Un Manifesto a favore della Ricerca Pubblica “bene comune”

Ricercatori, collaboratori tecnici, funzionari, operatori amministrativi hanno redatto un Manifesto per la Ricerca Pubblica ed invitano i cittadini a sottoscriverlo.

 

 

Siamo ricercatori e ricercatrici, collaboratrici e collaboratori tecnici, funzionarie e funzionari, operatrici ed operatori amministrativi della ricerca pubblica che hanno combattuto negli ultimi anni i tentativi di smantellamento del comparto della Ricerca pubblica e la precarizzazione del lavoro presente negli Enti e negli Istituti. Forti delle nostre diverse esperienze e provenienze politiche, sindacali, civiche, abbiamo deciso di mettere le nostre energie, competenze, passioni al servizio della costruzione del percorso politico che si sta sviluppando a partire dall’Appello Cambiare si può.

Quello che segue è un Manifesto per la Ricerca Pubblica come Bene Comune che immaginiamo destinato in prima battuta alle lavoratrici ed ai lavoratori della Ricerca Pubblica e della Conoscenza, nonché al complesso mondo di interlocutori istituzionali, forze sociali, dell’associazionismo e della cittadinanza attiva che sono e rimangono  il vero ed unico Committente sociale e beneficiario finale della Ricerca pubblica. Vi invitiamo a sottoscriverlo ed a diffonderlo.  

LA RICERCA PUBBLICA COME BENE COMUNE

Al pari delle risorse naturali (acqua, aria, alimentazione) e della salute la Ricerca Pubblica come parte dell’intero settore della Cultura e della Conoscenza è un bene comune, sia perché si fonda su di un sistema di conoscenze e competenze che originano all’interno della società, sia perché – sedimentandosi – concorrono al dispiegamento delle potenzialità individuali e collettive.

Con particolare riferimento agli ambiti della scienza e della ricerca sociale, la domanda di sviluppo sostenibile, occupazione e inclusione sociale richiede misure urgenti e indifferibili. La risposta a tali bisogni non può prescindere dalla crescita dei nuovi saperi derivanti dalla Ricerca pubblica che vede nella committenza sociale, il vero e diretto destinatario quale strumento per migliorare la qualità della vita ( salute, ambiente, occupazione, democrazia, inclusione sociale, ecc). Questo bene comune è oggi a rischio di smantellamento: gli Enti pubblici di ricerca vengono soppressi ( vedi ISAE), ridimensionati nelle loro funzioni (ISPRA) minacciati di trasformarsi  in agenzie di stampo privatistico (ISFOL) o messi in condizione di non assolvere il loro mandato istituzionale (INGV, dove il Sistema di monitoraggio sismico è quasi totalmente appannaggio di ricercatori precari).  

Il filo rosso che lega tali destini (il cui compimento dipende solo dagli equilibri politici e dalla geometria politica delle diverse compagini governative che, pur nella loro mutevolezza, mostrano di condividere la stessa impostazione strategica) è quello della visione estremamente strumentale della Ricerca: o strumento di governo, cui affidare la costruzione di dati ad hoc di politiche pubbliche che non tengono conto delle evidenze di analisi,  orpello da esibire in tempi di “vacche grasse”, o costo da tagliare giustificabile con scarsa produttività, inefficienze, ecc. perlopiù causate proprio dalla occupazione “militare” che la politica fa della Ricerca pubblica in termini di nomine, finanziamenti dirottati o decurtati, uso clientelare di fornitori, ecc.

CONTRASTARE LA DERIVA PRIVATISTICA DELLA RICERCA: DALLA SPENDING REVIEW ALL’AUDIT PUBBLICO
 

Lo svuotamento progressivo del valore della ricerca come servizio pubblico nel corso di quest’ultimo ventennio, è stato costantemente perseguito nei fatti, quando non nelle intenzioni,  dai diversi governi e maggioranze della seconda repubblica che hanno   interpretato questa risorsa del paese come un proprio feudo clientelare. Composizione della dirigenza e progressioni di carriera sono sempre state assoggettate ai criteri di appartenenza politica e mai a quelli della comunità scientifica. L’esito di  tale lottizzazione è stata la mortificazione dei tanti ricercatori costretti a operare secondo una limitata  garanzia di  indipendenza della ricerca pubblica che amplifica i rischi di indebiti condizionamenti  di natura economica e politica. Tali condizionamenti del resto si amplificano anche a causa della progressiva precarizzazione del lavoro presente nel settore con la conseguente ricattabilità ed autocensura sugli esiti delle attività di ricerca.

L’inadeguatezza finanziaria (investiamo il 1,2% del PIL contro il 3% fissato dalla UE per il 2020) siamo tra i paesi che investono meno nella ricerca), sommata ad  una governance della ricerca pubblica disfunzionale e disattenta, ha prodotto una frattura tra Istituti di ricerca presidiati dal MIUR ( Università , CNR) ed Enti vigilati dagli altri dicasteri, e tra questi e la ricerca finanziata dai diversi governi regionali. Tutto ciò restituisce ai cittadini  una fotografia sbiadita della ricerca pubblica italiana, distante dai problemi reali, dove non è più possibile conoscere chi finanzi cosa e soprattutto per rispondere a  quale bisogno.

Per invertire questa tendenza – ulteriormente consolidatasi negli ultimi cinque anni – crediamo sia necessario sottoporre il comparto della Ricerca Pubblica ad un vero e proprio Audit pubblico, nel quale i beneficiari finali (Enti locali, territori, forme ed espressioni della cittadinanza attiva) possano essere chiamati a scegliere se tagliare cacciabombardieri o ricerche sulla qualità degli alimenti o dell’aria che respiriamo, Grandi opere (come il Ponte sullo Stretto o la Tav) oppure ricerche finalizzate a migliorare le politiche dell’inclusione sociale o della formazione professionale.  

PER RESTITUIRE VALORE PUBBLICO ALLA RICERCA

Noi crediamo che la ricerca sia un servizio pubblico che vada difeso con più energia del passato e valorizzato nella sua funzione di motore di sviluppo sociale, economico ed ambientale. Riteniamo che tale difesa debba sostanziarsi da subito attraverso importanti provvedimenti che ne modifichino l’attuale assetto e ne garantiscano la sua utilità sociale. Riteniamo a tal fine necessario:

 

  • Garantire la libertà del ricercatore nella scelta dei metodi di analisi scientifica e nella costruzione ed attuazione del progetto di ricerca, anche attraverso il recepimento della Carta europea del ricercatore.

  • Programmare e garantire un flusso costante di risorse economiche a valere sulla Fiscalità Generale dello Stato, attingendo alle risorse attualmente dedicate alle spese per gli armamenti. A complemento delle risorse nazionali che devono essere comunque necessarie a garantire il perseguimento degli obiettivi istituzionali di ricerca, valorizzare le risorse comunitarie ( politica di coesione e programmi europei) con l’obiettivo di rafforzare quei  filoni di ricerca a maggiore contenuto sperimentale  e la complementarità con il Programma nazionale di ricerca.

  • Liberare la ricerca pubblica dalla lottizzazione della politica, prevedendo la costituzione di un sistema di indicatori in grado di misurare le competenze scientifiche nonché manageriali per l’accesso alla dirigenza. Al riguardo, prevedere la costituzione di una consulta di ricercatori nei vari Enti al fine di garantirne una partecipazione e controllo “dal basso” nella definizione dei criteri e di nomina delle figure manageriali

  • De-precarizzare e ringiovanire la ricerca pubblica  attraverso l’ampliamento della piante organiche la stabilizzazione del personale precario, la ri-attivazione del turn-over.        

  • Definire un nuovo assetto di governance della ricerca pubblica finalizzata a garantire il carattere strategico ed il governo unitario delle politiche della Ricerca pubblica, sottraendola alla vigilanza dei singoli Ministri, anche attraverso l’opportuno coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni. Ciò per garantire la necessaria  integrazione tra i diversi settori di ricerca afferenti alle diverse politiche di settore (salute, lavoro, welfare, ambiente, formazione) e tra i diversi livelli di governo centrale e regionale competenti su tali politiche.

Per contatti ed adesioni:  casadeiprivato@gmail.com, pagina FB RicercaPubblicaBeneComune, Tweet @SCasadei,  


Simone Casadei, Giovanna Linfante, Viviana Ruggeri, Manuel Marocco, Fabrizio Giovannini, Francesca Bergamante, Massimo De Minicis, Maria Laura Marini, Marco Marucci, Anna Vaiasicca, Laura Gentile, Giulia Governatori, Carlo Cialone, Giordano Toso, Arianna Fortino, Antonella Diana, Micol Motta, Francesco Chiurco, Valentina Orienti, Giuseppa Montalbano, Christian Poggi, Francesca Spitilli, Andrea Carlini, Rita Pedullà, Annalisa Turchini, Diego Piva, Francesco Pomponi, Giuseppe Dibattista, Mafalda D’Onofrio, Carla Catena, Pierluigi Richini, Emanuele Crispolti, Laura D’Alessandro, Emanuela Cresci, Roberto De Paola, Maria Di Saverio, Maria Lenti, Gianluca Schiavon, Donatella Gobbi, Eraldo Gobbi, Maria Parente, Filippo Tantillo, Guido Baronio, Mario De Horatis, Tiziana Cialone, Enrico Mari, Vincenzo Pillai, Cristina Digiambattista, Renato Fistetto, Barbara Pettine, Roberta Roberti, Rosa Mauro, Valeria Ghiso , Rita Porcelli, Valentina Gualtieri, Marino Andolina, Elena Caramelli, Lucia Quagliano, Stefano Ressia, Alfredo Valente, Daniela Marsili, Antonio Iovanella, Sara Fornabaio, Viola Giannoli, Maria Antonietta Salvucci, Veronica Valentini, Fausto Pascali, Anna Uttaro, Marìca Porta, Valentina Lomuscio, Giuseppina Di Iorio, Francesco Mannish Candreva, Pietro Checcucci, Giovanni Gallo, Giuliana Scarpetti, Simone Pulici, Lucia Stanco, Massimiliano Franceschetti, Maria Grazia Mereu, Francesco Cavarra, Maria Luisa Piras, Franco Di Liberto, Gianni Mescolini, Valeria Cioccolo, Isabella Buscema, Susi Ciolella, Gianni Mescolini, Gisella Venditti, Maurizio Aversa, Raffaella Diana De Carlo, Cristiano Sguerrini, Arianna Angelini, Giovanna Filosa, Roberto Maini, Paola Paniccio, Ada Catanzaro, Massimiliano Bonanni, Imma Fiorillo, Valentina Scarfagna, Paolo Bondi, collettivo PrecariaMente, Roberto De Vincenzi.


Manifesto per la RICERCA PUBBLICA BENE COMUNE
 

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