Roma, sgombero Ponte Mammolo, lettera aperta al Sindaco Marino

“Le forze di polizia hanno proceduto allo sgombero della baraccopoli di Ponte Mammolo, nella periferia nord est di Roma,  dove si trovavano circa 400 persone tra profughi eritrei, immigrati dell’Europa dell’Est, e di altri paesi”.

 

INTERVENIRE SUBITO PER I PROFUGHI IN ARRIVO A ROMA: UNA QUESTIONE DI CIVILTA’
LETTERA APERTA AL SINDACO MARINO

 

Roma, 12 maggio 2015 – Nelle ore successive alla redazione di questa lettera aperta, le forze di polizia hanno proceduto allo sgombero della baraccopoli di Ponte Mammolo, nella periferia nord est di Roma,  dove si trovavano circa 400 persone tra profughi eritrei, immigrati dell’Europa dell’Est, e di altri paesi. Un team di Medici per i Diritti Umani si trovava all’interno dell’insediamento durante le operazioni di sgombero portate avanti ieri mattina da un ingentissimo numero di agenti delle forze dell’ordine. Molti migranti non hanno avuto neanche il tempo di portare via i propri documenti ed effetti personali. I medici di MEDU hanno assistito in particolare un gruppo di migranti ucraini tra cui si trovavano due donne anziane e cardiopatiche in evidente e comprensibile stato d’agitazione. Al gruppo, che viveva nell’insediamento da quasi dieci anni, sono stati dati pochi minuti per allontanarsi dalle proprie dimore mentre già le ruspe in azione si trovavano a pochi metri di distanza. Ai migranti non è stata consegnata alcuna notifica di sgombero. “Un po’ di giorni fa, alcune persone del Comune ci hanno solo detto che prossimamente avrebbero smantellato la baraccopoli  e che tutti saremmo stati inseriti in percorsi abitativi concordati. Sui tempi però sono stati vaghi dicendoci che ancora non c’erano certezze. Ora mi sembra di essere una profuga di guerra !” racconta una signora del gruppo. Solo dopo oltre un’ora di trattative con i rappresentanti dell’Assessorato alle politiche sociali del Comune, e dopo che gli agenti di polizia hanno anche minacciato di fotosegnalare i medici e gli operatori di MEDU per intralcio alle “operazioni di bonifica”, i migranti hanno ottenuto di poter portare via almeno parte dei loro effetti personali e la garanzia di essere accolti in un centro adeguato alle loro condizioni e vulnerabilità. Nel frattempo nel caos organizzativo dello sgombero si sono verificati tafferugli e momenti di tensione tra le forze dell’ordine e i migranti. I funzionari comunali hanno comunicato ai migranti che potevano recarsi presso un centro di accoglienza a bassa soglia situato sulla Tiburtina. Il centro ha però una capienza massima di  200 posti e non si capisce bene come potrà accoglierne 400. Com’era facile prevedere, ieri centinaia di profughi eritrei hanno passato la notte, abbandonati a se stessi, nell’area del parcheggio della stazione metro di Ponte Mammolo.
Se, dopo anni di assenza totale delle istituzioni,  la decisione di procedere allo smantellamento di un luogo malsano e insicuro come la baraccopoli di Ponte Mammolo, è certamente condivisibile, il metodo e le modalità con cui ciò è stato realizzato sono stati semplicemente vergognosi. Questi sono l’esatto contrario delle iniziative di accoglienza di cui parliamo nella lettera aperta. Ieri le ruspe a Ponte Mammolo hanno demolito prima di tutto i diritti e la dignità delle persone.
 
Roma, 11 maggio 2015
Egregio Sindaco Marino,
ci rivolgiamo a lei conoscendo la sua autorevolezza di medico e la sensibilità ai diritti fondamentali della persona che ha sempre dimostrato come politico. Come lei ben sa Roma è la città italiana che in questi anni ha accolto il maggior numero di rifugiati e migranti forzati, molti dei  quali, a causa delle gravi insufficienze del sistema istituzionale d’accoglienza,  sono stati spesso obbligati a sopravvivere in condizioni di grave marginalità. In queste settimane la coscienza dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale è stata scossa dal tragico naufragio di quasi mille migranti nel Canale di Sicilia. Le tardive misure adottate qualche giorno dopo a Bruxelles dall’Unione europea sono apparse ancora un volta del tutto inadeguate a far fronte al dramma dei migranti che attraversano il Mediterraneo e Medici per i Diritti Umani (MEDU) lo ha denunciato con forza insieme a molte altre organizzazioni umanitarie. Oggi però sentiamo il dovere di segnalarle quella che – prima ancora di essere un’urgenza umanitaria – è diventata una vera e propria questione di civiltà che coinvolge la città di Roma e che riguarda quelle stesse persone che rischiano di morire nei barconi in mezzo al mare.

Da diverse settimane assistiamo nuovamente, come nel corso del 2014,  all’arrivo di giovani donne, uomini e bambini, quasi tutti provenienti dal Corno D’Africa, che non trovano altra accoglienza nella nostra città che non sia quella delle baraccopoli, degli edifici fatiscenti o di altri ghetti in cui già vivono da anni in una condizione di esclusione molti loro connazionali. La maggior parte dei profughi in arrivo si ferma a Roma per poco tempo in attesa di proseguire il viaggio verso qualche altro paese europeo. I medici e i volontari di MEDU che operano ogni settimana in alcuni di questi insediamenti, a Ponte Mammolo e Collatina, hanno avuto modo di constatare direttamente le gravi condizioni abitative ed igienico-sanitarie in cui si trovano centinaia di persone vulnerabili; condizioni che con ogni probabilità sono destinate a peggiorare con l’incremento dei flussi di migranti forzati in arrivo nel nostro paese durante la stagione estiva. Persone prive di tutto, ammassate in garage fatiscenti e malsani,  in baracche di lamiera o addirittura sull’asfalto di un parcheggio, senza servizi igienici, senza un letto che non sia qualche sudicio materasso gettato a terra: questo è il quadro che si presenta a chi volesse visitare queste isole di miseria a pochi chilometri dal centro della capitale d’Italia dove il viaggio infernale nei barconi sembra proseguire anche sulla terraferma. I profughi visitati dalla clinica mobile di MEDU sono sbarcati in Sicilia da pochi giorni, in alcuni casi da poche ore, e si trovano in condizioni di salute spesso assai critiche.

Nelle scorse settimane i nostri medici hanno visitato decine di profughi eritrei letteralmente stremati,  coperti di piaghe e ferite, tra di essi donne incinta e bambini piccoli. Il quadro sanitario che emerge è dunque quello di una popolazione con problemi di salute legati alle attuali pessime condizioni abitative ed igienico-sanitarie, alle condizioni estreme del viaggio oppure alle torture e ai trattamenti inumani e degradanti subiti nel paese di provenienza o durante il tragitto per raggiungere l’Europa. La Libia in particolare, principale tappa della rotta africana,  rappresenta un vero e proprio inferno in terra per questa umanità. Tutti i migranti visitati dal nostro team hanno trascorso settimane o mesi privati della libertà nel suolo libico, nelle mani delle sempre più numerose bande di trafficanti di uomini, sottoposti ad ogni tipo di violenza, un campionario di nefandezze e sadismo umano che a volte è anche difficile da immaginare e di cui le percosse quotidiane, la privazione di cibo e di acque e le spaventose condizioni detentive rappresentano il trattamento standard a cui nessuno sfugge. Per avere una vaga idea di quello che succede in Libia, basti pensare che le indecenti condizioni in cui si trovano a sopravvivere nella periferia di Roma rappresentano pur sempre  per questi profughi una situazione di sicurezza e di “relativo benessere” rispetto a quanto appena vissuto nel paese nord africano.

Signor Sindaco, ci rivolgiamo a lei anche in qualità di autorità garante della salute collettiva della città di Roma.  E’ del tutto evidente che parlare di tutela della salute negli insediamenti che le abbiamo appena decritto, in cui si trovano oggi centinaia di migranti forzati, non ha alcun senso. Yacoub arriva sulla nostra clinica mobile perché tormentato da un’infezione cutanea che ha contratto in Libia, una malattia banale che diviene devastante nelle indecenti condizioni igienico-sanitarie in cui è costretto a vivere il paziente. Mirhet è stata violentata in Libia e vorrebbe abortire. Awet ha fatto naufragio nel Mediterraneo e ha visto morire decine di suoi compagni, non riesce a dormire e ogni notte ha gli incubi che gli ricordano la tragedia e le sevizie in Libia. Winta ha poco più di 18 anni e un bimbo di un anno con febbre e problemi respiratori. Fuori dall’unità mobile ci sono decine di pazienti che hanno bisogno di essere visitati. Che risposte terapeutiche possiamo dare a queste persone sapendo che da li a poco passeranno la notte ammassati in un insalubre scantinato ? Sindaco Marino, è assolutamente urgente che le istituzioni assicurino ai migranti in arrivo standard alloggiativi ed igienico-sanitari dignitosi dal momento  che è la stessa mancata predisposizione di adeguate misure di accoglienza a poter provocare problemi di salute individuali e collettivi.

Perché, signor Sindaco, a Roma non è possibile approntare misure di accoglienza decenti a persone che, ricordiamo, non scelgono di andar via, ma fuggono dai loro paesi a causa di violenze, guerre e persecuzioni ? Eppure sappiamo che in altre città italiane, per esempio a Milano, sono state efficacemente allestite strutture di accoglienza e di transito per gli stessi scopi già dallo scorso anno. Perché è sempre necessario aspettare che si verifichi qualche tragedia evitabile ? Perche non agire prima, con un adeguata programmazione, ma sempre dopo ? Perché delegare  alla buona volontà dei singoli, delle associazioni o della chiesa qualsiasi iniziativa umanitaria ? Ci rivolgiamo a lei, Sindaco Marino, affinché le istituzioni reagiscano subito a questa grave questione umanitaria che coinvolge la nostra città. Siamo consapevoli della complessità dell’attuale fenomeno migratorio che fuori da ogni retorica possiamo definire epocale e che  chiama in causa l’Italia e l’intera Europa ma riteniamo inaccettabile che, ad ogni livello, le istituzioni attuino ancora una volta la politica dello struzzo, temporeggiando nel prendere decisioni coraggiose nella speranza che in qualche modo il problema si risolva da solo. Riteniamo che una grande città come Roma debba essere all’altezza della sua storia di convivenza civile, approntando misure di supporto adeguate per l’umanità ferita costretta oggi a nascondersi negli anfratti delle sue periferie. Crediamo che  il rispetto della dignità che dobbiamo, non solo agli altri,  ma anche a noi stessi come cittadini, ci imponga l’immediata creazione di isole di accoglienza e di solidarietà per i migranti forzati che già sono qui o che  giungeranno a Roma nei prossimi giorni e settimane. La società civile, per quel che può, ci sta provando. E le istituzioni ?

POST SCRIPTUM: perché, Sindaco Marino, procedere a degli sgomberi forzosi, come ieri a Ponte Mammolo, che in assenza di reali alternative per i profughi contribuiscono solo a spostare e a parcellizzare il problema umanitario ? Ci lasci dire che ieri le ruspe a Ponte Mammolo hanno demolito prima di tutto i diritti e la dignità delle persone.

Saluti cordiali,

Alberto Barbieri
Coordinatore generale
Medici per i Diritti Umani
 

Ufficio stampa MEDU

Medici per i Diritti Umani (MEDU), organizzazione umanitaria indipendente, dal 2006 fornisce a Roma assistenza e orientamento socio-sanitario ai rifugiati in condizioni di precarietà nell’ambito del progetto Un camper per i diritti.

 

--  La salute è un diritto di tutti. Medici per i Diritti Umani onlus www.mediciperidirittiumani.org
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