“La manifestazione di sabato 28 marzo indetta dalla FIOM, ma aperta al ‘movimento’, è stato un passaggio importante del nuovo progetto politico-sindacale lanciato da Landini”.
Il significato del Landini Day
La manifestazione di sabato 28 marzo indetta dalla FIOM, ma aperta al ‘movimento’, è stato un passaggio importante del nuovo progetto politico-sindacale lanciato da Landini. Una sorta di prova per verificare se la proposta avrebbe superato il fuoco incrociato delle critiche di chi ha interesse a non capire a che cosa ci troviamo di fronte. Critiche che vengono da destra come da ‘sinistra’.
A destra ovviamente troviamo Renzi e il suo PD, cioè il PdR. Nella sua megalome superficialità, il capo del governo non ha capito che si può anche giocare al massacro della esangue opposizione interna al partito, ma nel contempo non si può eliminare dalla storia di questo paese una tradizione di sinistra e popolare che ne ha attraversato tutte le vicende politiche. Certamente si può anche pensare che gli indegni rappresentanti delle forze ‘alternative’ della sinistra abbiano desertificato in questi decenni le spinte alla difesa degli interessi popolari e della tradizione politica che li ha storicamente rappresentati ma, come insegna la ‘vecchia talpa’, le questioni di fondo riemergono. E stavolta esse hanno preso il volto di Landini, di un dirigente della CGIL che ha lanciato la sfida a Renzi sulla rappresentanza popolare e sui provvedimenti che vanno col nome americano di Jobs act.
Per evitare equivoci interpretativi diciamo subito, per quanto ci riguarda, che quella di Landini è una via indubbiamente riformista, nel senso concreto del termine, cioè di una scelta che cerca di modificare, senza stravolgerle, le regole del gioco imposte da Renzi e che prevedono una svolta autoritaria e una linea economica iperliberista. Ed è per questo che ci sentiamo di dire, come abbiamo detto sul Movimento 5 stelle, “meno male che Landini c’è”. Senza nasconderci i limiti di questa esperienza che certamente, però, ha caratteristiche meno contingenti di quelle di Grillo, almeno a considerare le premesse.
Il giudizio peraltro è ancora sospeso per quanto riguarda i contenuti veri della nuova proposta politica e la capacità dei promotori di farla crescere a livello di massa e di stabilizzarla .E’ indubbio però che ci troviamo su un terreno abbastanza diverso da quello che ha caratterizzato l’elettoralismo dei vari ‘antagonisti’ istituzionali fino alla disfatta dell’esperienza Ingroia. Il merito di Landini è stato quello di aprire un discorso di massa su alcune questioni essenziali come lo stravolgimento della Costituzione e sulla liquidazione dello Statuto del lavoratori. Questo è il motivo del suo successo, un successo che sta captando la sensibilità convergente di ampi settori democratici della società italiana e di spinte alla resistenza dei lavoratori.
Il riformismo di Renzi ha prodotto dunque il suo contrario, la nascita del riformismo di Landini che va in tutt’altra direzione. E’ sufficiente questo per tranquillizzarci sulle prospettive? Certamente no, ma bisogna prendere atto di come nella realtà si vanno producendo le contraddizioni economiche e politiche e di come si vanno esprimendo sulla base delle condizioni oggettive. Analizzare i fenomeni di fondo, quelli della crisi economica e delle dinamiche imperialiste a livello planetario non ci dà, come i fatti dimostrano, gli strumenti per adeguarci in tempi brevi in termini soggettivi alla situazione. C’è ancora un divario forte tra quello che pensiamo e quello che possiamo veramente fare Importante è che non anneghiamo nel movimentismo e cerchiamo di distinguerlo da fatti che hanno una diversa valenza.
Aginform
29 marzo 2015