“Le elezioni regionali sono state un indicatore importante della situazione politica e sociale italiana, da cui trarre conclusioni per individuare i prossimi passaggi”.
A che punto siamo?
Le elezioni regionali sono state un indicatore importante della situazione politica e sociale italiana, da cui trarre conclusioni per individuare i prossimi passaggi.
Il primo dato è quello dell’astensionismo, che ha di fatto raggiunto la media del 50% e in alcuni casi ha anche superato questa percentuale. La tendenza non solo si consolida, ma va oltre ogni previsione. Come si fa a cantare vittoria in questa situazione in cui vota una persona su due? Ovviamente il regime mediatico che si è instaurato, pur non potendo negare l’evidenza, concentra la sua attenzione sui voti espressi, ma questi rappresentano minoranze e non maggioranze.
Per quanto ci riguarda, invece, l’esaltazione del non voto e l’uso antisistema che ne dobbiamo fare servono ad approfondire il fossato tra queste istituzioni marce e le esigenze popolari che confliggono con esse. Non votare è una forma concreta e avanzata di opposizione, che demolisce le apparenze democratiche del nuovo regime espresso dai sistemi maggioritari e ne prepara l’affossamento. Sappiamo che i regimi non cadono da soli come pere cotte, ma l’astensionismo è una importante premessa oggettiva. Il “voto utile” è ormai un gioco scoperto e il codismo elettoralistico di “opposizione” è un’arma spuntata.
Ma queste elezioni regionali non hanno evidenziato solamente l’astensionismo come fattore dirompente. Anche il grillismo, nella sua carica antisistema, nel senso concreto in cui si esprime contro questo regime e non ovviamente come espressione di obiettivi rivoluzionari, è diventato l’incubo della nuova santa alleanza che sostiene il renzismo.
Questa santa alleanza, pur partendo con un sostegno forte delle forze che contano a livello economico, finanziario, industriale e mediatico, con queste elezioni ha dimostrato che invece di un cavallo vincente si è puntato su un caudillo da operetta.
La crisi quindi, tenuto conto dei due fattori sopraindicati, non potrà che approfondirsi.
Per bloccarla sono già a lavoro i pontieri, quelli interni e quelli esterni al PD, che anelano a ritornare alla concertazione democratica, sia modificndo i rapporti di forza interni a questo partito, sia creando un nuovo soggetto elettorale come sfogatoio di sinistra. A questo si potrebbe ritornare dopo la definitiva uscita di scena di quell’insopportabile figura cialtronesca di Matteo Renzi. Ma le incognite sono molte, a partire dalla politica UE, dalla crisi che nonostante le chiacchiere morde sempre, dal quadro di instabilità internazionale, e quindi un nuovo equilibrio di sistema è difficile da raggiungere.
Purtroppo all’orizzonte, se si esclude il landinismo che certo non è la soluzione, non si intravedono prospettive positive. Anzi, a sinistra e sul terreno di classe la confusione e la debolezza la fanno da padroni.
In questo contesto occorre tener d’occhio ciò che sta accadendo a destra, in particolare con l’operazione Salvini. La domanda è: come mai a livello mediatico si è dato tanto spazio al leader leghista? La risposta potrebbe essere che, nel quadro dell’avanzata astensionista e del pericolo grillino, qualcuno dietro le quinte ha voluto mettere in pista una sorta di Isis casareccia per scompigliare i giochi.
Aginform
5 giugno 2015