“In Iran una fabbrica di morte Made in Italy”

Quando il  Made  in  Italy  diventa  criminale. Ecco che cosa c’era  nei  dossier dello  007  dei servizi segreti. Tratto da Indymedia.

 

Armi & ITALIMPIANTI:  in IRAN una  fabbrica  di morte made  in Italy.

Quando il  Made  in  Italy  diventa  criminale. Ecco che cosa c’era  nei  dossier dello  007  dei servizi segreti.

 

Centinaia di  aziende  USA che vendono tecnologie sensibili e know-how agli  iraniani. Multinazionali europee, come  Royal Duch Shell, che mercanteggiano tecnologie  avanzate, software, spares per l’industria bellica, nucleare e  petrolifera. E una grande  compagnia  internazionale,  come  la genovese Italimpianti  che addirittura vuole costruire in Iran una  fabbrica  di  armi. Con  l’aiuto  dei  servizi  segreti  iraniani.

Forse  si  comincia  a  capire qualcosa  di più  sul giallo della misteriosa  rogatoria  internazionale  che le  autorità  americane hanno  richiesto,  nell’ottobre 2009, contro  la  società  Irasco (è  una  società di  trading  controllata  dal  Governo  iraniano  che ha  sede  presso  il  Grattacielo  Matitone  a  Genova).

 

Si  dipanano in parte alcuni  impenetrabili  enigmi su un misterioso personaggio che  lavorava  per  i servizi  segreti italiani (o che  lavora  ancora  chi lo  sa). Per  alcuni  anni  spiò,  per  conto del  Sismi,   le  attività  di  Irasco a  Genova.  Pietro  Altana, 49  anni con almeno  due  mestieri  dichiarati (giornalista  ed  all’occorrenza titolare  di  un’impresa  di  pulizie  industriali presso alcune  grandi  aziende) e altrettanti  nomi  d’arte è  il protagonista principale di  questa  spy story  dai  contorni indecifrabili, e  di  un’inchiesta della  Procura  di  Genova avviata  e chiusa  in  gran  segreto quasi  del  tutto  inedita nonostante  siano  passati parecchi anni. Un’inchiesta  condotta dal pm  Anna  Canepa e  affidata  ai  Carabinieri  del  ROSRaggruppamento  Operazioni  Speciali – che partì  (almeno  ufficialmente  così  si  dice) quasi  per  caso.  Altana  fu  fermato  ad  un   psoto  di  blocco dai  Carabinieri. Casualmente, nel  corso  delle perquisizioni presso  il  suo ufficio e sue pertinenze gli  inquirenti  inciamparono in un’immenso  archivio riguardante  diverse società iraniane,  apparentemente frutto  di  investigazioni  top  secret: Irasco, Nisco, Iritec, l’Italimpianti e  molte altre. La  scoperta  di quelle  carte  scatenò  l’interesse  degli  investigatori  al  più  alto  livello. Al  termine  di  lunghi  accertamenti l’indagine  su  quell’archivio però finì  nel  nulla. La  portata  dei  documenti  riservati sequestrati  fu talmente  minimizzata  che passò del  tutto  sotto silenzio. “Nulla  di  rilevante”. Affermarono le  autorità  inquirenti.

 

Che  non  stassero esattamente così le  cose lo  rivelò pochi  giorni  dopo quella  perquisizione lo  stesso  Altana  Pietro, la  spia  dei  servizi segreti,  che  dal  carcere inviò una lettera riservata al  Generale Nicolò  Pollari (Sismi), Generale Mario  Mori (Sisde)  e  alle  autorità di  Governo italiane,  dicendo:

da  anni  lavoro  per  il  Sismi (servizio segreto  militare)  a  tempo  pieno  ed occasionalmente  per  il  Sisde (servizio  segreto  civile)  in  qualità  di  consulente  nei  settori  di mia  competenza quali: … Società iraniane … sono  stato  fermato  dai  Carabinieri  della  Stazione  di Genova  Pontedecimo … ed è  stato  posto  sotto  sequestro copioso materiale  afferente  le  società  iraniane  che  son  al  centro delle  nostre  investigazioni … il  materiale  in  questione  concerne società  di trading  iraniane (tutte  controllate direttamente  dal  Governo Iraniano) quali  le  società: IRASCO, NISCO, IRITEC, IRISA,  IRITAL, IRAN  AIR,  TEEN  TRANSPORT, e  molte  altre,  tutte  società  che  hanno rapporti con  i  servizi  di  intelligence iraniana e   che  dalle  ns.  indagini  risulta  che  abbiano favorito  l’export –  da  Genova  per  l’Iran –  di  alta  tecnologia Made  in USA (vietata  dall’embargo) ed  inoltre  tecnologie  militari e  tecnologie  nucleari. Moltissima  di  questa  riservata  documentazione  era depositata  in  files nei   miei  computers (tutti  posti  sotto  sequestro) … e sono  ora  al  vaglio  degli  inquirenti… i  miei  legali  di  fiducia  m’han  anche  paventato  l’ipotesi  che gli  inquirenti (pm  Anna  Canepa  e GIP Todella) possano  interpellare  le  società  iraniane  per  una  verifica  della  documentazione  trovata  in  mio possesso.  A  questo  proposito Le  segnalo – ill.mo  sig.  Presidente – il  potenziale  rischio  (peraltro  reale) che  le  società  iraniane (e  quindi  induttivamente  anche  il  Governo  Iraniano) possano  venire a   conoscenza  delle  ns.  indagini espletate  in  questi  anni  sul  loro  conto.  Con  tutte le  gravi, irreparabili  e conseguenti  negative implicazioni  di  carattere  diplomatico per  il  ns.  Paese…”.

http://piemonte.indymedia.org/attachments/dec2008/rapporto_sismi_sisde.pdf

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Oggi  a  distanza  di  qualche  lustro rivede  la  luce uno  di  questi dossier  “non particolarmente  rilevante” sottratto  allo  007 nel  corso  delle perquisizioni.  Il  carteggio rivela  come il  colosso  italiano  dell’impiantistica, la  società  Italimpianti Spa corteggiasse gli  iraniani per costruire  una  fabbrica  di  armi  in  Iran.  Con  l’aiuto  anche di  esponenti  dei servizi segreti  iraniani.

 

Ecco l’incredibile storia.

 

Un  agente  dei  servizi  segreti  iraniani è al  libro paga  dall’I.R.I. (il  nostro  glorioso  Istituto  per la  Ricostruzione  Industriale  di  prodiana  memoria) con  funzioni  di trait-d’union tra Italia ed  Iran,  stipendiato – nel  1994 e  seguenti – con  62  milioni  di  lire anno. Alireza  Malekzad, agente dei  servizi iraniani, assunto da  Iritecna  Tehran,  diventa il referente ufficiale   di  Italimpianti, ma  anche  di  altre  società  del  Gruppo  IRI a  Tehran.

 

Lo  007  iraniano  il 25  gennaio  1989 manda  una  nota  riservata  all’amministratore  delegato  di  Italimpianti  Ing.  Fulvio  Tornich riferendogli  un messaggio personale  del Ministro delle  Miniere  e  dei  Metalli  Iraniano Mr.  Mohammad Taghi Banki:

 

“Riservata. Oggetto: stabilimento  acciai  speciali in  Iran. In  data  odierna  il  Dott.  Banki,  attualmente  in  Germania dove  nei  giorni  scorsi  ha  partecipato a  degli  incontri con KORF ENGINEERING e EBE per  verificare  la  possibilità  di  finanziamento per  la  realizzazione di  uno  stabilimento  per  acciai  speciali, ha  contattato  telefonicamente  l’Ing. ERFANIAN incaricandolo  di  portare  a  sua  conoscenza tale  progetto  e chiederLe  se  Italimpianti sarebbe  eventualmente  interessata ad  esservi  coinvolta. Aspetti  progettuali.  Produzione: circa 120.000  tonnellate  all’anno,  prima  fase. Località: vicino  alla  città  di  YAZD (sul  deserto). Tipi  di  acciaio: inizialmente   acciaio  a  carbone  per  poi  passare in  seguito alla  produzione di  una  gamma  più  vasta. Prodotti  finali: attualmente  allo  studio (si  parla  di laminati  o  fucinati). Basic  Engineering: affidata  dal  Ministero ‘Plan and  Budget’ a  Korf  Engineering. IRITEC  non è  al  momento  coinvolta  in  questo  progetto. L’Ing.  Erfanian suggerirebbe  di  fare  uno  studio  di  fattibilità per  illustrare  le  capacità Italimpianti/GRUPPO IRI.  Studiare e  proporre  un  sistema di  finanziamento a  mezzo  acquisto  di petrolio o  ‘buy-back’ per  un  ammontare  di circa  300-400  milioni  di  dollari.  Prendere  in  considerazione un  approccio  sulla  base di  una  collaborazione con  Iritec. Malekzad  Alireza”.

 

 

Il progetto  è  riservatissimo. La  fabbrica, una cd.  “Mini-Steel”  (piccola acciaieria) nell’intendimento  degli  iraniani,   dovrebbe  diventare  il  fiore  all’occhiello dell’industria  bellica  iraniana  forgiando  il  miglior  tipo  di  acciaio  speciale  corazzato nonché  ampliarsi successivamente alla produzione di Graphite  Electrode (componente  usato  nell’industria  nucleare  per il  trattamento dell’uranio). Bisogna  però stare  molto  attenti  a non  essere  troppo  espliciti  nella  descrizione  del  progetto (per  non  destare  troppi  sospetti nelle  fasi  del tender). Possibilmente cercare  di  mascherare la  reale  natura  del  complesso industriale.

 

Il  solito  Malekzad,  il 17  aprile  1989 invia  un’altra  nota  riservata  all’AD  di  Italimpianti  Ing. Fulvio  Tornich:

 

Promemoria. Progetto per  impianto  acciai speciali in  Iran. Esiti del  colloquio fra  Mr.  Kamyab (Nisco) e  Nicora, Alcinesio, Rolla  IT) tenuto presso  gli  uffici  Nisco di  Genova il  17  aprile  1989. Kamyab  esordice dicendo di  essere  informato del  progetto  in  quanto richiesto  di  specifiche  consulenze al  riguardo,  anche se  non sarà  controparte  ufficiale per  il  futuro. L’impianto  che  gli  iraniani  hanno in  progetto è  costituito  da  una  Ministeel con  c.c.,  treno  di  laminazione  barre e  colata  in  lingottiera, area  di  finimenti, post-trattamenti  e  servizi  per un totale  di  140.000 tonnellate/anno divise  fra  120.000 t/a in  barre 100/120 mm e  20.000 t/a in lingotti. Sono  previsti  molti  tipi  di  acciai  speciali,  quali  acciai  per  molle e  per  utensili, non  si  è  parlato  di  acciai  inox. Lo  stabilimento sarà  situato a Jazd,  località  del  centro-Iran. L’acciaio  dovrà  essere prodotto da  pellets (da  Ahwaz  o  MSC) e  da  rottame  secondo  disponibilità… Alcuni  mesi  addietro  il  management  di  questa   iniziativa …  ha  passato  alla  Deutsche  Voest  Alpine,  consorziata  per  l’occasione con la  Bohler austriaca (nella  quale  la  Voest  Alpine  ha la  partecipazione  di  capitale) un  ordine  per  l’ingegneria  basica  e  la  cessione  di  know-how operativo …”.

 

Il Kamyab  Tehrani  Soroosh di  Nisco  quì evocato, in  seguito  diventerà l’amministratore  delegato  della  società iraniana  Irasco (dimessosi dalla carica nel  2009 subito  dopo  la  rogatoria  internazionale  degli  USA contro la  società Irasco).

 

Ai  vertici di  Italimpianti si  realizza  all’istante la delicata  situazione (con  particolare  riferimento  alla  riservatezza  del  business). Ai   piani  alti  della  holding si  susseguono  frenetici  appunti e  memo per i  dirigenti  direttamente  coinvolti  nell’affaire. L’Ing. Sergio Magenes (dirigente  Italimpianti) scrive una  nota  riservata  alquanto vaga e criptica per  l’AD  dell’azienda:

 

“Note  sulla  riunione tenuta  negli  uffici  della Kobe Steel in Tehran il  3  novembre  1991. Situazione  offerta  Yazd… Banki  insiste  nel  dire  che  il  progetto sarà  pagato  cash,  ma  anche  Kobe  Steel è  ben conscia  delle  attuali  difficoltà iraniane  in  termini  di  liquidità. Da  parte  di  KS si  ritiene  che  il  progetto,  così  come  è  ora  configurato,    non sia  finanziabile, in  quanto  è  evidente  la  sua  natura  militare. Qualora  si  volesse  arrivare  ad  un  finanziamento, occorrerebbe  rielaborare  il  tutto, non  citando  attrezzature  tipiche per  la  fabbricazione  di  armi, quali  ESR, forni  di  bonifica  per  lingotti  pesanti, presse  formatrici, martellatrici. Allora  un  tale  progetto potrebbe  essere  autorizzato ad  accedere ai finanziamenti da  parte  giapponese…”.

Chissà se i  servizi  segreti  italiani quando han  letto tutti  sti  appunti si  son  smascellati dalle  ghignate.

 

Non  ridono  a  crepapelle invece i big  industriali  del  settore. Che delle  commesse  belliche  iraniane fanno  il  loro  core  business. Il  contratto di  Yazd  Steel  Complex fa gola per davvero. Son  in ballo cifre  che  sfiorano  il  miliardo di  dollari. Il  business delle  “mini-acciaierie” per  forgiare acciai  speciali  ha  delle  notevoli potenzialità, e potrebbe  essere  esteso nel  futuro ad  altri siti  iraniani  nonché  ad  altre  produzioni (come  gli  acciai inox, temperati e  al  carbonio).   La “Mini-steel” bellica  iraniana,  oltre  all’italiana  Italimpianti  scatena gli  appetiti  di  grandi  competitors ed  importanti gruppi  internazionali  come  la  giapponese  Kobe  Steel, l’austriaca  Voest  Alpine, la   joint  venture di Danieli e Mitsubishi. La Techint.

 

L’Ing. Adriano  Sacchini (manager di  Italimpianti prima  e  di  Iritecna Spa poi) in  una comunicazione  riservata inviata  il  23  luglio  1999  all’ambasciatore Federico  Di Roberto (Direttore  Gen.le  per  gli  Affari Economici del  Ministero  degli  Affari  Esteri) racimola un  minimo di discrezione argomentando: “Sono  stato  informato  da fonte  iraniana del  suo  incontro  mercoledì  scorso con la  delegazione  guidata dal  sig.  Ansari, Direttore  Generale del  Ministero delle  Miniere  e  dei Metalli … secondo  la  versione  iraniana …gli  incontri  hanno  riguardato  prevalentemente la  nota  vicenda  relativa all’attivazione  in  ambito  dell’Unione  Europea di  azioni  contro  il  dumping di  acciaio  iraniano … il  potenziamento  del  centro  siderurgico  di  Mobarakeh,  unitamente  all’avvio di  altri progetti  strategici per  il  committente  iraniano…”.

 

In  questo  frangente  gli  italiani  potrebbero essere  in  pole-position. La  dirigenza di  Italimpianti  non  nasconde  un  velato  ottimismo.  Lo  si deduce  da  una nota  interna (a  firma  di Carlo  Nicora) ad  oggetto “attività  commerciale  in Iran” redatta  per  Ing.  Conte e Dr.  Di  Roberto si dice: “a  seguito della pace tra Iran  e  Iraq nella  ipotesi  che la  situazione  della  nostra  commessa iraniana  non imponga una  scelta  strategica  contraria ad  una  nostra  maggiore penetrazione  in  iran … si  ritiene  opportuno  intensificare  la  ns.  azione promozionale  e  commerciale nel  paese  sfruttando l’immagine  finanziariamente  forte e  contrattualmente  affidabile che  Italimpianti si  è  guadagnata mantenendo  fede ai  propri  impegni  nel  periodo della  guerra. Le  molte relazioni  e conoscenze che  la  ns.  società ed  in  particolare che  il  ns.  residente  a  Tehran,  sig.  Malekzad,  ha  potuto  allacciare in  questi  anni per  alcuni  aspetti della  gestione  del  contratto (petrolio, approvazioni  ministeriali, organizzazione  di  diverse visite  in  Italia di  parlamentari e  membri  del  governo iraniani  etc). Le  azioni  a  medio  termine  sono… sviluppare  progetti da  60-80  mil. $ nel  campo delle  miniacciaierie…”.

 

Nell’ottobre  1991 la  società Italimpianti  formalizza alla  società  iraniana NISCO-National Iranian  Steel Company (altra  azienda  controllata  dal  governo islamico)    la  “Commercial  Proposal”  for “Alloy Steel  Complex – Yazd  Iran”.   Una  cosetta  da  600  milioni  di dollari più  qualche  altro  centinaio di  milioni  di  $  in  assistenza  tecnica, fornitura  di  spare  parts (pezzi  di   ricambio)  per  i  successivi  20-30  anni, training di  personale  iraniano on-site ed  in  Italia  (c/o  AST-Acciai  Speciali di  Terni),  cessione  know-how tecnologico, un’incalcolabile indotto per  altre aziend e italiane costituito da  civil  work,  housing, infrastrutture telecomunicazioni etc etc  (stiamo  parlando  di  quattrini  ai  valori  del 1990).

 

Per  il  ripagamento  del progetto rimangono in  essere le solite  vantaggiose  condizioni (utilizzate   tra  l’altro anche per  il  ripagamento  dello  stabilimento  siderurgico  di Mobarakeh e  del  Porto  di  Bandar  Abbas costruiti  da  Italimpianti). Con la  modalità  del  BBCT (non  è  una  malattia bensì il  Buy-Back Transaction Contract).  La  formula del  cd. “buy-back”  o  “barter”  (letteralmente “baratto”). In  cambio  di  petrolio  Italimpianti  costruisce  e cede hnow-how  agli  iraniani. Le  transazioni commerciali vengono  condotte  tramite  una   controllata di Italimpianti  con sede  in  un  paradiso  fiscale (così  si  possono occultare  bene tutti i  fondi neri), la  offshore company Italimpianti International  Limited con base a Guernsey (Isole  Cayman).    Per  monetizzare  la  materia  prima poi  Italimpianti  rivende  il  greggio iraniano  a  Erg, Cameli, Eni  ed  altre società  petrolifere e  di trading internazionali.  Come  scrive in  un  telex Mr. Del  Ponte da  Italimpianti Tehran  al  numero  uno  della  società, in  Italia Ing.  Tornich:

 

vi  informo  di  essere  stato assieme  a  Malekzad invitato  al  ministero dell’industria dai  vice  ministri Jamshidi e Youssefi i  quali  mi hanno  fatto  il seguente  discorso: visto  la  penuria  di  valuta e  le  attuali condizioni  del  paese, il  parlamento  habet deciso  che  tutto il  fabbisogno  industriale del paese venga  acquisito con  operazione  “barter” et  che  il   ministero dell’industria  est d’ora  in  poi  l’acquirente ufficiale  di  tale  fabbisogno est  at sua  volta  venditore alle  industrie  pubbliche  e  private …  il  punto   centrale  e  nevralgico  per  concludere tale  affare est  l’accetazione da  parte  del  fornitore di  trasferire  all’acquirente un  certo  know  how nonché  un’altra  condizione che  vi  comunicherò  at  viva  voce”.

 

Una  condizione  che  vi  comunicherò  a  viva  voce?  Quale? (ehm…). Sarebbe  la  mazzetta. (o  detto più  volgarmente  “tangente”). Bisogna allungare  un  po’  di  quattrini  a  questo  e quel  funzionario di governo iraniano per  ungere  le  ruote  della  burocrazia di  stato. In  questo tutto il  mondo  è paese. Poi  come dice  il  mitico Prof.  Sapelli l’Italia in  fatto  di  corruzione non   è seconda  a nessuno.

 

L’odore  dei  soldi è  intenso.  Non  si  bada  ai  mezzi  per  conseguire  profitti.  Che la  razza italica sia vincente  Fulvio Tornich  lo  sottintende quando  scrive,  il  14  aprile  1989,  all’Acting  Deputy  del  Ministro delle  Miniere  e  dei  Metalli  Iraniano Mr.  Mohammad Taghi Banki:

 

Dear  Mr.  Banki, with  reference to  the  brief talks we  had  on  the   special steel  plant during  your  last visit  to  our  office, I  woul  like to  reconfirm our  great  interest in  following this  important  project…  A  part  of the  basic carbon  steeel technology Italimpianti has  an  eccellent know-how and  can  boast the  necessary  relations with producers also  in  the  field of  special  steel. In  Italy  the  public  sector of  special  steel industry  belonging to  I.R.I. covers  with the  ILVA (former FINSIDER) plants  of  Terni, Aosta  (Deltacogne)  and  Piombino a  large part of  the  total national  product.  Stainless  Steel, silicon  steel and  many  other  types  of  alloy  steel are  normally produced with  a  technology recognised as  one  of the  top in  the  world…”.

 

Ha  ragione  Tornich.  Noi  italiani siamo  proprio  i  “the  top  in  the  world”.

 

Specialmente  nel  made  in  Italy  criminale.

 

 

Doc. pdf: “Italimpianti_armi_Iran”

 

http://piemonte.indymedia.org/attachments/nov2010/italimpianti_iran.pdf

http://piemonte.indymedia.org/attachments/nov2010/italimpianti_iran_1.pdf

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