Marocco, continuano repressioni delle proteste

Amnesty International ha denunciato oggi che, a due anni dalle manifestazioni del 20 febbraio 2011 che portarono in piazza migliaia di persone, la repressione delle proteste in Marocco e’ la routine.

 

COMUNICATO STAMPA

MAROCCO: A DUE ANNI DALLE MANIFESTAZIONI DEL 20 FEBBRAIO, AMNESTY INTERNATIONAL CHIEDE LA FINE DELLA REPRESSIONE DELLE PROTESTE

Amnesty International ha denunciato oggi che, a due anni dalle manifestazioni del 20 febbraio 2011 che portarono in piazza migliaia di persone, la repressione delle proteste in Marocco e’ la routine. Decine di attivisti del Movimento 20 febbraio sono in prigione solo per aver espresso pacificamente le loro opinioni; alcuni di essi hanno denunciato di aver subito maltrattamenti e torture.

Il Movimento 20 febbraio, nato sulla scia delle rivolte popolari in Medio Oriente e nell’Africa del Nord, chiede maggiore democrazia e rispetto dei diritti umani, migliori condizioni economiche e la fine della corruzione.

‘E’ un mistero il motivo per cui le autorita’ continuino a sopprimere con violenza le voci critiche, in flagrante contrasto con la nuova Costituzione del luglio 2011, che garantisce il diritto alla liberta’ d’espressione, di manifestazione pacifica e d’associazione’ – ha dichiarato Ann Harrison, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. ‘Le pretese riforme promosse dalle autorita’ marocchine sembrano una mossa per scrollarsi di dosso le critiche dei partner internazionali, mentre le proteste continuano a essere represse’.

Uno degli esponenti del Movimento 20 febbraio, Youssef Oubella, 24 anni, e’ stato arrestato nel luglio 2012 a Casablanca, nel corso di una manifestazione. Ha riferito ad Amnesty International di essere stato picchiato, insultato e torturato durante l’arresto e nel corso della detenzione e di essere stato costretto a firmare una dichiarazione secondo la quale aveva colpito un agente di polizia.

Nel settembre 2012, Oubella e altri cinque esponenti del Movimento 20 febbraio hanno ricevuto condanne fino a un massimo di 10 mesi per insulto e violenza contro agenti di polizia. Anche gli altri cinque prigionieri hanno denunciato di essere stati maltrattati e torturati. I sei uomini sono stati rilasciati nel gennaio 2013.

Secondo Mohamed Messaoudi, un avvocato che ha difeso molti attivisti del Movimento 20 febbraio, la repressione nei confronti delle attivita’ del gruppo e’ di recente aumentata. Esponenti del gruppo vengono regolarmente arrestati e accusati di insulto e/o violenza nei confronti di agenti di polizia, traffico di droga e partecipazione a manifestazione non autorizzata. Sempre secondo Messaoudi, i maltrattamenti nei confronti degli attivisti durante e dopo l’arresto sono un fenomeno assai diffuso e il caso di Oubella non e’ stato affatto isolato.

Un altro esponente del Movimento 20 febbraio, il rapper Mouat Belghouat e’ stato arrestato nel marzo 2012 e accusato di insulto a un agente di polizia, dopo che su Internet e’ circolato il video di un suo brano contro la corruzione della polizia, nel quale un agente aveva la testa di un somaro.

Belghouat e’ stato condannato a un anno di carcere, sentenza confermata in appello nel luglio 2012. E’ detenuto nella prigione di Oukacha, a Casablanca. Per almeno due volte ha portato avanti scioperi della fame per protestare contro le condizioni detentive.

‘Finora le autorita’ marocchine hanno agito contro i diritti della popolazione, non a favore. Bisogna consentire lo svolgimento di manifestazioni pacifiche senza timore di subire minacce o arresti e detenzioni arbitrari. E’ inoltre necessario che tutte le denunce di maltrattamenti o intimidazioni siano sottoposte a indagini e che i responsabili siano portati di fronte alla giustizia. E’ fondamentale, infine, che le persone arrestate abbiano immediato accesso agli avvocati, poiche’ e’ nelle prime ore successive all’arresto che corrono i maggiori rischi di subire maltrattamenti e torture’ – ha sottolineato Harrison.

Dopo la sua visita in Marocco e nel Sahara occidentale, nel settembre 2012, il Relatore speciale dell’Onu sulla tortura Juan Me’ndez ha dichiarato che sebbene il codice di procedura penale garantisca l’accesso a un avvocato, ‘tale garanzia non e’ pienamente rispettata nella legge come nella prassi. Un detenuto puo’ incontrare un avvocato di sua scelta solo 24 ore dopo l’arresto, per un massimo di 30 minuti e alla presenza di un funzionario incaricato delle indagini’.

Amnesty International ha chiesto al governo del Marocco di modificare la legislazione in modo da assicurare che le persone detenute abbiano effettivo accesso a un avvocato di loro scelta dall’inizio della detenzione e per tutta la sua durata e che i colloqui possano avvenire in privato.

Roma, 20 febbraio 2013

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