“Un ciclo è finito”

“Al di là dei dati più evidenti e della tabellina giornalistica del “chi vince e chi perde”, è possibile cercare di dedurre da questo voto alcune tendenze di fondo e qualche indicazione di percorso?”

Un ciclo è finito

Claudio Grassi e Armando Petrini

bandiera-rossa1

 

Al di là dei dati più evidenti e della tabellina giornalistica del “chi vince e chi perde”, è possibile cercare di dedurre da questo voto alcune tendenze di fondo e qualche indicazione di percorso? Quali proposte politiche stanno prendendo forma nel nostro paese, e con quale consenso elettorale? E a sinistra cosa sta succedendo?

La prima riflessione va fatta sul Partito Democratico e sul suo progetto, fortemente voluto e incarnato da Matteo Renzi. Il voto evidenzia una difficoltà delle ambizioni politiche del premier, il quale non solo perde molti voti (circa due milioni) ma anche, fra le altre cose, il governo di una regione significativa, e a suo modo emblematica, come la Liguria. Proprio qui, dove il disegno spregiudicato di Renzi aveva trovato una sua applicazione evidente, i conti non tornano. Per liberarsi della sinistra (anche interna), Renzi apre alla destra, sia dal punto di vista del merito della proposta politica che da quello del rapporto con i gruppi dirigenti. Ma il vigore della Lega, nonché il buon risultato del M5S e della candidatura di Pastorino lo puniscono, ed è proprio il braccio destro di Berlusconi – una sorta di beffa per Renzi- a diventare il nuovo governatore ligure. Non è ancora la sconfitta del progetto politico renziano ma è certo un campanello d’allarme. Non è ancora la sconfitta perché crediamo che Renzi avesse messo in conto precisamente il configurarsi di questo quadro, e cioè di una destra fortemente egemonizzata da Salvini, un M5S significativo ma isolato, una sinistra in difficoltà e un Partito Democratico della Nazione nel mezzo, unico interlocutore credibile per il Governo del paese. Ma, come si vede, si tratta di un quadro pieno di insidie. E’ sufficiente qualche intoppo (come per esempio un calo di popolarità del leader e le dinamiche di un voto locale) a metterlo in discussione.

E a sinistra, cosa accade? Il quadro pre-elettorale era per certi versi favorevole all’affermazione di un consenso a sinistra. Negli ultimi mesi Renzi aveva gettato la maschera, mostrando il suo vero volto di leader sempre più spostato a destra (il “jobs act”, la “buona scuola”), aprendo teoricamente praterie alla sua sinistra. Per di più, in diversi casi gli elettori potevano finalmente trovare sulla scheda liste unitarie di sinistra, sufficientemente aperte e spesso non prive di autorevolezza. Ebbene, alla prova dei fatti il consenso registrato da questi schieramenti si è rivelato al di sotto delle aspettative, e comunque inferiore alle necessità. Intendiamoci, in alcuni casi si può registrare la capacità di organizzare una resistenza, per così dire. Come accade in Liguria, in Toscana o in Puglia, dove le percentuali oscillano fra il 6 e il 9%: un voto di tenuta. Non è poco, si può pensare, in tempi così duri e tristi dal punto di vista politico e anche morale. Ma allo stesso tempo non possiamo nasconderci che avremmo bisogno di ben altro e che dunque dovremmo metterci a lavorare da subito per organizzare e far crescere ben altro. I dati elettorali più precisi e le prime analisi dei flussi mostrano infatti alcune circostanze che è bene guardare negli occhi e non eludere, anche perché non si tratta di fenomeni che emergono oggi ex novo ma della conferma di processi in atto ormai da tempo. Si tratta in sintesi di questo: la disaffezione degli elettori del Partito Democratico (e più in generale degli elettori potenzialmente di sinistra), man mano che questo partito scivola verso destra, non viene intercettata, se non in minima parte, dalle proposte politiche schierate più a sinistra, ma va altrove. La proiezione su scala nazionale dei risultati nelle sette regioni in cui si è andati al voto colloca la sinistra nel suo insieme al di sotto del 4%! Questa tornata elettorale conferma insomma ciò che si era già verificato alle elezioni di qualche mese prima in Emilia Romagna: gli elettori stanchi e delusi dalle scelte del PD nella maggior parte dei casi non votano più, e in una percentuale non trascurabile votano il M5S.  Il che, tradotto in politica, e al di là di ogni ragionamento di tatticismo elettorale, significa che chi non si riconosce più in una proposta politica di centro-sinistra finisce per aderire a una prospettiva che potremmo intendere come “anti-sistema”: il non voto, per un verso, e per un altro il sostegno a una forza “né di destra né di sinistra”, con molte ambiguità programmatiche, come il movimento di Grillo. Sul M5S bisognerà fare un ragionamento a parte e ci torneremo in seguito poiché riteniamo abbia molto a che fare con le difficoltà che vive la sinistra. Intanto ci preme dire che, pur perdendo complessivamente ottocentomila voti, il M5S ha raggiunto un risultato significativo poiché lo ha ottenuto in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale e in elezioni di carattere locale, cioè il terreno per loro più difficile. Ma il punto per noi decisivo è che gli elettori delusi dalle politiche del Pd continuano a non trovare un progetto convincente e un punto di riferimento autorevole a sinistra. E’ la nuova, preoccupante, versione di un “sistema bloccato”.

Non è facile capire i motivi per cui ciò accade e ancor meno facile è proporre delle soluzioni. Alcune considerazioni però ci sentiamo di avanzarle. Ciò che sembra ancora mancare in Italia è una proposta politica di sinistra all’altezza della sfida, ampia, popolare, unitaria e nuova (nel senso di capace di rompere la cristallizzazione in cui la sinistra è piombata). Infatti, al di là degli elettori più politicizzati o più sensibili alla politica, nessun cittadino italiano oggi potrebbe dire che esista davvero una forza di sinistra riconoscibile con la quale misurarsi, per decidere se seguirla o meno, se votarla o meno. In campo ci sono il Partito Democratico, la Lega, il Movimento 5 Stelle, in larga misura ancora Forza Italia, ma non c’è una forza di sinistra con un nome, un profilo, un gruppo dirigente, una proposta politica. Basti dire che in questa tornata elettorale a fronte di un’omogenea e diffusa presenza delle forze politiche appena nominate non si poteva registrare la presenza altrettanto diffusa e omogenea di una forza di sinistra: in ogni regione liste con propri nomi e con proprie alchimie. Non sembrano esserci molte alternative: le forze politiche di sinistra e i loro gruppi dirigenti, ormai avvitati su se stessi e incapaci di autoriformarsi, devono avere il coraggio di aprire a nuovi gruppi dirigenti e soprattutto a diverse capacità e modalità organizzative. Ciò che resta della sinistra nel nostro paese appare oggi come un corpo ferito che si arrovella su se stesso, non più in grado di parlare davvero quasi a nessuno. Un ciclo si è definitivamente chiuso, e le forze che hanno caratterizzato il campo della sinistra, anche con generosità e in momenti importanti, sono alla conclusione del loro percorso. Ma perché rinasca qualcosa non basterà cambiare  nomi o volti. Sarà altrettanto importante dotarsi di un nuovo progetto di società e trovare nuove modalità politico-organizzative e soprattutto partire dalla ricostruzione del blocco sociale senza il quale non si costruisce nessun soggetto politico della sinistra e del lavoro; anche di questo ci parlano le strade imboccate da altre esperienze europee come Syriza o Podemos. Per queste ragioni guardiamo con grande interesse – e vi partecipiamo come promotori – al progetto di Coalizione Sociale, perché si pone l’obiettivo di ritessere relazioni e contenuti di un blocco sociale frammentato da 30 anni di egemonia neoliberista. Ciò non significa essere disinteressati ai processi ricompositivi a sinistra, anzi! Non solo li auspichiamo ma vi lavoriamo perché si realizzino, sapendo – però – che senza nuova linfa il rischio è ripetere le esperienze fallimentari di questi anni: dall’Arcobaleno fino a Rivoluzione Civile passando per la Fds. Prima se ne prende atto, con tutte le conseguenze del caso, prima si potrà finalmente ripartire.

 http://www.claudiograssi.org/wordpress/2015/06/un-ciclo-e-finito/

Sharing - Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *