“Atti criminali”

“Lo spirito del Migration Compact, la proposta del governo Renzi all’Ue, è lo stesso dell’accordo fatto dall’Europa con la Turchia. Si tratta di deportare migliaia di migranti e profughi e di pagare gli Stati africani per il lavoro sporco”.



NEWSLETTER DI COMUNE
 

CARI AMICI E AMICHE DI COMUNE,
QUESTA SETTIMANA CI SONO DUE APPUNTAMENTI A ROMA MOLTO IMPORTANTI PER NOI:
MARTEDÌ 10, RIUNIONE DI REDAZIONE APERTA
DOMENICA 15, TAVERNA COMUNALE ALL’EX LAVANDERIA

FARE IN COMUNE (MASSIMO DE ANGELIS) 
“Fare comune è fare in comune, e questo è l’unico modo di costruire una forza sociale abbastanza potente da cambiare il mondo e il modo di riprodurre le nostre vite e la nostra terra. La vostra/nostra rivista-web si fonda su questa grande, grandissima intuizione, mettendo insieme lezioni di vita, di tecnologie, di pratiche e convivialità e di pensiero. Io spero solo che questa intuizione, ormai condivisa da molti movimenti in giro per il mondo, possa dar vita a ecologie di forme sociali e istituzioni governate dal basso sempre più estese e sicure di se, capaci di ridurre sempre più la nostra dipendenza dalla finanza e dalle merci governate dai potenti. Omnia sunt communia”

FACCIAMO COMUNE INSIEME

ATTI CRIMINALI
Lo spirito del Migration Compact, la proposta del governo Renzi all’Ue, è lo stesso dell’accordo fatto dall’Europa con la Turchia. Si tratta di deportare migliaia di migranti e profughi e di pagare gli Stati africani per il lavoro sporco. Secondo Alex Zanotelli sono accordi abominevoli, atti criminali. “Dopo lo scellerato accordo Ue-Turchia, ora passerà l’accordo capestro con i paesi africani, l’Europa diventerà sempre più una fortezza protetta dal filo spinato…”
ALEX ZANOTELLI

TTIPI RIBELLI
Sabato 7 maggio un corteo colorato e ribelle, con quaranta mila persone, ha attraversato le strade di Roma: la campagna ‪‎Stop Ttip‬ non si ferma, l’obiettivo resta fermare l’approvazione del Trattato di Partenariato Transatlantico su commercio e Investimenti (TTIP) voluto da multinazionali, Usa e Ue. Una galleria fotografica
R. C.

NEOLIBERISMO, RIPRODUZIONE E COMUNITÀ
Sono milioni le persone, soprattutto donne, che non vedono alcuna possibilità che lo Stato possa rispondere in modo dignitoso alle loro aspettative. La sola possibilità di riproduzione e di costruzione del futuro diventa il lavoro collettivo. Silvia Federici la chiama organizzazione collettiva della riproduzione e ne disegna qua e là alcuni tratti in questa lunga e appassionata conversazione. Una gimcana a perdifiato tra le domande chiave per l’elaborazione politica femminista postcoloniale e l’apertura dei concetti essenziali del “fare comunità», vale a dire del ricreare un tessuto di relazioni di reciprocità che investano la materialità delle vite e le condizion i comuni di sussistenza e di benessere. Sullo sfondo, in campo lungo, il paesaggio riproduttivo, lo spazio rimosso dall’economia politica moderna e dalla critica marxista, abitato da corpi di donne che garantiscono le condizioni affettive, materiali e di cura di ogni comunità. L’inquadratura sulle crisi nel vivere il nostro tempo è profonda e di una lucidità impressionante
GEA PICCARDI

L’INUTILITÀ DELLE ROSE
L’ipocrisia delle feste, dei giorni dedicati. Due si rincorrono una dopo l’altra, la madre e l’Europa, l’8 e il 9 maggio. Intanto, un filo di ferro arrugginito ci separa dall’ordinaria disperazione delle madri di Idomeni, la Dachau dei nostri giorni, dove finisce l’Europa, dove l’Europa è finita. «Questa Europa ha perso la sua carta d’identità, incapace di cogliere il vasto senso che viene al di là del mare. Ed è un continente troppo vecchio che ha perso anche la memoria. Lungo la parte occidentale del più famoso dei muri, quello di Berlino c’era scritto: “Irgendwann fäll jede Mauer”, “Prima o poi ogni muro cade…”»
ROSARIA GASPARRO

DUE CONTINENTI, UNA STESSA LOTTA
La crisi europea degli ultimi anni ha portato una parte della popolazione (disoccupata, precaria e povera) a considerare progetti di vita diversi mentre continua a resistere al neoliberalismo. La cosa nuova è che in Europa e in America Latina le persone iniziano a percorrere strade comuni, per lo meno sotto tre aspetti: la territorializzazione delle resistenze, la formazione dei partecipanti e la creazione di mondi altri negli spazi riconquistati
RAÚL ZIBECHI

LA PEDAGOGIA DELLA MEMORIA
Settantanove anni dopo una sirena è tornata a suonare nel centro di Gernika-Lumo. È stata azionata da una donna siriana, che da due anni ha trovato rifugio nella cittadina basca. “Da noi non ci sono nemmeno le sirene”, ha detto con le lacrime agli occhi. Allora, sulla popolazione civile, gli arei inviati da Hitler e Mussolini sganciarono più di mille bombe incendiare. L’orrore fu immortalato da Pablo Picasso. Oggi sono l’ex-fabbrica di armi occupata Astra e il Museo della pace a coltivare la memoria con azioni, documentari e progetti straordinari che mettono in relazione gli anziani che all’epoca del bombardamento erano ragazzi o bambini e i bambini e i ragazzi di oggi
CARLO RIDOLFI

IMPERFETTI VINCENTI
Abbiamo bisogno di “una scuola libera, capace di creare e ricreare nell’assoluta libertà di insegnamento. Non è nelle gerarchie e nell’organizzazione di sistema che si fa comunità”, scrive Claudia Fanti, maestra. C’è bisogno di rompere i vincoli del perbenismo e del conformismo, la mania di dovere sempre essere bravi e perfetti, la logica degli Invalsi e l’ossessione di voti, controlli e verifiche. La scuola non è un’azienda. È tempo di ascolto reciproco, di imparare insieme, e di farlo lentamente
CLAUDIA FANTI

NESSUNO DEVE SENTIRSI SOLO
«”Io che vago nel buio. In una foresta. Senza un’anima viva”. Così Roberto, un ragazzo di dodici anni, si esprimeva in una sua poesia – scrive Emilia De Rienzo, insegnante – Era l’espressione del suo smarrimento, dell’incapacità di comunicare la propria solitudine. Era un ragazzo molto aggressivo… Roberto non ti guardava negli occhi quando ti parlava… Chi è disposto a decifrare un linguaggio che non trova parole adatte ad esprimere tutto ciò che si prova? Chi è disposto a prenderli per mano e a camminar loro vicino?… Ho incontrato molti di questi ragazzi, troppi. La scuola può e deve far molto per loro. Noi possiamo e dobbiamo fare qualcosa per loro. Perché ogni adulto maturo deve occuparsi delle generazioni più giovani. Non è vero che di loro si possono occupare solo gli specialisti, è nella vita, nella quotidianità che devono trovare qualcuno che li prenda semplicemente per mano….»
EMILIA DE RIENZO

MOSTRATECI IL VIDEO DELLA FINE DI MARAM
Le guardie private israeliane al check point di Qalandiya hanno ucciso i suoi due figli senza motivo, poi è stata costruita la scena dell’aggressione all’arma bianca, necessaria alla versione più classica dell’attuale propaganda “antiterrorista”, quella dei coltelli. Saleh Abu Ismail lancia una sfida aperta perché sia reso pubblico subito il filmato delle telecamere di sorveglianza che mostra l’assassinio dei suoi due ragazzi. Lui è il padre di Maram, 23 anni, incinta e a sua volta madre di altre due bimbe, e di Ibrahim, 16 anni, l’altro figlio ucciso il 27 aprile, ha perso i suoi figli perché le forze di sicurezza israeliane sparano sui civili or mai quasi solo per uccidere. Anche Haaretz, il grande quotidiano israeliano più critico con il governo, quello dal quale su Comune avevamo ripreso la foto dei due lunghi, nuovissimi coltelli diffusa dalla polizia, adesso chiede le prove dell’assurda teoria per la quale Maram e Ibrahim sarebbero lanciatori di coltelli da cucina invece che vittime di un’esecuzione extragiudiziale
MICHELE GIORGIO

UN FUOCO CHIAMATO PEPPINO
Peppino Impastato, assassinato il 9 maggio 1978, come Roberto Mancini, Rita Atria, Ilaria Alpi e tantissimi altri e altre, non è rimasto mai alla finestra. La commemorazione che non è accompagnata dalla stessa determinazione del gridare contro tutte le mafie e nel costruire ogni giorno un mondo diverso è solo un mantello di ipocrita complicità. Smettiamola con l’antimafia da parata, l’antimafia da salotto, l’antimafia vuota e retorica. Peppino Impastato non è un laico santino per un giorno ma è un fuoco che ci deve ardere dentro
ALESSIO DI FLORIO

LA LIBERTÀ NON È UNA T-SHIRT
“Ognuno è libero di vestirsi e atteggiarsi come vuole. Ma i bambini non sono liberi, perché a comprare i vestiti ci vanno con i genitori e quello che vogliono lo vedono in Tv. Questa non è libertà ma condizionamento sociale prima e familiare poi… Alle ragazzine si insegna che la seduzione è un gioco: in Tv, nella pubblicità, nei video musicali, nei libri erotici per teenager – sostiene Manuela Salvi, scrittrice – Ma in quelle immagini statiche ecostruite a tavolino non c’è mai l’ombra delle conseguenze possibili… Come nelle favole, il sipario cala prima… La libertà può esistere solo quando c’è piena consapevolezza sia del contesto in cui la si esercita, sia delle possibili conseguenze e di come si dovranno affrontare… Forse, più di tutto, si dovrebbe insegnar loro a lottare per quella libertà che al momento, lasciatemelo dire, non hanno affatto…”
MANUELA SALVI

CITTADINI NON PER CASO
“La città è il telaio che tesse i fili della nostra crescita, della nostra formazione, della nostra vita – scrive Giovanni Fioravanti -, è il libro aperto delle opportunità personali e collettive, è lo spazio della libertà, dell’incontro, del riconoscimento, della solidarietà”. Per questo dobbiamo ripensarla “senza attendere gli input dall’alto”, “è la territorialità che rende le esperienze educative calde, che consente di sporcarsi sanamente le mani” ed “è a scuola che si può e si deve imparare a imparare…”. “La città bisogna sapersela conquistare, perché è viva, perché palpita, perché è desiderio. Come la Zenobia di Calvin o per la quale non si può utilizzare la classica categoria della felicità e dell’infelicità, ma quella del desiderio. Ci sono le città che realizzano i desideri dei loro abitanti e quelle che li ignorano fino a cancellarli”
GIOVANNI FIORAVANTI

LA TRANSIBERIANA D’ITALIA
È tempo di sperimentare idee diverse di mobilità, di recuperare vecchie ferrovie, di sostenere chi non vuole abbandonare i paesi dell’Appennino, di proporre modi altri di fare turismo e comunità… La Sulmona-Carpinone, linea ferroviaria dell’Abruzzo e del Molise, riavviata occasionalmente da qualche anno, è nota perché nella stazione di Rivisondoli-Pescocostanzo raggiunge i 1268 metri sul livello del mare (che ne fanno la seconda stazione più alta della rete italiana FS) e per lo straordinario paesaggio attraversato (innevato per gran parte dell’inverno). Ecco, a modo suo, la Transiberiana d’Italia sembra muoversi intorno a quelle idee
ENZO DELLI CAR RI

 

 

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