Credo che la migliore spiegazione del “fenomeno foibe”, in relazione all’atteggiamento dell’opinione pubblica italiana, si trovi nel libro di J. Pirjevec et al. “Foibe. Una storia d’Italia” Einaudi 2009.
Qui si legge, a pagina XIII
“Come in ogni operazione di ampio respiro mediatico, i suoi promotori non andavano tanto per il sottile: innestandola sulla preesistente propaganda le cui radici risalgono al periodo nazifascista (…)
cercarono di presentare le “foibe” come tipica manifestazione della minacciosa “barbarie slava”, puntando sul vittimismo e sottolineando l’orrenda sorte degli italiani infoibati “solo in quanto tali”. L’operazione si collocava dunque in una visione manichea del rapporto fra popoli vicini, in cui tutti i torti stavano tutti da una parte e le ragioni dall’altra. Per rendere poi più efficace il discorso e dare spessore alla tesi secondo la quale nella parte orientale della Venezia Giulia, in Istria e perfino in Dalmazia era stato realizzato un vero e proprio genocidio, si doveva gonfiare il numero delle vittime. Alcune migliaia non potevano bastare. Bisognava affermare che erano dieci, venti, tenta, quarantamila, secondo alcuni, addirittura un milione.”
Poi, a pagina 331
“Se il quadro tracciato delle conoscenze disponibili delle foibe fosse attendibile, da dove potrebbe derivare la rivendicazione crescente della seconda ondata di “riscoperta” delle foibe, che alla fine ha ottenuto il suo Giorno del Ricordo? Che cosa è mancato nel corso degli anni della Prima Repubblica? La risposta è molto semplice: è mancata la ritualizzazione della commemorazione delle vittime, quel riconoscimento che i superstiti e i loro parenti hanno agognato e rivendicato.”
Dott. Claudio Giusti
19 febbraio 1937
Addis Abeba: fallito attentato al generale Graziani.
Per ritorsione migliaia di etiopi furono assassinati nei mesi successivi.