“Il super-caccia F35 costa di più… e anche Lockheed Martin dovrà pagare!”

La Lochkeed Martin deve pagare parte dei costi maggiorati del programma F-35 Joint Strike Fighter di cui è capocommessa! Non si può rimanere in silenzio di fronte ad una crescita della spesa di 16,5 miliardi di dollari maggiore del previsto!”

Chi dice questa parole? Chi lancia questi strali? Saranno dei pacifisti, dei disfattisti, degli anti-militaristi convinti? No, tutt’altro. Queste sono le parole pronunciate a più riprese da alti esponenti politici del Pentagono che, per la prima volta in un comparto così protetto come quello dell’industria militare, hanno fatto sapere di non poter più reggere il gioco al rialzo delle aziende. Soprattutto se condotto contemporaneamente a continui ritardi sulle tabelle di marcia. Ha iniziato a fine novembre Ashton Carter, sottosegretario alla Difesa (e responsabile diretto delle acquisizioni) che ha affermato di aver esposto la questione direttamente a Robert Stevens, capo di Lockheed Martin. Il tutto è nato da uno studio interno del Dipartimento USA alla Difesa che ha sostanzialmente confermato le previsioni di costi fuori budget già individuati negli anni precedenti (cioè i 16,5 miliardi di dollari già citati), e che hanno costituito motivo di preoccupazione per molti organismi di controllo dell’amministrazione statunitense (Government Accountability Office in testa). Lo stesso studio prevede che ci sia un ritardo di circa 2 anni e messo nella fase di sviluppo, e conseguentemente di produzione finale. L’azienda, a capo del più grande progetto di sviluppo di armamento della storia a cui partecipa anche Finmeccanica tramite Alenia Aeronautica, si difende dicendo che i dati forniti dal Pentagono costituiscono il “peggior caso possibile tra le stime fatte”, ma la storia del progetto stesso dimostra come gli intoppi non siano stati secondari. Basti pensare che Lockheed Martin sta già iniziando a costruire alcuni aerei anche se i test di volo sono stati completati in maniera soddisfacente solo per il 2% del previsto. La dose è stata poi rincarata ad inizio Dicembre dal vice-ministro alla difesa William Lynn, che ha confermato la preoccupazione dell’Amministrazione Obama per la salita spesso incontrollabile dei finanziamenti richiesti dal programma F-35. “Non ci piacciono alcune dinamiche che vediamo, e siamo determinati a non accettarle” – ha affermato durante una conferenza a New York – “Stiamo quindi procedendo ad un processo di revisione e ristrutturazione del programma per renderlo più robusto”. Ancora una volta sono state confermate le intenzioni di “condivisione di rischi e costi”… una vera rivoluzione in questo campo! Attualmente, infatti, Lochkeed Martin ha firmato un contratto di natura cosiddetta “cost-plus” che obbliga il Governo a pagare per qualsiasi incremento nei costi: ciò è garantito sia per la fase di sviluppo tecnico del caccia sia per le prime tre fasi di produzione. Il Pentagono si sta quindi muovendo per sciogliere questo nodo, che mette l’amministrazione in posizione di scacco, ed arrivare a contratti a prezzo fisso per le successive fasi produttive. L’unica arma finora in mano al Ministero della Difesa è quella dei pagamenti, che di recente è stata utilizzata in maniera ferrea tanto che nella fase terminata a fine Ottobre 2007 l’azienda ha ricevuto solo il 67% del dovuto proprio in virtù dei ritardi accumulati. E nella fase di sviluppo l’unico profitto di Lochkeed è proprio quello delle quote di pagamento periodiche. In tutto questo come si colloca l’Italia, che è partner primario del progetto? Sembra che nulla tocchi il silenzio di tomba che è stato scelto sul tema dal nostro Governo, nonostante la mobilitazione in corso di Rete Disarmo e Sbilanciamoci (vedi www.disarmo.org/nof35). Eppure queste ultime notizie confermano i dubbi espressi da tempo dalle associazioni disarmiste sui reali costi dell’operazione F-35 per il nostro paese: se addirittura il Pentagono si preoccupa di far pagare le spese in più alle industrie militari perché da noi non esiste alcuna riflessione seria in merito? Mentre infatti tutti gli organismi di controllo contabile dei paesi coinvolti hanno effettuato analisi (molto negative come quella olandese ad esempio) che in alcuni casi hanno portato all’uscita dal programma (la Norvegia), non risulta che la nostra Corte dei Conti abbia mai partecipato alle riunioni periodiche di valutazione. E il nostro Governo continua a non dire perché, quando e quanti soldi andrà a sborsare per il super-caccia di nuova generazione (ma dai progetti e costi traballanti, come visto). Al posto di usare questi fondi per asili, scuole, sanità, prevenzione dei disastri naturali, occupazione, economia, ricostruzione dei luoghi terremotati…

 

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