“Ridurre il tempo del lavoro”

Abbiamo assistito ovunque a infinite campagne che promuovono il “lavoro” come un qualcosa a cui dobbiamo sempre essere a favore. Diversi testi e movimenti finalmente mettono in discussione quel dogma.

 

 

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Satelliti, meteore e mosaici [Luigi e Stefania]

Ciao a tutti e tre e ai mille satelliti di energie positive che ruotano intorno alle vostre meteore lanciate nei laghi della cittadinanza universale… Se manca quel che manca sarà solo attraverso linguaggi di condivisione e partecipoazione come il vostro che si potrà contribuire a costruire il mosaico della salvezza dall’idiozia contemporanea. Ci stiamo anche noi. Un abbraccio da Ischia

INIZIAMO A PARLARE ORA DI RIDUZIONE DEL LAVORO
Abbiamo assistito ovunque a infinite campagne che promuovono il “lavoro” come un qualcosa a cui dobbiamo sempre essere a favore. Diversi testi e movimenti finalmente mettono in discussione quel dogma. Di sicuro il lavoro umano è sempre stato e resta il tallone d’Achille del capitalismo. Il mercato dipende da noi, dal nostro fare quotidiano: per questo non possiamo cercare l’incremento dell’automazione e delle realtà artificiali ma piuttosto un generale rallentamento. “Dovremmo costruire un mondo in cui possiamo ripartire da una nostra inerzia… – scrive Chris Carlsson – Come possiamo bilanciare la tecnologia e l’attivit&agr ave; umana in una danza che riduca il lavoro il più possibile, mentre innalziamo la qualità di vita di coloro che lavorano, coloro che vivono le conseguenze sociali ed ecologiche di quel processo lavorativo e il circostante mondo naturale?… Talvolta sembra che tali interrogativi siano risolvibili e già a portata di mano. In altri momenti sembrano così assurdi e utopistici che perdiamo la speranza. Ma la disperazione probabilmente è una sana risposta alla cupa realtà. Nonostante tutto ogni giorno ci sono bellezza e creatività intorno a noi. Immaginiamoci di intraprendere un processo di reinvenzione della nostra vita basata su queste capacità e realtà, piuttosto che farci costringere dalle claustrofobiche possibilità che ci presenta questo mondo violento…”
CHRIS CARLSSON

COMUNITÀ URBANE POPOLARI
Non è facile costruire spazi al di fuori della logica del mercato e di quella dello Stato in Brasile, però il Movimento delle Comunità Popolari lo fa, in luoghi e con forme diverse, da parecchi anni. Non vogliamo essere un’organizzazione ma un fermento, dice Gelson, che è nella comunità Chico Mendes, nel nord del municipio di Rio de Janeiro, perché ripetere vecchi percorsi non serve. Così lì hanno inventato asili e luoghi dove i bambini possono fare sport, poi fanno gruppi d’acquisto e prodotti ecologici per la pulizia, gestiscono negozi alimentari e un gruppo d’investimento che presta fondi per ristrutturare le case e generare redditi familiari e collettivi. Non viene accumulato capitale e i soldi che circolano restano sotto il controllo comunitario in quanto la funzione del denaro è quella di valore d’uso. Il Movimento delle Comunità conta trenta gruppi di investimento che assieme gestiscono milioni di real, difende la sua indipendenza dai partiti e lavora per costruire autonomia politica ed economica. In tempi tanto difficili, è un’iniezione di speranza, scrive Raúl Zibechi

FAMIGLIA CRISTIANA, MISTIFICAZIONI E MENZOGNE
«Dobbiamo abbattere quella che chiamerei l’ideologia cattolica». «La difesa della famiglia cristiana nasconde la volontà di conservare un certo tipo di società e un certo tipo di sistema di rapporti». «Non esiste la “famiglia cristiana”, essa è un falso valore», «Il Vangelo non dà nessun esempio di famiglia precisa. La sacra famiglia è un’invenzione posteriore, perché la famiglia di Nazareth non è un modello di famiglia», «La parola del Vangelo non si presta a diventare – guai del se lo facessimo – un fondamento per nuovi ordinamenti giuridici». A scriverlo non è un gruppo di ant ieclericali ma Ernesto Balducci, scrittore, pensatore e sacerdote, ai tempi del referendum sul divorzio. In questa splendida lezione di storia e libertà, Balducci spiega come «la famiglia cristiana, se noi la conserviamo come prodotto storico ereditario, nasconde invece in sé particolari pregiudizi, difformazioni, rapporti sociali legati allo sfruttamento che sono tutti da rifiutare», alludendo in particolare alla subordinazione della donna. Insomma, la famiglia resta una creazione continua, per questo occorre mettere in discussione prima di tutto il concetto del diritto naturale, «con cui si sono voluti rendere eterni e immutabili alcuni rapporti sociali». Buon fine settimana
ERNESTO BALDUCCI

LA STAGIONE DELL’ARCOBALENO
Hanno chiesto ad alcuni bambini e bambine di disegnare le loro famiglie e i disegni sono stati in un secondo momento mostrati ad alcune persone incontrate casualmente per strada, alle quali è stato chiesto di commentarli. I bambini e le bambine provengono dalle più diverse tipologie di famiglie e le hanno disegnate: il risultato in questo video

VIOLENZA E IPOCRISIA. DA DUBLINO A COLONIA
L’aborto in Irlanda è illegale. Anche in caso di stupro, anche se il bambino o la bambina sono in condizioni gravi e si sa che non sopravviveranno alla nascita, perfino se le mamme sono a rischio di suicidio. Le donne non hanno voce in capitolo. La Costituzione afferma che il feto e la madre hanno esattamente lo stesso diritto alla vita. Famoso e agghiacciante il caso di una giovane richiedente asilo a cui non solo non è stato permesso di abortire, ma è stata costretta a rimanere sul suolo irlandese e a partorire un bambino frutto di violenza. Chi è più fortunato e ha libertà di movimento, può andare in un alt ro paese. Dodici donne al giorno sono costrette a farlo per poter terminare la loro gravidanza. Diego Repetto ha scritto un breve racconto ispirato alla campagna delle donne irlandesi e alle polemiche razziste dopo le violenze di Colonia
DIEGO REPETTO

QUINDICI GIORNI DI FELICITÀ
“23 DICEMBRE 2015 Esco.Trattengo il respiro. Muovo la testa da tutte le parti. Il cielo mi sembra enorme. Non ho nessun muro davanti…”, comincia così il diario di Carmelo, ergastolano a cui il magistrato di sorveglianza ha concesso per la prima volta, dopo venticinque anni di carcere, quindici giorni di permesso.
“25 DICEMBRE Sono uscito di casa con i miei nipotini. Sono stato ai giardini pubblici. E sulla passeggiata al mare. I bambini assomigliano ai filosofi perché ti fanno di continuo tante domande. E i miei nipotini vedendomi fare cose strane mi hanno chiesto perché abbracciavo gli alberi, toccavo l’erba e annusavo l’odore del mare. Gli ho risposto che nel luogo dove sono stato per tanti anni non c’erano gli alberi, non c’era il mare e mi sono mancati tanto…”
“1 GENNAIO 2016 Oggi è il primo giorno dell’anno e ho iniziato l’anno con il sorriso sulle labbra.Erano venticinque anni che non mi capitava più. Ho giurato a me stesso che continuerò a lottare contro l’esistenza in Italia della “Pena di Morte Viva” per me e i miei compagni…”
“4 GENNAIO Questa sera ho raccontato un po’ di fiabe al mio nipotino Michael di sette anni, fiabe che non ho mai potuto raccontare ai miei figli…” SEGUE QUI

62
Quando il movimento Occupy Wall Street lanciò lo slogan «siamo il 99 per cento» probabilmente non immaginava che solamente pochi anni dopo quel 99 per cento sarebbe realmente stato la parte più povera del pianeta. Eppure oggi l’1 per cento più ricco della popolazione ha un patrimonio superiore a quello del rimanente 99 per cento. Sono alcuni dati contenuti nell’ultimo rapporto di Oxfam sulle diseguaglianze, presentato in vista del Forum di Davos dei prossimi giorni. Sempre secondo il rapporto An economy for the 1 per cento, non solo le diseguaglianze stanno aumentando, ma stanno addirittura accelerando. Nel 2010 bisognava prendere i 388 miliardari più ricchi per arrivare al patrimonio della metà più povera del pian eta. Nel 2014 bastava fermarsi all’ottantesimo. Oggi sono 62. Sessantadue persone sono più ricche di 3,6 miliardi di esseri umani. Sessantadue persone che in cinque anni hanno visto la propria ricchezza crescere del 44 per cento…
ANDREA BARANES

UN GRAN BAZAR DELLA COLLABORAZIONE
La due giorni di codesign del CrCr (Coordinamento delle realtà collaborative di Roma) ha messo insieme oltre cinquanta realtà impegnate in processi di collaborazione per progettare una città diversa e inclusiva. Cooperazione, libero accesso, economia circolare, sostenibilità ambientale…
STEFANO SIMONCINI

DERBY AI FORI
E se il nuovo stadio della Roma nascesse sull’area dei Fori Imperiali? E se ai pedoni venisse finalmente proibito di circolare nella città? Allucinazioni? Roma: correva l’anno 2030… Un racconto
ENZO SCANDURRA

LE FRAGOLE DI GAZA E I “NOSTRI” SOLDATI
È uno strano luogo la Palestina: un centinaio di soldati palestinesi fanno la guardia ad Abu Mazen venuto a presenziare il Natale armeno e, qualche chilometro più in là, i soldati dell’esercito israeliano fanno quel che vogliono del loro popolo. Il racconto amaro di una visita culturale resa impossibile a Betlemme, dove però si possono cercare le squisite fragole di Gaza, che offre lo spunto per un moto d’indignazione e alcune considerazioni. Serve a qualcosa uno schieramento che protegge il presidente e non può proteggere il popolo? Un paradosso che deriva da uno dei frutti avvelenati di quegli accordi di Oslo cari ai sostenitori di una “pace” tanto ingiusta quanto regolarmente calpestata dalle forze di occupazione
PATRIZIA CECCONI

NON SERVONO PSICOLOGI, PROGETTI O LEGGI
«Abbiamo bisogno di maestri e professori che ascoltano, che si affiancano a questi ragazzi, che non usano il verbo “bocciare” – scrive Alex Corlazzoli – Abbiamo la necessità di tornare a fare educazione civica, alla cittadinanza, non di scrivere il decalogo del comportamento: “Si alza la mano per parlare”; “Si portano a scuola i quaderni”; “Ci si ascolta”. I ragazzi ci chiedono solo una cosa: ascolto. Dobbiamo imparare a parlare un po’ meno per raccogliere le loro storie. Quelle dette e non dette. La ragazza di Pordenone ha diritto alla felicità allo stesso modo di quei ragazzi che hanno bisogno di capire quello che hanno fatto. Non sono “bulli”, sono ragazzi. .. No, non servono psicologi, nemmeno progetti. Tantomeno una legge…»
ALEX CORLAZZOLI

MI SENTO COINVOLTO
«Ogni giorno passo tantissimo tempo a osservare le mie bambine e i miei bambini. Quando lavorano, ma soprattutto quando giocano durante gli intervalli. Perché soprattutto in questi momenti – scrive Paolo Limonta, maestro – puoi osservare le dinamiche relazionali… Ti accorgi di chi si aggrega, di chi viene escluso, di chi si isola… E tu, maestra o maestro un po’ così, intervieni, ascolti, parli, giochi, organizzi, rifletti e fai riflettere. E, soprattutto, non lasci passare nulla, ma proprio nulla, che abbia anche il pur minimo sapore della prevaricazione… Perché, se una ragazzina di dodici anni decide di buttarsi dal balcone e in una lettera ai suoi compagni di classe scrive “adesso sarete content i” anche io mi sento coinvolto. Come educatore, come genitore, come persona…»
PAOLO LIMONTA

LA CATENA DI MONTAGGIO DELL’ISTRUZIONE
Vogliono imbrigliare quel che resta della libertà di sperimentazione e d’insegnamento. La catena di montaggio dell’istruzione contemporanea ritma i tempi di bambini e bambine come fossero operai degli anni Cinquanta-Sessanta. Le ormai mitiche verifiche di intere scuole primarie, quelle che dovrebbero testare i livelli delle competenze, sono quanto di peggio si possa immaginare, “condizionano percorsi, stati d’animo, creatività, deviazioni dalla programmazione. Sono estremamente limitative della libertà d’insegnamento – spiega la maestra Elettra -, ma quel che è peggio, di apprendimento dei singoli bambini… Le verifiche con contenuti imposti, a scadenza temporale imposta sono la di sdetta della pedagogia della lentezza, dell’ascolto, della didattica, delle metodologie rispettose della crescita di ognuno e di tutti…”
ELETTRA WAVE

FINOCCHIO, OVVERO L’OMOSESSUALITÀ COME INSULTO
“Epitetare un avversario dandogli del frocio e del finocchio, usando la categoria di omosessualità come insulto e offesa, è inaccettabile e indifendibile. Esattamente come usare i termini ebreo, negro, zingaro, handicappato, terrone per ferire e offendere le persone. Punto… Non siamo sempre in un set con Boldi e De Sica – scrive Matteo Saudino, docente di storia e filosofia a Torino – La discriminazione, la violenza, il razzismo e l’omofobia vanno estirpate culturalmente a partire dal nostro linguaggio quotidiano…”
P. L.

 

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