In Iraq preoccupazione per civili usati come scudi umani dallo stato islamico

Le operazioni militari per strappare Mosul e le zone circostanti dal gruppo armato denominatosi Stato islamico (Is) stanno mettendo in pericolo i civili coinvolti nei combattimenti e in alcuni casi usati come scudi umani dall’Is.

 

COMUNICATO STAMPA

IRAQ: AMNESTY INTERNATIONAL PREOCCUPATA PER I CIVILI COINVOLTI NEI COMBATTIMENTI E USATI COME SCUDI UMANI DALLO STATO ISLAMICO

I ricercatori di Amnesty International presenti nell’Iraq settentrionale hanno dichiarato che le operazioni militari per strappare Mosul e le zone circostanti dal gruppo armato denominatosi Stato islamico (Is) stanno mettendo in pericolo i civili coinvolti nei combattimenti e in alcuni casi usati come scudi umani dall’Is.
Attraverso contatti telefonici con persone ancora nelle zone sotto il controllo dell’Is e incontri con civili sfollati dai villaggi a nord di Mosul e attualmente nei campi di Zelikhan e Khazer, nelle aree controllate dal Governo regionale del Kurdistan (Krg), i ricercatori di Amnesty International hanno ottenuti nuove informazioni sulla morte e il ferimento di civili.

“Con oltre un milione di persone ancora bloccate a Mosul e nei dintorni, il rischio per i civili è estremamente alto. Di fronte all’avanzata delle forze irachene, il profondo disprezzo dell’Is per l’incolumità dei civili e il suo apparente deliberato uso degli scudi umani aumentano i pericoli per le persone intrappolate nelle zone dove sono in corso i combattimenti” – ha dichiarato Lynn Maalouf, vicedirettrice per le ricerche presso l’Ufficio regionale di Amnesty International di Beirut.

“Per evitare un bagno di sangue, ciascuna parte coinvolta nel conflitto deve prendere tutte le misure possibili per proteggere i civili” – ha sottolineato Maalouf.
Dall’inizio delle operazioni militari irachene su Mosul al 26 ottobre, oltre 10.500 civili risultavano sfollati mentre un milione e mezzo di persone si trovava nella città e nelle zone circostanti.

Uso degli scudi umani da parte dell’Is
Alcuni civili che sono riusciti a fuggire o i cui villaggi sono stati ripresi dalle forze governative hanno riferito ad Amnesty International che l’Is ha cercato di impedir loro di lasciare le zone dei combattimenti. I combattenti dell’Is si nascondono tra la popolazione civile, si concentrano nelle zone abitate e in alcuni casi costringono i civili a spostarsi nelle aree sotto il loro controllo.

“Usare i civili come scudi umani è un crimine di guerra. Ciò tuttavia non assolve le forze irachene e della coalizione dall’obbligo di tener conto della presenza dei civili, prendere tutte le misure possibili per ridurre al minimo i danni nei loro confronti ed evitare attacchi che potrebbero infliggere danni sproporzionati” – ha precisato Maalouf.

Civili intrappolati sotto il fuoco incrociato
Il 24 ottobre un contadino, padre di otto figli, del villaggio di Tab Zawa (distretto di Bashiqa, provincia di Ninive, a nordest di Mosul), è stato colpito a morte mentre si trovava nella sua abitazione. Al termine dei combattimenti, il villaggio è stato conquistato dalle forze irachene, che hanno evacuato i civili consegnandoli poi alle forze curde.

Lo stesso giorno due fratellini di sei e cinque anni sono stati feriti da una scheggia in un’altra abitazione di Tab Zawa. Un recinto all’esterno dell’edificio è stato centrato da un razzo, colpendo i due bambini e il loro padre, che ha raccontato:
“A causa dei combattimenti in corso, non sono neanche riuscito a portarli in ospedale. Abbiamo cercato di tamponare e pulire le ferite. La mattina dopo è arrivata un’ambulanza che ha portato i miei due figli a Erbil e il più grande di loro è stato operato alla schiena”.

“Tutte le parti in conflitto dovrebbero evitare l’uso di armi prive di guida come razzi, colpi d’artiglieria e di mortaio e altri armamenti a larga gittata nei pressi di zone a concentrazione di civili. Gli attacchi che rischiano di risultare sproporzionati o indiscriminati dovrebbero essere rinviati o annullati” – ha affermato Malouf.

I civili sono finiti sotto il fuoco incrociato anche in altri villaggi del distretto di Bashiqa, come Dirij e Chanchi. Il 22 ottobre un 17enne è stato ferito a una gamba durante gli scontri tra l’Is e i peshmerga (le forze armate curde). Questo è il racconto del fratello:
“Quelli dell’Is si erano installati nella casa del nostro vicino e da lì sparavano. Dopo che mio fratello è stato colpito, siamo rimasti intrappolati dentro casa. Ho cercato di fermare il sangue. Dopo due giorni, ha iniziato a perdere conoscenza. Allora, abbiamo approfittato di un attacco aereo per fuggire e portarlo via. Alla fine abbiamo incontrato i peshmerga. Ora mio fratello si trova in ospedale”.

Il 23 ottobre Mohamed (il cui vero nome è celato per ragioni di sicurezza), un contadino del villaggio di Chanchi, ha perso la moglie e un parente di 13 anni durante gli scontri tra l’Is e i peshmerga. Dopo che l’Is aveva impedito di lasciare il villaggio, 70 persone si erano ammassate in un’unica casa che alle 13 è stata centrata da un colpo di mortaio. Il bambino di 13 anni è morto sul colpo e tre altri bambini da quattro a 13 anni sono rimasti feriti.

“Mia moglie è stata colpita proprio sotto la cassa toracica. Ha iniziato a lamentarsi del dolore e a perdere sangue. Dopo un po’ aveva tutti i vestiti sporchi di sangue e noi eravamo sempre bloccati in casa per via dei combattimenti. È morta e io non ho potuto fare niente per salvarla. Avevamo implorato Daesh [l’acronimo arabo con cui è chiamato l’Is] di farci andar via verso Mosul ma hanno detto di no. Anzi, hanno sparato ad alcuni nostri vicini che avevano tentato la fuga”.

In alcuni casi, i combattenti dell’Is hanno costretto i civili dei villaggi a sud di Mosul a spostarsi con loro durante la ritirata. Funzionari locali, attivisti e un abitante del quartiere di al-Qayyara, che ha parlato al telefono con Amnesty International da una zona controllata dall’Is, hanno parlato di civili trattenuti nelle scuole, nelle abitazioni private e in altre strutture sotto il controllo dell’Is nella zona di Hamam al-Alil.

La situazione nei campi gestiti dal Krg
Ai civili che hanno potuto fuggire verso le zone controllate dal Krg e che ora si trovano nei campi di Zelikan e Khazer non è permesso muoversi salvo che necessitino di cure mediche urgenti. Anche in questo caso, devono essere trasferiti da soli, senza essere accompagnati dai parenti. Questi divieti, insieme a quello di non usare i telefoni cellulari, continuano a essere applicati anche nei confronti degli sfollati che hanno superato i controlli di sicurezza per verificare che non avessero legami con l’Is. Le autorità curde sostengono che questi divieti sono necessari per motivi di sicurezza. In numerose occasioni, Amnesty International ha chiesto al Krg di annullare tutte le limitazioni arbitrarie e discriminatorie alla libertà di movimento degli sfollati.

Roma, 28 ottobre 2016
 

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