Myanmar, rapporto Amnesty: porre fine alla repressione contro le minoranze etniche

In un nuovo rapporto diffuso oggi, Amnesty International ha chiesto al governo di Myanmar di porre fine alla repressione contro le minoranze etniche prima dello svolgimento delle elezioni locali e nazionali.
Il rapporto di 58 pagine, intitolato ‘La repressione degli attivisti delle
minoranze etniche in Myanmar’, si basa sulle testimonianze raccolte tra
l’agosto 2007 e l’agosto 2009 di oltre 700 attivisti che rappresentano le
sette principali minoranze, tra cui i rakhine, gli shan, i kachin e i
chin.

Nel periodo preso in esame dal rapporto, gli attivisti che si battono per
i diritti umani delle minoranze etniche sono stati arrestati, imprigionati
e, in alcuni casi, torturati e uccisi. Nello svolgimento delle loro
legittime attivita’, inoltre, sono stati sottoposti a invadenti forme di
sorveglianza, a intimidazioni e a provvedimenti discriminatori.

‘Le minoranze etniche svolgono un ruolo importante, anche se raramente
riconosciuto, nell’opposizione politica del paese’ – ha dichiarato
Benjamin Zawacki, esperto di Amnesty International su Myanmar. ‘La
reazione del governo nei loro confronti e’ molto dura e temiamo che la
situazione peggiori con l’approssimarsi delle elezioni’.

Molti attivisti hanno raccontato ad Amnesty International di aver subito
la repressione del governo quando hanno preso parte a un piu’ ampio
movimento di protesta, come avvenuto negli stati di Rakhine e Kachin nel
corso della ‘rivoluzione zafferano’ guidata dai monaci buddisti nel 2007.
Altri sono stati presi di mira a seguito di iniziative specifiche, come la
raccolta di firme contro la costruzione di una diga nello stato di Kachin.

Anche un’espressione apparentemente innocua di dissenso politico viene
punita duramente, come nel caso di un gruppo di giovani karenni arrestati
per aver fatto navigare in un fiume piccole barche con su scritto ‘no’
(alla bozza di Costituzione del 2008).

‘Gli attivisti di Myanmar non si trovano solo nelle regioni centrali e nei
centri urbani. Per risolvere l’assai preoccupante crisi dei diritti umani
del paese, occorre tenere in considerazione i diritti e le aspirazioni
dell’ampia parte di popolazione composta da minoranze etniche’ – ha
sottolineato Zawacki.

Oltre 2100 prigionieri politici, molti dei quali appartenenti a minoranze
etniche, languono nelle prigioni di Myanmar in condizioni deplorevoli.
Nella maggior parte dei casi, si tratta di prigionieri di coscienza,
condannati solo per l’espressione pacifica delle proprie opinioni.

Amnesty International chiede al governo di Myanmar, in vista delle
elezioni, di abolire tutte le limitazioni alla liberta’ di associazione,
riunione e religione, rilasciare immediatamente e senza condizioni tutti i
prigionieri di coscienza e consentire ai mezzi d’informazione indipendenti
di seguire liberamente lo svolgimento della campagna elettorale e del
processo elettorale.

L’organizzazione per i diritti umani chiede anche ai governi dei paesi
confinanti con Myanmar, riuniti nell’Associazione delle nazioni del
sud-est asiatico e alla Cina, il principale sponsor del paese, di
esercitare pressioni affinche’ il governo di Myanmar garantisca la piena
partecipazione della popolazione al processo elettorale e assicuri
liberta’ di espressione e di manifestazione pacifica.

‘Il governo di Myanmar dovrebbe guardare alle elezioni come a
un’opportunita’ per migliorare la situazione dei diritti umani e non come
a un pretesto per inasprire la repressione contro il dissenso,
specialmente quello delle minoranze etniche’ – ha concluso Zawacki.

Ulteriori informazioni

Nel 2010 si svolgeranno le prime elezioni locali e nazionali dopo 20 anni.
Le ultime si svolsero nel 1990 e in quell’occasione la maggioranza dei
voti ando’ alla Lega nazionale per la democrazia e a una coalizione di
partiti espressione delle minoranze etniche. I militari al potere, che due
anni prima avevano stroncato le proteste uccidendo almeno 3000
dimostranti, ignorarono il risultato elettorale e continuarono a reprimere
l’opposizione politica. La piu’ nota rappresentante del movimento per i
diritti umani, Aung San Suu Kyi, leader della Lega nazionale per la
democrazia, ha trascorso in diverse forme di detenzione 15 degli ultimi 20
anni.

Nel 2007 i monaci dello stato di Rakhine diedero vita a un movimento di
protesta contro le scelte politiche ed economiche del governo. Le
manifestazioni di quella che venne chiamata la ‘rivoluzione zafferano’ si
estesero a tutto il paese.

Nel maggio 2008, una settimana dopo che il ciclone Nargis aveva devastato
il paese, il governo celebro’ un referendum su una bozza di Costituzione.
Secondo i risultati ufficiali, il 99 per cento degli aventi diritto si
reco’ ai seggi e il 92,4 per cento dei votanti approvo’ il testo. La
Costituzione, sebbene in teoria consenta una piu’ ampia rappresentanza
politica nei governi locali, garantisce ai militari di continuare a
dominare il governo centrale.

Le minoranze etniche costituiscono dal 35 al 40 per cento della
popolazione di Myanmar e sono la maggioranza nei sette stati etnici.
Ognuno dei sette principali gruppi etnici ha lanciato una rivolta armata
contro il governo e alcune di queste sono ancora in corso. In questo
contesto, Amnesty International ha documentato gravi violazioni dei
diritti umani e crimini contro l’umanita’ commessi dal governo contro i
ribelli e la popolazione civile.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 16 febbraio 2010

Il rapporto ‘La repressione degli attivisti delle minoranze etniche in
Myanmar’ e’ disponibile in lingua inglese all’indirizzo:
http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3095
e presso l’Ufficio stampa di Amnesty International Italia.

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