Articolo di Marco Travaglio pubblicato su “Il Fatto quotidiano” del 2 gennaio, segnalatoci da Adriano Colafrancesco.
Andante con ritmo
L’Italia è il Paese europeo col maggior numero di leggi e col più alto tasso di illegalità.
È prima in Europa, nel G7 e nell’intero Occidente per corruzione percepita, al 69° posto fra le nazioni più virtuose (fonte Transparency International).
La corruzione si mangia il 40% di ogni grande opera: solo l’alta velocità ferroviaria costa da noi una media di 61 milioni a km contro i 10,2 della Parigi-Lione, i 9,8 della Madrid-Siviglia e i 9,3 della Tokyo-Osaka (Commissione Ue).
Abbiamo i cantieri più lenti d’Europa, con tempi allungati di un terzo negli ultimi cinque anni (Dps-Uver): ogni opera sopra i 100 milioni dura in media 14 anni.
La nostra evasione fiscale è la più alta d’Europa (la terza nel mondo, subito dopo Turchia e Messico), come pure la pressione fiscale (44%, la quarta dell’Eurozona, la prima per il suo aumento in base al Pil nell’ultimo decennio: nel 2002 era al 40,5). Ogni italiano evade in media 38 euro ogni 100: merito dei 10-11 milioni di evasori su 40 milioni di contribuenti, per almeno 180 miliardi sottratti ogni anno al fisco (Ocse-Corte dei conti). Un italiano su due dichiara meno di 15 mila euro, il 50% dell’Irpef la paga il 10% dei contribuenti e gli imprenditori risultano più poveri dei loro dipendenti. Il 40% delle imposte evase in tutt’Europa è made in Italy.
L’economia in nero è il 21% di quella legale, 340 miliardi l’anno.
Secondo l’Institut de criminologie et de droit penal, nel 2011 avevamo appena 156 detenuti per crimini economici e fiscali, contro gli 8.601 della Germania (55 volte in più): la media europea è 10 volte la nostra, col 4,1% di colletti bianchi in galera contro lo 0,4 dei nostri. Che sono 1/6 degli olandesi, 1/10 degli svedesi, inglesi e norvegesi, 1/11 dei finlandesi, 1/15 degli spagnoli, 1/22 dei turchi. E ci umiliano persino i paradisi fiscali di Montecarlo (23%) e Liechtenstein (38,6%).
Abbiamo servizi fra i più scadenti, ma siamo secondi in Europa per i rincari delle bollette: +19,1% nel 2014 (+324 pro capite). Ci batte solo la Spagna, ma l’anno prossimo vinciamo noi (la Cgia di Mestre prevede aumenti di acqua, trasporti, sanità e rifiuti per 677 euro a testa). Nei costi dei conti correnti bancari non ci supera nessuno: 350 euro l’anno contro i 114 della media dell’Unione europea.
L’Italia è prima in Europa per procedure d’infrazione Ue (ben 99), multe per trasposizione tardiva delle norme europee (36), reclami all’Ue di cittadini italiani contro il loro Stato (438) e frodi comunitarie.
Siamo ultimi per aumento di turisti stranieri: cresciuti in tutta Europa (persino in Grecia e Lettonia), da noi sono calati dello 0,5% (-4,6 calcolando anche il crollo del turismo nazionale): il tutto, con il maggior patrimonio artistico e culturale del mondo.
In 20 anni abbiamo perso rispetto alla Germania 14 punti di Pil, che nel 2014 è sceso dello 0,4% (il Def di Renzi prevedeva un +0,8).
Il debito pubblico, sotto il governo Renzi, è cresciuto di 80 miliardi in 10 mesi toccando i 2.140 miliardi (131,6% del Pil). Il deficit (che doveva scendere, nelle previsioni del premier, al 2,3%), è salito al 2,9.
La produzione industriale è precipitata dell’1,2%.
La disoccupazione, che Renzi aveva preso al 12,7%, ora è al 13,2 (quella giovanile è balzata dal 42,3 al 43,3). Siamo il paese più vecchio dell’Ocse (l’unico con più di un abitante su cinque over 65 e meno di uno su quattro under 25), col secondo peggior tasso di natalità d’Europa (8,5 bambini su mille abitanti, secondi solo al Portogallo) e con le peggiori politiche per le famiglie e le giovani coppie.
I giovani se ne vanno: 94.126 espatri solo nel 2013 (+ 28%).
Abbiamo i salari fra i più bassi d’Europa. Un occupato italiano è più povero di un disoccupato tedesco (in Germania il sussidio ai senzalavoro con famiglia supera i 1.600 euro: il salario di gran parte dei nostri lavoratori).
Una famiglia su tre al Nord e una su due al Centro-Sud non ha ancora accesso a Internet: la nostra velocità media di navigazione è di 5 megabit contro gli 8 della Germania e i 12 dell’Olanda. Il che ci pone al 36° posto nell’Ict Developement Index su dotazioni e competenze digitali, dietro a Emirati, Qatar e Barbados. Quanto a velocità di download domestica, con 8,51 megabyte scaricabili al secondo siamo ultimi nel G8 (penultimo il Canada con 23,09) e nell’Ocse, penultimi in Europa: nel 2010 eravamo al 70° posto al mondo, ora siamo al 98°, tallonati dal Kenya. Peggio ancora la rapidità di upload: in cinque anni siamo precipitati dall’86° al 157° posto.
Siamo primi in classifica per ignoranza e disinformazione (Ignorance Index), su 14 paesi testati da Ipsos. Ma pure 64esimi al mondo per libertà d’informazione secondo Freedom House e 49esimi secondo Reporters Sans Frontières.
Ultimi nell’Ocse per spesa nella scuola e nella ricerca in rapporto al Pil: solo un ricercatore precario su 100 viene stabilizzato.
Per investimenti esteri siamo al 56° posto nel mondo e al 18° in Europa.
Per competitività, 49esimi nell’Ocse.
Per risolvere una lite commerciale, impieghiamo 1.185 giorni, il triplo dei grandi paesi europei.
Nel ramo giustizia, a fronte della magistratura più produttiva d’Europa, abbiamo così tanti processi (5,2 pendenti e 4 milioni nuovi ogni anno nel civile, 3,4 pendenti e 3 nuovi nel penale) che durano in eterno.
Le politiche di austerità, oltre a non risolvere nessuno dei guai sventolati per giustificarle, hanno aumentato diseguaglianze e ingiustizie sociali, raddoppiando il numero dei poveri: il 12,4% della popolazione (nel 2007 erano il 6,8).
Siamo affondati al 24° posto dell’Ue per capacità d’inclusione nella vita sociale e lavorativa: solo Ungheria, Bulgaria e Grecia stanno peggio.
Samo primi per la quota di “Neet”, cioè di giovani che non lavorano e non studiano (Fondazione Bertelsman).
L’ultimo rapporto dell’Ufficio Studi Confartigianato colloca l’Italia sotto la media europea in ben 42 indicatori economici e sociali su 50: oltre a quelli già detti, primeggiamo in peggio per tasso di abbandono scolastico, efficienza della spesa pubblica, costi dell’energia, tempi di procedure import-export, rapporti telematici con la PA, e così via. Il che produce un altro record: un tasso di pessimismo unico in Europa, con appena il 15% dei genitori che pronostica per i figli una vita migliore della propria.
FONTE Il Fatto Quotidiano – 2 Gennaio 2015 – Marco Travaglio – Andante con ritmo
PS: Proposta di nuovo inno nazionale:
SFRACELLI D’ITALIA
https://www.youtube.com/watch?v=bI5kuJQzMbA