“E’ possibile uscire dalla palude senza cadere nel landinismo?”

“Dall’attuale situazione può emergere una forza politica che sappia definire gli obiettivi di fase e costringere i nostri avversari riuniti attorno a Renzi a misurarsi con essi? Le ultime uscite del leader della Fiom Landini non sembrano andare in questa direzione”.

E’ possibile uscire dalla palude senza cadere nel landinismo?

 

La domanda è: dall’attuale situazione può emergere una forza politica che sappia definire gli obiettivi di fase e costringere i nostri avversari riuniti attorno a Renzi a misurarsi con essi? Le ultime uscite del leader della Fiom Landini non sembrano andare in questa direzione.

A nostro parere i tentativi in corso per esprimere politicamente questa necessità non sono assolutamente adeguati, e non tanto e non solo perchè gli oppositori a Renzi, nell’arco della sinistra, hanno come caratteristica un pensiero debole e compromissorio, ma in quanto la situazione non esprime ancora, in maniera compatta e oggettiva, i dati su cui una battaglia vera può essere condotta. Quella che sembrava una novità, il ruolo di Landini contro la controrivoluzione liberista di Renzi, sta assumendo contorni che non danno il senso di una battaglia di classe da trasferire sul terreno politico, ma rimettono in gioco soggetti ‘associativi’ di tutt’altra natura. Se non capiamo questo rischiamo, come avviene ora, di correre dietro al cicaleccio mediatico di personaggi che esistono perchè il sistema li ha creati come interlocutori di una dialettica fasulla.

Ma ve li immaginate personaggi come Civati, Fassina, Vendola prendere in mano una situazione che li metta a confronto con i centri di potere italiani, europei e americani? Per noi e per molti compagni e compagne che su questo la pensano allo stesso modo la risposta è scontata.

Bisogna precisare però che la questione non è relativa al giudizio sugli esponenti di questa sinistra ma, al contrario, bisogna valutare i veri obiettivi di questa fase e capire a quale grado di maturazione sono arrivate in Italia le contraddizioni sociali che li possano esprimere.

Per contraddizioni dobbiamo intendere non i dati statistici sulla condizione di classe, ma come da questa condizione nasce una forza materiale che affronti lo scontro con il sistema. C’è una forza di classe in Italia che ha maturato concretamente la coscienza dello scontro politico e sociale? Un certo numero di compagni e di compagne confondono le loro dichiarazioni con la realtà, mentre realisticamente bisognerebbe ammettere che spesso andiamo dietro alle ombre cinesi create da gruppi e associazioni che si confrontano con le loro scadenze più che coi veri movimenti che la società esprime. Giocare a fare i rivoluzionari, o gli antagonisti come oggi si dice, è cosa diversa che modificare la realtà.

E per modificare la realtà ci sono tre elementi essenziali da mettere al centro oggi e su cui definire un programma che deve trovare un consenso di massa: la condizione di classe dei lavoratori, dei disoccupati, dei precari; lo scontro con l’UE che esprime una politica economica che produce disoccupazione e miseria e infine le avventure militari del capitalismo occidentale che sono il corollario delle contraddizioni che il capitalismo vive a livello mondiale. Nessuna di queste tre cose può essere gestita separatamente da un movimento politico che voglia raccogliere il senso delle contraddizioni che stanno emergendo e che sono strettamente collegate. Ciò che si profila all’orizzonte è invece la solita minestra riscaldata che cresce o si riduce a seconda degli spostamenti dei partiti al potere.

Qui non si tratta, come in verità avviene quotidianamente, di fare polemiche con qualcuno in particolare. Si tratta invece di trasformare la cultura politica di chi si richiama alla lotta di classe e alla lotta antimperialista in capacità di valutare come e in che modo si possa arrivare a una svolta.

Su questo terreno abbiamo due risposte scontate e inefficaci. La riproduzione cartacea del partito dei comunisti e la logica della contestazione che produce iniziative e lotte che non arrivano mai a misurarsi con le forme e la profondità con cui le contraddizioni si sviluppano. Per questo possiamo dire che non siamo ancora usciti dalla palude e che il landinismo si presenta come una variante dell’esistente.

     Aginform

     23 febbraio 2015

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