Il 6 e 7 giugno si svolgerà a Roma l’assemblea per avviare il percorso della coalizione sociale proposto attraverso un documento dalla Fiom e da associazioni e movimenti.
6 e 7 giugno a Roma per la Coalizione Sociale
20 maggio, 2015
Linda Santilli
Il 6 e 7 giugno si svolgerà a Roma l’assemblea per avviare il percorso della coalizione sociale proposto attraverso un documento dalla Fiom e da associazioni e movimenti, percorso in cui come Sinistra Lavoro ci siamo messi a disposizione sin dal primo momento.
Sarà una due giorni di confronto, organizzata per gruppi di lavoroesu alcuni temi centrali (lavoro/non lavoro, beni comuni/territorio, cultura/saperi/istruzione, economia/ambiente, etc.)
Chi parteciperà, rappresentando vertenze territoriali, lotte, esperienze organizzate di resistenza alla crisi, e anche chi parteciperà come soggetto singolo interessato, traccerà la mappa iniziale per l’avvio del lungo cammino da costruire a partire dai territori. Cammino aperto. Non si aderisce ma si mette in comune qualcosa, con l’obiettivo di riconnettere, almeno provare a farlo, il tessuto sociale che la crisi ha frammentato in mille rivoli ed in mille solitudini, sapendo che la disgregazione è stato il terreno fertile su cui ha potuto imporsi l’attuale modello padronale e autoritario che agisce su tutti i livelli, politico, economico, sociale, culturale. Se non si supera questa frammentazione e non si crea un nuovo collante solidale, un nuovo senso comune, nessuna politica di cambiamento sarà possibile. Il 900 non c’è più, indietro non si torna, si tratta di ripartire dalla vita delle persone, dai legami sociali per costruire una cultura, un sistema di valori, una visione del mondo, una prospettiva, perché se manca quella non si uscirà dall’immobilismo e dall’impotenza.
Dunque la coalizione sociale, o come la si vorrà chiamare, è la precondizione alla politica del cambiamento. Oggi non esiste, va costruita dal basso, con urgenza ma con lentezza. Non a colpi di grandi eventi, di annunci scintillanti che durano il tempo di un week end, né a cascata dall’alto verso il basso. Insomma non come abbiamo fatto negli ultimi anni, ma seguendo altri tempi, ed un altro stile possibilmente non spettacolare.
Qui stiamo dunque parlando di un’altra storia.
La rottura dello schema
L’assemblea di giugno sarà il primo appuntamento pubblico dopo settimane di riunioni di preparazione in cui, nonostante il “basso profilo” che Landini ha provato in tutti i modi a mantenere perché non si creasse lo scoop tritatutto e deformante tipico della stampa nostrana, e nonostante il suo rivendicare l’”elogio alla lentezza”, la notizia è rimbalzata come un tuono dai quotidiani alla rete alle televisioni stravolgendo il senso dell’iniziativa, al punto che i promotori si sono trovati obbligati a rilasciare interviste su interviste per spiegare ciò che la coalizione sociale non vuole essere, non deve essere, non sarà mai.
Soffermarsi sulle difficoltà di comprensione di molti rispetto al progetto che si sta provando a mettere in campo può aiutarci ad illuminare meglio la scena, sia quella relativa al contesto, sia quella relativa al progetto che si propone.
“Non abbiamo in testa di fare un partito. Vogliamo fare un’altra cosa. Stiamo parlando di altro” ha dichiarato in tutte le salse Landini. Ma come in un dialogo tra sordi, sono piovuti da una parte sondaggi elettorali che danno la ”lista coalizione sociale” a cifre consistenti, dall’altra dichiarazioni di dirigenti politici, oltre che sociologi ed esperti vari, proiettati – la maggioranza di loro – dentro un altro film, il solito film girato da chi ha in testa lo stesso copione visto e rivisto nei ruoli e nei linguaggi e non sa discostarsi da quello. Questo gap di comprensione mostra le dimensioni in cui il contesto politico e culturale della sinistra del nostro paese sia precipitato, e al tempo stesso la portata innovativa contenuta nel progetto proposto dalla Fiom, sola forza organizzata che non ha perso di autorevolezza ed è capace di spiazzare proponendo uno schema diverso, un impostazione diversa, una vera e propria rottura rispetto al passato sulla strada da percorrere. Rottura talmente grande che “non si capisce che cosa è”, appunto.
Perché non si capisce
Landini parte dalla vita delle persone. Perché non si capisce? Forse perché la politica a cui siamo assuefatti è a senso unico, ha a che fare solo con le elezioni e con il teatrino televisivo, stritolata dalle dinamiche istituzionali, rinsecchita e scarnificata perché distante oramai anni luce dai problemi che affliggono le persone. E’ la politica senza più connessioni con la realtà, ridotta a piccole strategie di autoconservazione, a tatticismi esasperati e soluzioni organizzative che inibiscono il confronto, a sopravvivenza di ceti politici, i gruppi dirigenti cosiddetti che non dirigono più nessuno, da anni alle prese con grandi annunci e piccole operazioni di ingegneria politica che purtroppo non hanno prodotto nulla, se non la gigantografia di una crisi oramai irreversibile che attraversa tutte le residue organizzazioni di quel campo.
Invece di far saltare il tavolo perché scorra nuova linfa e cogliere quindi un imput da ciò che indica Landini – che pone sul piatto anche il problema cruciale della rappresentanza, del chi rappresenta chi- in molti sembrano rassicurarsi dietro uno schema vecchio che la realtà dei fatti si è incaricata di scardinare: da una parte c’è chi si occuperà del sociale e dei conflitti, dall’altra ci sono i professionisti della politica che continueranno ad incaricarsi della rappresentanza. Ebbene la proposta di lavoro per una coalizione sociale fa saltare esattamente questo schema (la divisione tra politico e sociale), oltre ad offrire, per le premesse da cui vuol prendere il via, spunti di riflessione preziosi a chi sta provando con tutte le forze, sul terreno accidentato e screditato della politica tradizionale, a muovere passi per uscire dal pantano. Ma per cogliere questi spunti e farne tesoro è necessario abbandonare dispositivi mentali e pratiche che impediscono di capire ciò che non si può più fare. E per capire bisogna rompere lo schema. Lo ha fatto la Fiom, dovrebbero farlo tutti.
Ciò non significa non valutare positivamente tutti i processi unitari e ricompositivi che si muovono a sinistra del Pd. Le liste unitarie presenti in diverse regioni che andranno al voto il 30 maggio sono un passo avanti. Così come il distacco di pezzi di sinistra Pd sono un fatto rilevante. Si tratta di valorizzare tutto questo ma, contemporaneamente, evitare errori già visti in passato con L’Arcobaleno, la F.d.s., Rivoluzione Civile, Altra Europa…. Tutte queste esperienze ci dicono che il processo ricompositivo, se non è accompagnato da un percorso che riconnetta la sinistra con i ceti che dovrebbe rappresentare, è destinato a fallire. Da questo punto di vista il progetto della coalizione sociale si può rivelare molto utile.
http://www.claudiograssi.org/wordpress/2015/05/6-e-7-giugno-a-roma-per-la-coalizione-sociale/