“Ci vuole il tempo che ci vuole”

Che il nostro presente sia l’epoca della fretta, ovvero dell’esperienza del tempo che manca, è noto. Viviamo un’accelerazione in ogni ambito della vita quotidiana, nella comunicazione, nei processi di apprendimento.



NEWSLETTER DI COMUNE
 

CI VUOLE IL TEMPO CHE CI VUOLE
Che il nostro presente sia l’epoca della fretta, ovvero dell’esperienza del tempo che manca, è noto. Viviamo un’accelerazione in ogni ambito della vita quotidiana, nella comunicazione, nei processi di apprendimento. La velocità della produzione e quella del consumo precipitano sulle nostra vita, sulle nostre relazioni. Tuttavia possiamo rallentare in molti modi: si tratta di imparare a perdere tempo. Noi cominciamo il 6 ottobre

FACCIAMO COMUNE INSIEME (RE:COMMON)
“Sosteniamo Comune perché crediamo nell’informazione indipendente, che dà voce e spazio a tutti coloro che i media mainstream non vogliono ascoltare. Reputiamo fondamentale l’esistenza di uno spazio dove raccontare e analizzare fatti e temi oscurati, negletti e, nel migliore dei casi, estremamente banalizzati”

CONTRO IL TOTALITARISMO CALCOLANTE
La ricerca, l’università, i luoghi del sapere sono sempre più ostaggio del ricatto mercenario dei soldi. È tempo di ribellarsi. “Faccio appello a tutti coloro che resistono a questo… a chi non accetta di svendere il suo percorso di ricerca, a tutti coloro che ancora credono che pensare non sia un’azione standardizzabile, numerizzabile e calcolabile in termini falsamente oggettivi, a dimostrare attivamente, anzitutto con le loro opere e il loro esempio, contro questo stato delle cose, a protestare, scioperare, contrapporsi, sabotare e incitare a salvare la riserva indiana che nel totalitarismo del calcolo, nella dannazione del calcolo, ci è ancora parzialmente data e che, bene o male, si chiama ancora (ma per quanto?) cultura…” PAOLO MOTTANA
 

OLTRE MONSANTO. LO SCENARIO E’ DA INCUBO

Bayer e Monsanto, due dei più criminali e giganteschi fabbricanti di veleni del Novecento, sono quasi una cosa sola. Vi preoccupa? Bene, lo scenario di fondo che le grandi manovre dei sei colossi del business di pesticidi,  coltivazioni Ogm e semi commerciali mettono in luce è molto peggiore. Un vero e proprio incubo. La concentrazione monopolistica che investe l’agricoltura industriale ha dimensioni sconosciute. Comporta di certo una vertiginosa crescita non solo nell’impatto sul mercato, a cominciare dai prezzi al consumo, ma del potere delle lobby su leggi e regolamenti nazionali e internazionali, sulla corruzione politica e il controllo di tutti gli anelli della catena agroalimentare. Non basta. Il controllo più ambito è quello sulle macchine. No, non i trattori e le trebbiatrici. Stiamo parlando di droni, Gps e altri piuttosto sofisticati giochini. E poi c’è il controllo delle informazioni sui prodotti, i suoli , l’acqua, la vegetazione, i boschi, le comunità animali e umane che li abitano, etc. La banca dati della vita. Questa fiction in avanzato corso di realizzazione ha in sostanza un solo terribile nemico: i contadini. Sì, quei piccoli maledetti zappaterra che, con le loro abitudini medievali e i campetti puzzolenti, si ostinano a fornire ancora più del 70 per cento del cibo all’umanità. Sarà una grande battaglia, ci si gioca il pianeta. Noi sconsigliamo vivamente di restare a guardare SILVIA RIBEIRO

DIOXINITY DAY

Al di là delle prime rovinose scelte di comunicazione del pamphlet della ministra Beatrice Lorenzin, seppellite da un moto generalizzato d’indignazione e poi ritirate, la letteratura che illustra l’offensiva del governo sulla prevenzione della sterilità e dell’infertilità resta incentrata su un concetto chiaro: la colpa è di chi si ammala. La narrazione tossica del Fertility Day cita appena i letali veleni che siamo costretti a respirare o che ci vengono messi, in modo surrettizio e sistematico, nel bicchiere e nel piatto. La prima puntata del prezioso controcanto di Alexik ALEXIK

E SE A SPARIRE FOSSE TUO FIGLIO?
Diciamo la verità: a noi di Comune gli anniversari non piacciono. Non c’è niente da fare, abbiamo pure provato a scacciare quell’ombra fastidiosa, magari esagerata. Puntuale, ritorna. Avvertiamo un profumo di celebrazione che sembra poter ingessare tutto: il dolore più lancinante, l’entusiasmo, perfino i ricordi di vita vissuta. Tutto sa di dovuto, scontato, un po’ retorico. #Ayotzinapa, due anni fa. Sì, certo, quando il Messico ha mostrato al mondo come la sottile linea di demarcazione che divide le istituzioni di una democrazia formale da un’organizzazione criminale senza limiti, sia da tempo pura illusione. In fondo, ci siamo detti, due anni dopo non ci sono mica novità. Non ci sono e non ci saranno. L’orrore che ha spezzato l’esistenza di quei ragazzi è consumato, le 43 sedie resteranno vuote, il dolore immenso annega un po’ alla volta, ogni giorno, e il nome dell’assassino, lo Stato, è stato scritto e riscritto sui cartelli e nella storia del Messico. E invece no. Sbagliavamo. E quanto sbagliavamo. Le parole di Mario César González Contreras, saldatore, il padre di uno dei ragazzi fatti scomparire, ci hanno ricordato la cosa essenziale in una storia: l’importanza del punto di vista. Grazie, Mario
YUNUHEN RANGEL
 

PER QUALCHE LITRO IN PIÙ (DI PROSECCO)
Di Prosecco si può morire, non per eccessiva ingestione, ma per involontaria inalazione dei gas tossici chiamati pesticidi. L’enorme successo commerciale ottenuto specie negli Stati Uniti dal vino con le bollicine ha scatenato una vera corsa alla piantumazione delle barbatelle di Glera, un incrocio di vitigni, che nelle aree Doc, a suo tempo delimitate con un accordo a tavolino tra le regioni del Veneto e del Friuli, produce l’uva da cui si ricava il fortunato vino chiamato Prosecco. In pochi anni il valore dei terreni è schizzato alle stelle, così come la produzione e il prezzo del vino. Peccato che sia cresciuto proporzionalmente anche l’uso di prodotti fitosanitari, tra cui l’erbicida a base di Glifosate. Epp ure le alternative ci sono
PAOLO CACCIARI

MENSE SCOLASTICHE, CAOS PANINO
A giudicare dall’agitazione esplosa ovunque in questi ultimi giorni (Firenze, Venezia, Lucca, Torino, Milano, Genova, Pordenone, Bologna…), dopo la ormai nota sentenza di Torino – che ha respinto il reclamo del ministero dell’Istruzione e dato il via libera al “panino da casa” a scuola -, la proposta di mense locali autogestite da genitori e insegnanti – su cui ha scritto Sabina Calogero in La mensa della scuola siamo noi – appare decisamente la più importante da conoscere, approfondire e, soprattutto, sperimentare
ALEX CORLAZZOLI

EDUCARE TRA RAZZISMO E INDIFFERENZA
I dubbi di una maestra: proporre didattiche di tipo inclusivo, favorire aperture alla mondialità, mettere in discussione le forme di etnocentrismo diffuse nella vita di ogni giorno e nei linguaggi, in tempi di razzismo e prepotenze di tutti i tipi significa rendere gli alunni più forti e sicuri o deboli e fragili?
ANGELA MALTONI

Hanno iniziato a trivellare. In Ecuador, nel cuore della foresta amazzonica hanno cominciato a trivellare nel parco nazionale Yasuni, noto per la sua straordinaria biosfera, in teoria protetta dall’Unesco. Secondo Amazon Watch in un ettaro qui ci sono più specie che in tutti gli Usa e il Canada messi assieme. Ci sono specie che sono riuscite a sopravvivere dai tempi glaciali, ma soprattutto diverse comunità indigene che vivono in armonia con l’ambiente. Il presidente Rafael Correa ripete che solo un millesimo del parco sarà trivellato e che saranno usate le migliori tecnologie possibili proteggendo gli indigeni e la natura. Ovviamente ci crede solo lui
MARIA RITA D’ORSOGNA
 

L’EUROPA È CON VOI AMICI TUNISINI
Per prima cosa la Commissione stilerà una bella pagella per dare i voti ai giovani allievi nordafricani all’esame di riforme e democrazia. Poi, se lo meriteranno, si parlerà di cooperazione. No, non quella roba vecchia. demagogica e intrisa di ideologie tra soggetti di pari dignità. I tempi impongono innovazione e concretezza, quindi la nuova cooperazione cui pensa l’Unione delle democrazie europee riguarda l’apertura dei mercati, la possibilità di trasformare il debito in investimenti, di fare accordi vantaggiosi sullo sfruttamento delle materie prime e l’energia. L’Accordo di libero scambio completo e approfondito (Aleca) muove i primi passi. E naturalmente, in nome della lo tta al comune nemico terrorista, si finirà per scambiare due chiacchiere anche sulla sicurezza e i migranti. Tutto a vantaggio della “stabilità” e dello “sviluppo sostenibile” dello scolaretto tunisino, sia chiaro. Accordi ambiziosi, dunque, quasi un Piano Marshall. Com’è generosa la cooperazione neocoloniale
HAFAWA REBHI
 

L’ANTI-MIMETICO FURORE DI NIK SPATARI
«Parlare con Nik Spatari non è facile: bisogna abituarsi al suo modo di scandire le sillabe, al ritmo delle sue parole. Bisogna farsi vedere, quando si parla, così che lui possa leggere il labiale. Perché Nik non ci sente da quando era adolescente – spiega Michele D’Ignazio, scrittore -, dal giorno in cui, durante la seconda guerra mondiale, cadde una bomba sulla spiaggia di Reggio Calabria, a pochi passi da lui. “Forse sono stato fortunato perché nel silenzio ho potuto vedere il passato, il futuro. E sono arrivato a questo, nel silenzio: immaginando, cercando, cercando, sono arrivato a tante scoperte da solo”. (…) Nik, a ottantanove anni, si diverte ancora a scoprire, a sperimentare. Perché l’arte ques to è: scoperta…»
MICHELE D’IGNAZIO

MARCHIONNE DEVE ABBASSARE LA CRESTA
Ricordate la vicenda degli operai della Fiat di Napoli licenziati per aver fatto satira contro Marchionne, vicenda raccontata tra gli altri da Ascanio Celestini? Mimmo Mignano, Marco Cusano, Roberto Fabbricatore, Massimo Napolitano e Antonio Montella il 5 giugno del 2014 esposero davanti al reparto logistico Fiat di Nola un fantoccio impiccato a un patibolo, un fantoccio raffigurante il viso di Marchionne. Subito dopo il licenziamento voluto dalla Fiat. Sulla vicenda si è pronunciato due volte il tribunale di Nola, che ha sempre dato ragione a #Marchionne respingendo la richiesta di rientro dei cinque lavoratori. Ma l’Appello del tribunale civile di Napoli oggi ha ribaltato tutto. Dovranno rientrare in fabbrica. Scrive Ascanio Celestini: “Il signor padrone Marchionne deve abbassare la cresta…”
ASCANIO CELESTINI
 

IL PAESAGGIO NON È UN GRANDE PRESEPE
Certo, il paesaggio, una delle ricchezze più straordinarie dell’angolo di mondo in cui viviamo, va strenuamente difeso dalle mire predatorie di chi pensa solo ad accumulare profitti e dalle deturpazioni che non cessano di minacciarlo. Siamo certi, tuttavia, che per una tutela efficace ci sia proprio bisogno di un Piano? Lo scorso anno solo la Toscana e la Puglia, tra le venti regioni italiane, hanno completato e presentato i loro, eppure i Piani territoriali sono del tutto indispensabili a comprenderlo, ad analizzarlo e leggerlo in profondità, il paesaggio. Che non è una rappresentazione modellistica e non si può rinchiudere negli spazi di un museo ma vive nella nostra epoca, esposto ai venti della storia del mondo. La tutela di un paesaggio comincia e non si esaurisce nel vincolo. La pianificazione del paesaggio può diventare in Italia una fertile officina in cui scoprire come le dinamiche del mercato possono essere piegate e impiegate in un disegno in cui torna a primeggiare l’umana progettualità
PIERO BEVILACQUA
 

UNA CRITICA A FUOCOAMMARE
Ha molti meriti, ormai noti, ma Fuocammare ha anche alcuni limiti. Un punto di vista dal basso
COLLETTIVO ASKAVUSA

 

 

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