Milano, ‘lavori solo se aderisci alla cooperazione’

 

 

Lettera aperta degli ex Animatori Referenti dei CAM di Zona 1

DA QUANDO ADERIRE ALLA COOPERAZIONE E’ OBBLIGATORIO PER POTER LAVORARE?

Eppure è ciò che noi, ex Animatori Referenti dei Centri di Aggregazione Multifunzionale della Zona 1 del Comune di Milano, abbiamo subito in occasione del recente bando per l’assegnazione del contributo finalizzato alla gestione del suddetto servizio.

La storia: il servizio CAM (Centri di Aggregazione Multifunzionale) è, da anni, forse l’unico servizio gratuito rimasto a Milano. Servizio basato su un unico fondamento: la necessità della ripresa della vita di quartiere mediante attività aggregative, coordinate ed animate da professionisti, capaci negli anni non solo di gestire concretamente le attività in essere, ma di costruire e saldare rapporti personali e di fiducia con gli utenti, la maggior parte dei quali bambini o anziani.

Ora, malgrado il rapporto di lavoro (alcuni lavoratori sono in attività nei CAM addirittura da 13 anni), prima sotto il comune, poi sotto Milano Sport Spa, poi sotto il Centro Sportivo Italiano, sia sempre stato di tipo precario con contratti a progetto, e malgrado il progressivo deterioramento del servizio durante la gestione da parte di queste realtà terze, aggregarsi e cooperare sono sempre stati i valori principali nello svolgimento del nostro lavoro.

I fatti: nel 2013, il Comune, invece di riprendere in carico la gestione totale del servizio nella logica della pubblica utilità, ha deciso di continuare darlo in gestione, stavolta a realtà no profit, aprendo un bando pubblico che prevedeva l’assegnazione di un contributo economico a chi avesse presentato il progetto migliore.

Nell’elaborare questo bando l’amministrazione, consapevole della mancanza di tutele per i lavoratori fino a quel momento occupati nei CAM e nei CSRC, decide di inserire alcune clausole che “favorissero” l’utilizzo dei lavoratori precedentemente occupati nelle strutture, senza però offrire a noi lavoratori strumenti tangibili di contrattazione.

Un tentativo sicuramente in buona fede, ma che purtroppo ottiene il risultato contrario: i soggetti interessati a partecipare al bando, a quel punto, ci contattano, ma solo per offrire le loro condizioni contrattuali (senza possibilità di trattativa) in cambio del nostro curriculum vitae da inserire nei loro progetti. Dire di SI significava accettare condizioni non trattabili e non buone, dire di NO significava disoccupazione.

Si arriva così alla chiusura del bando, che ha visto la presentazione di due soli progetti: uno è stato automaticamente escluso per vizi di forma e l’altro, presentato dalla cooperativa ALDIA, è risultato automaticamente vincitore del bando.

Il ricatto: pur apprezzando il fatto che, malgrado tutto, abbia vinto una cooperativa, siamo però rimasti sconvolti dall’atteggiamento dei suoi dirigenti, i quali ci hanno comunicato (sempre senza possibilità di contrattazione) la loro disponibilità a farci lavorare con un contratto a tempo indeterminato solo se avessi accettato di diventare soci della cooperativa, per poi offrire, a bando chiuso, solamente un contratto a tempo determinato, sempre alla stessa condizione.

Allora ripetiamo la domanda: da quando essere soci di una cooperativa è un ricatto a fronte della disoccupazione?

Noi riteniamo inammissibile che una cooperativa come Aldia, che sul sito scrive si fondare il proprio operato sul concetto centrale dello spirito cooperativo autentico, cioè creare opportunità di lavoro e benessere per soci e dipendenti nel rispetto delle regole e dei contratti, delle parti sociali, si discosti così tanto dalla sua missione ricattando essa stessa i lavoratori.

Essere socio di una cooperativa non è forse la condivisione di un percorso, di un progetto, e della stima e fiducia reciproca tra soci?

Come è possibile condividere questo percorso se si impone l’adesione come socio ancora prima ancora di conoscere la realtà per la quale si andrà a lavorare?

Noi riteniamo che questo atteggiamento celi esclusivamente l’intenzione di poter trattare i propri lavoratori con condizioni normative e salariali in deroga ai contratti collettivi nazionali di lavoro, e quindi inferiori.

Per questo facciamo appello a tutti coloro che credono ancora nei valori e nello spirito originari della cooperazione, ma anche nel democratico diritto di una scelta consapevole e nella tutela del posto di lavoro, a esercitare tutte le pressioni dovute affinché l’amministrazione stessa e la cooperativa Aldia trovino la formula corretta a garantire la continuità lavorativa per tutti gli ex lavoratori dei CAM precedentemente occupati.

Senza escludere peraltro in seguito, a collaborazione avvenuta ed in possesso degli elementi di valutazione necessari, di essere noi stessi a chiedere di modificare la natura del rapporto di lavoro, in un’ottica di cooperazione condivisa.

Una relazione più estesa e documentata sui fatti sopra descritti è a disposizione di chi la richieda, contattandoci al seguente indirizzo e-mail: referentiz1@gmail.com“>referentiz1@gmail.com

Confederazione Unitaria di Base

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