“Il Corto ricomincia da se'”

Quelli del Corto Circuito, periferia sud-est della capitale, hanno resistito per 26 anni alla devastazione sociale del quartiere, alla violenza della repressione, alla cecità delle istituzioni, all’isolamento, alla frana della sinistra anticapitalista romana organizzata.

 

 

NEWSLETTER DI COMUNE
 

NON IMPORTA QUEL CHE MANCA (CARLA MARIA RUFFINI)
«Lunga vita a Comune, non importa quel che manca. Anzi, proprio perché manca tanto in questo periodo di drammi e oscurità…, Comune non può sottrarsi alla sua responsabilità costitutiva di rappresentare uno spazio di libera circolazione del pensiero critico e ribelle. Comune deve continuare a vivere e lottare con (e per) tutte e tutti noi. Vivere per dare continuità e pienezza alle riflessioni che ha sollecitato e contribuito a incrementare… Quel che non può mancare è la condivisione, la vicinanza e il sostegno a Comune di chi attinge ogni giorno a questa fonte per vivere e aiutare a vivere una vita degna. Una comunità in costruzione nel fecondo territorio del “comune”»
FACCIAMO COMUNE INSIEME

 

IL CORTO RICOMINICIA DA SÈ
E pensare che certi elettricisti mattacchioni insegnano che un corto è un collegamento fra due punti che ha resistenza nulla. Loro, quelli del Corto Circuito, periferia sud-est della capitale, hanno resistito per 26 anni alla devastazione sociale del quartiere, alla violenza della repressione, alla cecità delle istituzioni, all’isolamento, alla frana della sinistra anticapitalista romana organizzata, alle crisi generazionali e di militanza e così via via, fino allo spaventoso incendio di quattro anni fa. Si contano, forse, sulle dita di una sola mano le storie romane di autonomia e costruzione di relazioni sociali diverse da quelle dominanti che un’occupazione ha saputo inventare con tanta creativit&agrav e; e tenacia. Ma resistere è prima di ogni altra cosa creare. Quelli che hanno occupano spazi pubblici e conosciuto da vicino, molto vicino, esperienze come quella degli incappucciati di un altro sud-est, al di là degli oceani, lo sanno bene. Così, oggi, quelli del Corto aprono un mondo nuovo, un’altra storia. Ricominciano a camminare. Sempre pieni di domande, naturalmente, ma con qualche stella polare su cui orientare la bussola. A noi pare di vederne almeno tre: l’autonomia, il far da sé nella costruzione come nella gestione; le nuove relazioni sociali con la gente del quartiere, e poi la relazione con la natura, l’universo della permacultura. Questo è il loro racconto
COLLETTIVO CORTO CIRCUITO

LASCIAVANO VOLARE L’IMMAGINAZIONE
Per dieci anni, al Centro di documentazione interculturale fondato a Cuernavaca da Ivan Illich, il pensiero critico era stato un fiume impetuoso che scorreva con fluidità e ricchezza in piena, assoluta libertà. L’astrazione della modernità e il mito del progresso venivano corrosi da un’elaborazione erudita quanto libera da pregiudizi e schemi interpretativi fino ad allora indiscussi. Il Cidoc doveva essere un luogo, sosteneva Illich, dove poter lasciar volare l’immaginazione. Nel 1976, con un’ultima danza, quel luogo visse il suo ultimo giorno. Il suo straordinario successo rischiava di farne un’istituzione, e alle istituzioni don Iván era piuttosto allergico. Cinquant&rsq uo;anni dopo, il vecchio albergo dov’era nato il Cidoc è stato rinnovato per ospitare un grande seminario che ha voluto interrogarsi sul tempo che stiamo vivendo e l’attualità del pensiero di Illich attraverso i cinquant’anni trascorsi. Il ricordo di Aldo Zanchetta, che di Illich fu uno degli ultimi amici prima della fine, disegna frammenti sparsi di una straordinaria testimonianza dove la cultura scende dalla cattedra e incontra la vita
ALDO ZANCHETTA

LA BELLEZZA DI CAMBIARE IL MONDO
La bellezza, secondo Fëdor Dostoevskij, è qualcosa che è già presente nel mondo, ma ha bisogno di sguardi che sappiano scorgerla ogni giorno in tutte le cose. Per questo «la bellezza salverà il mondo». Si tratta allora di sottrarla a quelli che sono in alto, a chi guarda il mondo solo attraverso la lente del mercato, a chi divide le città in centro e periferie, a chi non smette di ripetere «non c’è speranza, arrendetevi». La bellezza è il filo conduttore dell’edizione 2016 di Altrofest, la due giorni di eventi, incontri, musica e molto altro che si terrà presso il centro sociale il Pozzo, alle Piagge, nella periferia di Firenze, il 17 e 18 settembre. All a comunità della Piagge, con la sua straordinaria storia di ribellioni quotidiane (la cooperativa di riciclo e giardinaggio, l’orto sociale, il fondo etico, la bottega di consumo critico, il chiosco del libro usato, il doposcuola popolare, la comunità di base…), hanno già cominciato a scorgere la bellezza di cambiare il mondo qui e ora
JLC

APERTO PER FALLIMENTO
Si può uscire dalla crisi devastante di un licenziamento lavorando in forma collettiva ma senza padroni? L’ampio e prezioso articolo che ci ha inviato Claudio Tognonato, sociologo argentino che insegna da molti anni a Roma, ripercorre in modo critico la nascita e il cammino di una delle esperienze di costruzione sociale di alternative più importanti del nostro tempo. Le imprese abbandonate dai padroni e reinventate dai lavoratori, che poi le autogestiscono in forma cooperativa, aprono una crepa lacerante nel cuore del sistema di dominio contemporaneo, fondato ancora sull’accumulazione del capitale e l’astrazione del lavoro. Le numerose esperienze nate e cresciute in Argentina nel corso del drammatico default dell’ec onomia testimoniano però che la più straordinaria valenza delle centinaia di imprese recuperadas – sulle 247 registrate nel 2010 solo 6 hanno chiuso – non sono le imprese ma i processi che trasformano le persone da elementi della produzione in soggetti del cambiamento. Sono l’affermazione della dignità e le nuove relazioni sociali con la gente del territorio il motore di un cambio che non può non sembrare inaudito fino a quando si è costretti a vendere per molte ore al giorno il controllo della propria vita
CLAUDIO TOGNONATO

SOLTANTO UN DIO PUÒ CAMBIARE IL MONDO
Io sono ateo perché non posso credere in Dio, così come non posso volare nè respirare sott’acqua. Ho provato a fare tutte e tre le cose, ma non ci riesco, scrive Santiago Alba Rico, un comunista che crede che i “beni comuni” – come la polis aristotelica – debbano precedere ed essere condizione per i diritti individuali universali. Il papa invece, spiega, è un comunista che può volare e respirare sott’acqua. Intrappolato nell’apparato di potere più raffinato, contorto e inesorabile della storia dell’umanità, Francesco è un anticlericale che non può far altro che parlare ma che tutti sono costretti ad ascoltare. Per que sto non durerà a lungo. Il suo anticlericalismo, insieme alla sua età, lo condannano a dissolversi rapidamente nel patrimonio leggendario dell’istituzione, alla quale sta elargendo almeno altri cento anni di vita. Ma al momento è vivo e parla. Il suo anticlericalismo parla come le trombe di guerra di Gerico
SANTIAGO ALBA RICO

LA RIFORMA OGNI GIORNO
Ora tocca a voi maestre e professori. La vera riforma la fate voi ogni giorno quando entrate in classe: siete voi che avete il compito di spostare quella cattedra come faceva il maestro Mario Lodi per stare in cerchio con i vostri ragazzi. Siete voi che potete scegliere di partire dalle esperienze dei bambini come faceva Maria Montessori o solo dagli sterili contenuti
ALEX CORLAZZOLI

ERDOGAN SOSPENDE 11 MILA DOCENTI KURDI
Continuano le purghe di Erdogan: l’8 settembre è stato il turno di 11.500 insegnanti sospesi per (presunti) legami con il Pkk. Il presidente esulta: È la più grande operazione contro di loro”. Arrestato, perché colpevole di aver partecipato a un funerale, anche il co-vicepresidente del partito di sinistra filo-curdo (Hdp), Alp Altınörs. Oggi, 10 settembre, avrebbe dovuto partecipare un incontro a Napoli per raccontare esperienze di potere popolare al sindaco e ai cittadini nell’Ex Opg occupato. A Diyarbakir, intanto, una protesta di 200 persone fuori al consiglio direttivo dell’educazione è stata dispersa dalle forze di polizia con lacrimogeni e cannoni ad acqua. Trenta gli arresti
NENA NEWS

CLASSI PER DANESI E CLASSI PER MIGRANTI
Mentre il re di Norvegia diventa virale grazie a un discorso sulla diversità davvero encomiabile, leggo che in una scuola di Aahrus, in Danimarca, il preside ha pensato bene di dividere gli studenti tra classi di danesi doc e immigrati. Alessandro Ghebreigziabiher torna su Comune per contrastare l’apartheid a scuola con l’impareggiabile leggerezza e profondità di Storie e notizie: facciamo un gioco
ALESSANDRO GHEBREIGZIABIHER

IL 24 SETTEMBRE A ROMA PER IL ROJAVA
La Rete dei sostenitori del popolo kurdo ha lanciato un appello per una manifestazione nazionale a Roma. Bisogna fermare subito l’invasione dell’esercito turco, scatenato da Erdogan non contro l’Isis ma contro i kurdi e la Confederazione democratica del Rojava, e denunciare il silenzio complice degli Stati Uniti e di un’Europa preoccupata solo di mercanteggiare sui profughi. La Rete ricorda inoltre che dall’aprile scorso non si hanno più notizie sulla salute di Abdullah Öcalan, segregato in isolamento e nascosto ai familiari in spregio a ogni convenzione per la tutela dei diritti umaniE
RETE KURDISTAN ITALIA

L’IDEOLOGIA CURIOSA DEL DOTTOR CLOWN
Prendete due luoghi apparentemente lontani: il fantastico giardino di una grigia periferia romana, Portonaccio, e la città di Gaza dove, quando Israele decide di staccare la luce, le sale operatorie possono spegnere anche la più tenace delle speranze. Collegate i due poli con il filo magico della solidarietà e del gioco e scoprirete che perfino la scienza può perdere il freddo scafandro accademico per sciogliersi in una forma effimera che profuma di vita. Non è facilissimo ma si può imparare. Uno dei maestri più abili si chiama Paolo ma in Palestina lo conoscono come Dottor Clown e a Portonaccio come Scannamago. Lavora con le emozioni e crede nella leggerezza e nella curiosità. “Se non possiamo costruire ospedali – dice – possiamo provare a insegnare a resistere con la creatività, questa è la mia ideologia”. Il racconto di una straordinaria domenica al Monk illuminata dall’allegria e dalla luce calda di un progetto di Sunshine4PalestineE
PATRIZIA CECCONI

QUELLA SPECIE È DANNOSA, VA ESTINTA
Chi detiene il diritto e il potere di decidere che una certa specie è dannosa e dunque va estinta? Quali conseguenze si producono sulle catene alimentari e gli ecosistemi? Sembra fantascienza ma non lo è affatto. L’arma per estinguere le specie già esiste, è un prototipo ma il suo sviluppo procede a ritmi vertiginosi. È una costruzione transgenica che “inganna” la natura affinché le specie che si riproducono sessualmente (piante, insetti, animali, umani) trasmettano forzatamente un gene estraneo a tutte le generazioni successive. L’industria biotecnologica e i soliti colossi dell’agrobusiness sono fermamemente decisi a imporre un rapido sviluppo del p rototipo e, fregandosene altamente dei principi di cautela e di ogni considerazione etica o ecologica, raccontano che sarà un mezzo per conservare la natura, cioè per eliminare le erbe infestanti o gli animali antipatici. Silvia Ribeiro, ricercatrice del gruppo Etc e collaboratrice di Comune, chiede di firmare una lettera perché sia imposta una immediata moratoria
SILVIA RIBEIRO

ROMA HA UN SOGNO MA NON È L’OLIMPIADE
“I Giochi del 1960 furono una strepitosa occasione per gli interessi fondiari. Ancora stiamo pagando il lascito di quell’evento ‘sportivo’ “. In una intervista al manifesto, Vezio De Lucia, uno dei più prestigiosi urbanisti italiani, autore di “Roma disfatta. Perché la Capitale non è più una città e cosa fare per ridarle una dimensione pubblica”, (Castelevecchi) spiega perché le Olimpiadi non sarebbero un’opportunità ma un disastro e ricorda che “la prima cosa da fare è spezzare le connessioni tra l’amministrazione e quelli che chiamiamo poteri forti. In romanesco, i palazzinari”
ELEONORA MARTINI

SE SCOMPARE IL CONFLITTO TRA I SESSI
La femminilizzazione della sfera pubblica, di per sè fondata sull’esclusione delle donne, può comportare l’attenuazione e perfino la scomparsa del conflitto tra i sessi. Così come nell’illusione amorosa, essa fa balenare la possibilità di una ‘tregua’ ma, proprio come per l’amore, lascia aperto il dubbio che finisca per essere invece, come ha scritto Pierre Bourdieu, la forma più insidiosa, perché invisibile, della violenza simbolica
LEA MELANDRI

FERTILITY DAY. IL GIORNO DEL “FRAGA’ “
C’è stato il tempo delle aristocrazie, quando il potere era potere sui corpi, corpi da squartare, bruciare, amputare. La borghesia, invece, ha voluto dimenticarli e i corpi, nascosti, sono finiti nelle celle buie. Poi, finalmente, è arrivato il corpo merce, un magnifico campo da gioco per la comunicazione politico-pubblicitaria: il corpo-cosa è stato tirato fuori dalle cantine e ridotto alla sua “essenza” riproduttiva. La donna vista come oggetto del piacere e bambinificio. La ministra Lorenzin (o chi per lei) ha capito tutto questo e ha inventato quello che i versi onomatopeici del Belli, recuperati da Ascanio Celestini e riportati in fondo al suo articolo, chiamano il giorno del “f ragà”. E’ questo, in sostanza, il Fertility Day, la giornata della sorca e dell’uccello
ASCANIO CELESTINI

QUEL CHE CI DICE OGGI IL SUDAMERICA
L’avanzata delle destre in Brasile segna una tendenza che investe l’intero Sudamerica. Non è un ritorno al passato, come dice chi piange la perdita delle “conquiste” dei governi progressisti. Per comprenderla, bisogna guardare più alla britannica May o a Hillary Clinton che non alle vecchie dittature. Il suo successo è stato favorito dalla crescita di una cultura attenta solo ai consumi e tesa ad allontanare la gente dalla politica, i leader progressisti l’ hanno incentivata sempre e senza esitazioni. La nuova destra non ha rispetto per la democrazia né scrupoli per la legalità, è guerrafondaia e disposta a radere al suolo nazioni intere, come, d’altra pa rte, è stato fatto in mezza dozzina di paesi asiatici e mediorientali. Si affacciano, tuttavia, nuove e impreviste resistenze. Quello che si profila, in Brasile e altrove, è un imminente scontro di treni tra los de arriba y los de abajo, tra chi sta sopra e chi sotto
RAÚL ZIBECHI

ANDATE A VENEZIA PER VEDERE LO YEMEN
Sì, certo, il silenzio sullo Yemen resta assordante. La gravità del massacro è tale che, per assurdo, importa solo fino a un certo punto che quel silenzio sia distratto o interessato. Come sempre, però, ogni tanto nel muro si apre una crepa. È grazie a quella crepa che riusciamo a guardare le cose, perfino quelle tanto intrise di sangue innocente, da un altro punto di vista. Non esaustivo, per carità, ma importante. È quel che ci suggerisce la Biennale dell’Architettura di Venezia ospitando per la prima volta un padiglione sullo Yemen. Ce lo segnalano, ancora una volta, i puntuali e preziosi commenti di Mimmo Cortese dell’Osservatorio sulle armi leggere, una delle poch issime voci che non chiudono gli occhi sulle meraviglie di Sanaa e le orecchie sul fragore delle bombe sganciate dagli “amici” sauditi
MIMMO CORTESE

LA MELA DI APPLE E IL VELENO D’IRLANDA
In Italia lo scorso anno ha ottenuto una generosa transazione per due terzi della sua evasione fiscale, andata avanti dal 2008 al 2013, pagando all’erario solo 318 milioni di euro. La Commissione Europea, invece, commina una sanzione di 13 miliardi per aver imboscato nella filiale irlandese proprio il frutto di quanto “risparmiato” altrove. Quello della Apple non è un vizietto occasionale ma il cardine di una politica aziendale che considera l’accumulazione di utili una variabile indipendente, assolutamente indipendente, anche dalle leggi e dall’etica. Solo che in Irlanda c’è un governo che ha fatto di una politica fiscale disposta a tutto pur di attrarre i colossi dell’hi -tech uno dei più profumati fiori all’occhiello. L’altro è una sottomissione umiliante verso gli interessi delle banche. Negli ultimi due anni, intanto, il numero delle persone che ricorrono alle mense dei poveri è aumentato dieci volte e i sistemi dell’educazione e della sanità sono allo sfacelo. Va da sè che l’evasione miliardaria della mela morsicata più famosa del mondo risulti indigesta anche per gli stomaci più allenati. Il racconto della nostra corrispondente da Dublino
LAURA FANO

NOI DIFENDIAMO SOLO CHI CI DÀ LA VITA
Non siamo noi a protestare, dicono i Sioux Dakota della riserva di Standing Rock, sono la terra e l’acqua a farlo. Noi ci limitiamo a difendere quel che ci dà la vita. La lotta degli indiani vuole impedire la prosecuzione del Dakota Access Pipeline Projectun, più noto come Dapl, un progetto devastante che dovrebbe trasportare petrolio via terra attraverso gli Stati Uniti, da nord a sud, passando, ovunque possibile, attraverso le riserve indiane. Il Dapl è stato approvato silenziosamente proprio mentre, spinto da una grande mobilitazione, Obama si decideva a bloccare il Keystone XL, uno dei più grandi oleodotti mai progettati. I Dakota, sostenuti anche da alcuni Navajo, Irochesi e altri rappresenta nti di gruppi nativi, sono accampati sul percorso progettato. Della repressione si occupa l’Fbi che, quando si tratta di indiani, è sempre in prima linea
MASSIMILIANO GALANTI

LIBERARE IL PRESENTE, RIPRENDERSI IL FUTURO
Qualcuno può ritenere sostenibile mantenere un debito, che oltre allo stesso, comporti la sottrazione annuale di 135 miliardi di euro di risorse collettive, per pagarne gli interessi e per adempiere al fiscal compact? Da che mondo è mondo, non si è mai visto un creditore anelare al pagamento del debito. L’usuraio teme due soli eventi nella sua “professione”: la morte del debitore e il saldo del debito, perché, in entrambi i casi, perderebbe la fonte periodica del suo sostentamento – gli interessi – e la possibilità di dominio sull’altro e sulle sue scelte in merito ai suoi averi e proprietà (nel caso degli Stati, i beni comuni) . Dal 16 al 18 settembre Attac Italia promuove una serie di seminari a Roma che, partendo dal debito internazionale, arriveranno a mettere a confronto le nuove esperienze di movimento e istituzionali a Barcellona, Napoli e Roma
MARCO BERSANI

COME DECOSTRUIRE L’IDEOLOGIA DEL DEBITO
La leggenda del debito di cui tutti, dal neonato angolano al pastore del Gennargentu, dobbiamo farci carico gode ancora di maggior credibilità di quella del peccato di Eva nel giardino dell’Eden. Per certi versi, però, svolge la stessa funzione: generare senso di colpa. Il debito pubblico viene agitato su scala internazionale, nazionale e locale per giustificare le politiche liberiste di alienazione del patrimonio pubblico, mercificazione dei beni comuni, privatizzazione dei servizi pubblici, sottrazione di diritti e di democrazia. Rompere la sua trappola è dunque un passaggio essenziale per avviare un altro modello di società. Qui si racconta di un tentativo serio di costituire in Italia u n organismo che ne ridiscuta la natura e gli obiettivi e, soprattutto, dia supporto alle realtà che hanno avviato o intendono avviare audit cittadini
AA.VV.

 

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