Amnesty International Italia all’assemblea degli azionisti Eni

Dal novembre 2009 Amnesty International Italia, titolare di un’azione di Eni, e’ impegnata in un dialogo con l’azienda sull’impatto delle sue attivita’ sull’ambiente e i diritti umani nel delta del fiume Niger, in Nigeria.

 

COMUNICATO STAMPA

AMNESTY INTERNATIONAL ITALIA ALL’ASSEMBLEA DEGLI AZIONISTI ENI

Questa mattina Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia, e’ intervenuto all’Assemblea generale degli azionisti di Eni.
Dal novembre 2009 Amnesty International Italia, titolare di un’azione di Eni, e’ impegnata in un dialogo con l’azienda sull’impatto delle sue attivita’ sull’ambiente e i diritti umani nel delta del fiume Niger, in Nigeria.

Nei numerosi incontri, l’ultimo dei quali avvenuto il 1° aprile di quest’anno, Amnesty International Italia ha sempre evidenziato come la mancanza di trasparenza complessiva sugli impatti ambientali dell’industria petrolifera che opera in Nigeria – in particolare, sulle fuoriuscite di petrolio e le indagini condotte per accertarne le cause – metta a rischio i diritti umani delle popolazioni che vivono sul delta del fiume Niger.

Ad aprile, Eni ha pubblicato il sito Internet Naoc Sustainability in cui Naoc (Nigerian Agip Oil Company), la consociata di Eni in Nigeria, riporta informazioni relative ai progetti di riduzione delle torce del gas flaring, alle fuoriuscite di petrolio, alle valutazioni di impatto ambientale e ai progetti per le comunita’ e il territorio.

La decisione di Eni di mantenere l’impegno, preso durante l’Assemblea degli azionisti del 2013 dal suo amministratore delegato, a fornire informazioni sulle indagini sulle fuoriuscite di petrolio e’ stata pubblicamente apprezzata da Amnesty International Italia.

Nel suo intervento all’Assemblea generale degli azionisti, Rufini si e’ soffermato sulle fuoriuscite di petrolio riferite da Eni nel suo Consolidato di sostenibilita’. Nel 2013, gli incidenti che hanno causato fuoriuscite di petrolio sono stati stimati dall’azienda nel numero di 386. Il volume totale e’ stato di 7903 barili di petrolio greggio fuoriuscito, 6002 dei quali a causa di atti di sabotaggio e di terrorismo.

Un’altra fonte, l’Agenzia nigeriana per il rilevamento e l’intervento per le fuoriuscite di petrolio, evidenzia che negli ultimi sei anni Eni ha registrato l’aumento piu’ impressionante di fuoriuscite di petrolio, il cui numero e’ piu’ che raddoppiato (da 235 fuoriuscite nel 2008 a 471 da gennaio alla fine di settembre 2013).
Infine, stando alle informazioni riportate sul sito Naoc Sustainability, nei primi due mesi del 2014 Eni ha riportato 56 incidenti con una stima di 1156,7 barili di petrolio sversati. Anche in questo caso, la maggior parte delle fuoriuscite e’ stata imputata ad atti di sabotaggio e furto.

“Negli ultimi anni, in Nigeria, il numero di fuoriuscite segnalate e causate dall’operato di Eni e’ stato quasi il doppio rispetto a quello imputato a Shell, sebbene quest’ultima occupi un’area maggiore. Il volume di barili sversati nel paese a causa di atti di sabotaggio e furto continua a sembrare incredibilmente elevato. Un cosi’ grande numero di fuoriuscite, qualunque sia la causa, e’ imperdonabile per un operatore responsabile” – ha dichiarato Rufini.

Eni ha inoltre reso noto che “sta testando tecniche innovative mirate a migliorare l’individuazione precoce delle fuoriuscite dalle tubazioni (uso di fibre ottiche, idrofoni) e a disincentivare le attivita’ di furto del petrolio (uso di barriere chimiche/meccaniche)”. Sebbene l’impegno all’azione di Eni sia benvenuto, Amnesty International Italia resta preoccupata per la circostanza che un’azienda che ha visto quasi 500 fuoriuscite in soli nove mesi del 2013 e gia’ 56 nei primi due mesi del 2014 non abbia ancora intrapreso azioni per fermare significativamente le fuoriuscite di petrolio.

“Indagare sulle fuoriuscite di petrolio nel delta del fiume Niger e’ un importante questione di diritti umani” – ha ricordato Rufini. “L’inquinamento causato negli ultimi 50 anni dalle aziende petrolifere presenti sul territorio, tra cui Shell, Total e la stessa Eni, ha contaminato il suolo, l’acqua e l’aria del delta del Niger contribuendo alla violazione del diritto alla salute e a un ambiente sano, del diritto a condizioni di vita dignitose, inclusi il diritto al cibo e all’acqua, nonche’ del diritto a guadagnarsi da vivere attraverso il lavoro. Le persone colpite sono centinaia di migliaia, in particolare i piu’ poveri e coloro che dipendono dai mezzi di sussistenza tradizionali, come pesca e agricoltura”.

La pubblicazione su Internet delle informazioni relative alle indagini sulle fuoriuscite di petrolio, cosi’ come fatto da Eni, permette sicuramente una maggiore possibilita’ di condurre una revisione indipendente dei dati pubblicati e di ridurre quindi la possibilita’ di cattive pratiche. Sebbene Eni abbia intrapreso questo passo positivo, Amnesty International Italia ritiene necessario che siano poste in essere ulteriori forti misure per garantire che le informazioni fornite siano attendibili e possano essere verificate in maniera indipendente.

“Rendere pubblici i dati delle fuoriuscite di petrolio e delle relative operazioni per porvi rimedio e bonificare la zona, dimostrerebbe una chiara assunzione di responsabilita’ e permetterebbe a Eni di essere maggiormente trasparente nei confronti della comunita’ nigeriana cosi’ come dei suoi azionisti” – ha proseguito Rufini. “Per questo Amnesty International Italia continuera’ a monitorare il sito Internet di Naoc Sustainability, offrendo raccomandazioni per sviluppare ulteriormente questo strumento”.

La salvaguardia dei diritti umani, nel delta del fiume Niger, deve venire prima del profitto economico. Per questo, Amnesty International Italia ha rivolto una serie di richieste alla compagnia:

1. entro quando Eni intende pubblicare sul sito internet Naoc Sustainability tutti i report delle Joint investigation visit, comprensive di fotografie e video relativi dal 2000 ad oggi assicurando che le fotografie siano nitide e che forniscano elementi di prova verificabili della causa e dell’area interessata e che i video possano garantire verifiche indipendenti sul flusso di petrolio in fuoriuscita quando ha avuto luogo la Joint investigation visit e pubblicando le informazioni su come e quando e’ stato arrestato o isolato il flusso di petrolio;
2. entro quando Eni intende pubblicare tutte le procedure di clean-up intraprese per tutti gli sversamenti che hanno avuto luogo dal 2000 sino ad oggi.
3. entro quando Eni intende migliorare concretamente i controlli di sicurezza alle infrastrutture petrolifere per evitare sabotaggi e furti, nonche’ impegnarsi ad adottare la tecnologia migliore a disposizione per evitare fuoriuscite nel delta del Niger.
4. quali sono i rapporti economici, politici, tecnici, operativi e d’intelligence tra Eni e l’operazione “Pulo Shield” delle forze di sicurezza nigeriane, accusata di gravi violazioni dei diritti umani delle popolazioni del delta del Niger.
5. quali iniziative sono state prese nei confronti delle comunita’ locali, della societa’ civile e delle autorita’ tradizionali, per risolvere o contenere, con metodi innovativi, i problemi legati al bunkering e alla limitazione dell’accesso alla zona per i team tecnici di Eni?

Durante l’Assemblea generale di Eni, l’amministratore delegato Paolo Scaroni ha fornito alcune prime risposte, basate principalmente sulle informazioni gia’ pubblicate sul sito della compagnia nella risposta scritta alle domande pervenute prima dell’Assemblea da parte di Amnesty International Italia.

Amnesty International Italia intende quindi richiedere un approfondimento delle importanti tematiche sollevate – che esulano dalla pubblicazione delle date degli sversamenti sul citato sito Internet – e auspica che questo possa essere fatto al piu’ presto in un incontro con i neo-nominati vertici di Eni.

Roma, 8 maggio 2014

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