Audizione per “Cedolare secca”

Lunedì 22 novembre alle 17.30 l’Unione Inquilini parteciperà all’audizione presso la Commissione Parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, in merito alla cedolare secca. Il documento.

 

CEDOLARE SECCA

 

 

l’articolo 2 dello schema di decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale  stabilisce un’aliquota unica del 20%, definita “cedolare secca” per gli affitti percepiti per gli alloggi ad uso residenziale dai proprietari persone fisiche, a prescindere dal tipo di contratto con il quale locano gli appartamenti, da quanto ricavano e dal reddito posseduto;

 

L’Unione Inquilini

Esprime le seguenti valutazioni negative di merito:

 

  • Si tratta di una misura iniqua e sbagliata poiché abroga quanto previsto dall’art. 8 della legge 431 del 1998 che, sulla base dell’esistenza di due canali contrattuali, uno di libero mercato e uno agevolato, ha stabilito un beneficio fiscale differenziale, consentendo ai proprietari che accettano di stare dentro i parametri degli accordi territoriali stipulati dalle associazioni dei proprietari e i sindacati inquilini, la possibilità di denunciare ai fini fiscali solo il 59,5% dell’affitto ricevuto;
  • concedendo  un identico beneficio fiscale a tutti i proprietari, senza distinguere tra canale agevolato e libero mercato, di fatto elimina ogni convenienza a praticare affitti calmierati rispetto al libero mercato.
  • In Italia nel 2009 (ultimi dati ufficiali dell’Osservatorio del Ministero dell’Interno) vi sono state oltre 60.000 nuove sentenze di sfratto (20% in più del 2008), di cui oltre 50.000 per morosità dell’inquilino. Ormai ogni 6 sfratti emessi, 5 sono per morosità e 1 per altra causa. Quindici anni fa era esattamente il contrario, ogni 6 sfratti emessi, solo 1 era per morosità dell’inquilino. Questi dati, come nel caso dell’usura, rappresentano solo la punta dell’iceberg di una sofferenza molto più estesa e che coinvolge, specialmente oggi a causa della crisi, centinaia di migliaia di famiglie che vivono un disagio abitativo molto acuto.

 

Le considerazioni su esposte hanno l’obiettivo di evidenziare le conseguenze gravissime derivanti dall’approvazione della norma in questione. Specialmente nelle grandi e medie città italiane, dove già si vive una sofferenza abitativa gravissima, tale norma avrebbe l’effetto di una vera e propria bomba sociale, prima fra tutte una ulteriore, pesantissima impennata degli sfratti per morosità.

  • per gli inquilini, invece, non c’è alcuna estensione della possibilità di poter detrarre almeno parte dell’affitto dalla denuncia dei redditi. Tale possibilità, infatti, per gli inquilini, rimane relegata al solo campo del canale contrattuale agevolato e con una cifra assolutamente incongrua. In più, con la concreta abolizione di tale fattispecie contrattuale, si può ritenere che anche gli inquilini che oggi possono effettuare tale detrazione, nel futuro non lo potranno più fare.
  • anche nel campo dei proprietari vi è un’evidente distorsione. Ad avvantaggiarsi della nuova norma saranno coloro che hanno i redditi più alti e stanno a  libero mercato e puniti quelli con redditi più bassi e comportamenti più equi.

Con la normativa fiscale attualmente in vigore, un proprietario che affitta a canone agevolato e possiede un reddito fino a 28000 euro, paga il 16,06% del canone ricevuto, quindi ha un prelievo inferiore alla cedolare secca del 20%. Con un reddito di 55000 euro paga attualmente il 22,6% , con un risparmio, quindi, del tutto insignificante.

Per chi sta a libero mercato e possiede redditi alti, i vantaggi sono invece assai consistenti: un reddito oltre i 75000 euro, vedrebbe la tassazione sull’affitto percepito ridotta di oltre il 50%, passando dal 43% al 20.

Con la cedolare secca del 20%, estesa a tutte le tipologie di contratto,  più si è ricchi,  più immobili si possiedono, più si praticano canoni liberi, anche speculativi,  maggiore è il guadagno che ne se ricava. Un  piccolo proprietario, magari solo con un reddito e una casa in affitto, non ne ricava alcun beneficio.

 

Ritiene che la norma si profili in contrasto con la Costituzione :

  • si rivela incompatibile col  principio di eguaglianza , di ragionevolezza e della capacità contributiva, per un duplice ordine di motivi:

–   il primo, in quanto fonte di ingiustificata disparità di trattamento, ispon a parità di idonee disponibilità finanziarie, cioè la capacità contributiva, definita dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 45/64 per tutte) quale “…idoneità economica del contribuente a corrispondere la prestazione coattiva imposta”, introduce una tassazione di favore ai percettori di redditi da canone di locazione abitativa a detrimento della platea dei contribuenti non  isponesti di tali redditi ;

– il secondo, in quanto fonte di ingiustificata disparità di trattamento di situazioni sostanzialmente uguali, venendo a determinare un trattamento deteriore per coloro che siano percettori di canoni di locazione relativi a contratti aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso dall’abitativo.

 

  • Si annota ancora che la proposta di cedolare secca appare  sovvertire la nozione tecnico-giudica dei c.d. rapporti politici tra Stato e cittadini come configurata dalla nostra Carta Fondamentale, la quale promuovendo il lavoro (art. 1),  e sancendo il principio solidaristico (art. 2), non legittima provvedimenti legislativi che  devastino l’equità che deve connotare il  buon governo. Ma simile devastazione si avvererebbe con la cedolare secca, il cui effetto sovversivo sarebbe quello di scaricare sui soggetti non percettori di reddito da locazione di immobile ad uso abitativo un  maggiore esposizione fiscale.
  • Sotto diverso profilo, la cedolare secca  viola il principio costituzionale della progressività dell’imposta alla quale deve uniformarsi il sistema. Peraltro, tale violazione si concreterebbe tra contribuenti che presentano la medesima qualità soggettiva (persone fisiche).
  • Infine appare quantomeno singolare che si proponga di introdurre uno speciale  regime di tassazione,  che a ben vedere si pone in contrasto  con  l’impostazione del rapporto tributario che è stato sancito dallo Statuto del Contribuente (Legge n. 212 del 27 luglio 2000), che richiama al rispetto dei principi costituzionali di uguaglianza, di capacità contributiva e d’imparzialità (Artt. 3, 53 e 97 della Costituzione).

 

Rimane, infine, assolutamente non precisata la copertura finanziaria della norma in questione, a partire dalla effettiva quantificazione del suo costo reale che comunque risulta assai oneroso, essendo sicuramente superiore al miliardo di euro.

In questo senso, il rischio che viene sottolineato è che, essendo previsto che il provvedimento debba mantenere invariati i saldi di bilancio, il suo costo verrà pagato o in termini di minori entrate per regioni e comuni ovvero con un aggravio di imposta per la platea generale dei contribuenti.

In tutti e due i casi, si tratterebbe di una soluzione inaccettabile in quanto il beneficio dato a una porzione di contribuenti sarebbe pagato dalla collettività intera o nei termini di minori servizi o nei termini di inasprimento del prelievo fiscale

 

Roma, 22 novembre 2011

 

p. l’Unione Inquilini

Il segretario nazionale

Walter  De  Cesaris



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