“Astensionismo: non è solo protesta”

Quando in previsione delle elezioni del 4 marzo abbiamo deciso di impegnarci nella campagna astensionista, siamo partiti dalla constatazione che una percentuale sempre più alta di elettori non andava a votare e che, allo stesso tempo, il non voto non aveva affatto un carattere qualunquista, ma piuttosto di rifiuto di un sistema politico che aveva perso credibilità.

 

ASTENSIONISMO: NON E’ SOLO PROTESTA

Lettera ai compagni e alle compagne

Quando in previsione delle elezioni del 4 marzo abbiamo deciso di impegnarci nella campagna astensionista, siamo partiti dalla constatazione che una percentuale sempre più alta di elettori non andava a votare e che, allo stesso tempo, il non voto non aveva affatto un carattere qualunquista, ma piuttosto di rifiuto di un sistema politico che aveva perso credibilità. E’ un fatto nuovo e dirompente che deve essere preso in seria considerazione da chi parla di alternativa.

Partendo da questa constatazione abbiamo tratto le necessarie conclusioni:

1. Il rifiuto del voto rappresenta una rottura col sistema corrotto e liberista che da anni gestisce la demolizione pezzo dopo pezzo delle conquiste realizzate a caro prezzo in passato dai lavoratori e lascia il nostro paese in balia delle scorrerie del grande capitale e al servizio dei guerrafondai.

2. Questa rottura preoccupa il potere ma viene considerata per ora un fattore inerte perchè non ha ancora una definizione politica collettiva.

3. La sfiducia di chi non vota si estende anche alle opposizioni, da quella demagogica della destra a quella dei Cinque Stelle, perchè il sistema truccato dei partiti, dell’informazione, delle regole elettorali e dei controlli istituzionali rende inattendibili le promesse di rinnovamento.

Oggi esiste dunque un enorme potenziale di rabbia che deve trovare un punto di riferimento per trasformarsi in una forza reale di difesa e trasformazione e mettere fuori gioco chi cerca di bloccare la situazione partecipando alla lotteria elettorale.

Questo potenziale deve essere il vero interlocutore dei comunisti, non quelli di nicchia o che ritentano fallimentari vie elettoralistiche, ma quelli che capiscono in modo dialettico e rivoluzionario le contraddizioni presenti nella società italiana e cercano di dare un contributo reale al cambiamento della situazione.

Se nella nostra battaglia quotidiana, indicando la luna, ci limitiamo a guardare il dito, dimostriamo, come è avvenuto negli ultimi decenni, di non avere il coraggio e la lucidità per impegnarci veramente a cambiare le cose e non limitarci ai riti.

A questo proposito i Cinque Stelle un insegnamento ce lo hanno dato: quello di osare misurarsi con la situazione vera che abbiamo di fronte e, a modo loro, combattere e vincere, anche se in un ambito di legalità e di compatibilità che facilmente li ingabbierà.

Invece certi comunisti, o perlomeno quelli che si definiscono tali, si limitano a barcamenarsi tra le avventure elettoralistiche movimentiste e le prese di posizione ideologiche, senza individuare il percorso che qui e oggi li renda veramente protagonisti. Si cimentano con liste elettorali formato francobollo, cercando l’albero e non vedendo la foresta che gli sta dietro.

L’appello al non voto è diretto principalmente a chi ha capito che questa è la scelta da fare, ma è anche l’apertura di una discussione con coloro che sono disponibili a imboccare un percorso serio contro il presente e ancor più il futuro di miseria e di guerre che aspetta i lavoratori e i giovani italiani disoccupati, precarizzati, sottopagati. Un percorso che abbia un respiro strategico vero, fuori dai riti di un movimentismo che ristagna nella dimensione in cui il sistema ‘democratico’ lo relega.

Onestamente dobbiamo dire che non ci aspettiamo granchè da questa sinistra. Una sinistra che spesso si definisce comunista, ma che non ha ancora capito, per esempio che i Curdi sono mercenari a stelle e strisce (e va in piazza a sostenerli) e che lo sviluppo del movimento di classe non è la ripetizione di logiche gruppettare già vissute, ma una esigenza oggettiva da interpretare e raccogliere con un progetto adeguato.

E’ possibile riaprire una discussione su tutto questo? Noi ci proviamo. Anche se ci rendiamo conto, ad esempio, che dopo tante guerre a servizio degli americani e compartecipate dall’Italia non abbiamo ancora un movimento contro la guerra e per l’indipendenza nazionale. E’ un caso? La discussione è aperta.

In altri momenti abbiamo dimostrato di osare e di saper cogliere l’obiettivo e anche stavolta cerchiamo di gettare il sasso nello stagno.

Aginform
8 febbraio 2018
 

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