere la strategia basata sulla copertura americana all’ombra della quale faceva i suoi affari – in particolare la Germania – e affiancava le operazioni militari statunitensi.

L’alternativa che si è posta è quella di scegliere tra la crisi delle impalcature europee per arrivare ad un rompete le righe generale, oppure rilanciare un percorso unitario. L’elezione di Macron ha sciolto il nodo e permesso alla Merkel di dichiarare: ora facciamo da soli. L’asse franco-tedesco diventa dunque una chiamata alle armi per il capitalismo europeo che si vede costretto ad affrontare in campo aperto la sfida geopolitica che viene dalla Cina, dalla Russia e dagli USA. Non si possono fare più gli affari sotto la copertura della mondializzazione a guida americana. Soprattutto è arrivato il momento di vedere se questo continente è una comunità di stati rissosa o un polo forte e competitivo a livello mondiale. E’ prevalsa la coscienza che un singolo paese europeo, Francia e Germania comprese, non potrebbe andare da nessuna parte.

Il progetto di rilancio quindi trova una base oggettiva nella situazione che si è determinata e per questo non va sottovalutato per le conseguenze politiche sociali e militari che produce. A partire dalla selezione di una classe dirigente – i governi europei per intenderci – che si omogenizzi intorno alla scelta fatta da Macron e dalla Merkel e dunque, nel caso italiano, che si metta in moto un meccanismo di superamento di quella cialtroneria di cui Berlusconi e Renzi sono stati finora l’espressione ‘nazionale’.

Non si tratta ovviamente di processi di adeguamento della classe dirigente che possono interessarci, ma che dobbiamo invece continuare a combattere. Questi processi porteranno al consolidamento della linea liberista, a un ruolo imperialista più marcato, a una gestione più decisionista del potere. Chi si aspettava che il cosiddetto populismo cambiasse le cose dovrà ricredersi. L’ora X è rimandata.

Non ci rimane che attrezzarci per la nuova fase.

 

Aginform
3 giugno 2017

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