Dal 20 novembre scorso 250 profughi eritrei, etiopi, somali e sudanesi sono prigionieri nel Sinai (Egitto) di una banda di predoni e trafficanti.
Le loro condizioni sono disperate: vengono tenuti incatenati e subiscono quotidianamente violenze ed estorsioni. Per rilasciarli, i loro carcerieri chiedono un riscatto di 8000 dollari statunitensi a testa. Nel frattempo 6 di loro sono stati uccisi, 9 gravemente feriti dalle percosse, molti hanno bisogno di cure mediche. Tra loro ci sono donne incinte. Il Governo della Repubblica Araba d’Egitto ha finora negato l’esistenza degli ostaggi, riconosciuta invece dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rigugiati (HCNUR), che ha espresso preoccupazione per la loro sorte.
Il 16 dicembre scorso il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione in cui domanda alle autorità egiziane di “fare tutto il possibile” per ottenere la liberazione degli ostaggi.
Nel frattempo, nel silenzio dei media e nell’apparente disinteresse della comunità internazionale, l’odissea dei prigionieri continua.
In questo contesto Il gruppo Facebook “Per la liberazione dei prigionieri nel Sinai” ha indetto uno sciopero della fame, in programma a partire dalle ore 12 di martedì 28 dicembre 2010. Decine di attivisti, esponenti della società civile, semplici cittadini hanno già comunicato la loro adesione all’iniziativa. Scopo del digiuno è quello di riproporre con urgenza all’attenzione di tutti (in special modo media e autorità internazionali) il caso dei 250 prigionieri; di chiederne l’immediata liberazione e il rispetto dei loro diritti di rifugiati, così come stabiliti dalla Convenzione di Ginevra; di esortare il governo egiziano a dare seguito a quanto espresso dalla risoluzione del Parlamento Europeo.