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Piana di Gioia Tauro: Si torna indietro di anni

Nella zona industriale di San Ferdinando sono più  di 2mila i migranti accampati tra tende, baracche e stabili abbandonati in condizioni di vita e di lavoro disastrose.

 

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PIANA DI GIOIA TAURO:
DUEMILA PERSONE NELLE BARACCOPOLI DI SAN FERDINANDO.
SI TORNA INDIETRO DI ANNI.


Nella zona industriale di San Ferdinando sono più  di 2mila i migranti accampati tra tende, baracche e stabili abbandonati in condizioni di vita e di lavoro disastrose. Il Protocollo Operativo in materia di accoglienza e integrazione sottoscritto quasi un anno fa in Prefettura con Regione e Comuni  è rimasto lettera morta. Un quadro disperante a sette anni dalla cosiddetta “rivolta di Rosarno”. Medici per i Diritti Umani chiede che vengano attuate misure immediate e nel lungo periodo volte ad assicurare condizioni dignitose ai  lavoratori che ogni anno giungono nella Piana di Gioia Tauro per la stagione agrumicola.

 

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San Ferdinando (RC), 27 dicembre 2016.  La situazione nella zona industriale di San Ferdinando è drammatica. Ad oggi sono circa 2mila i lavoratori accampati in condizioni disastrose tra la tendopoli e la fabbrica occupata. Siamo tornati indietro di anni. Questa la situazione rilevata da Medici per i Diritti Umani (MEDU) che per il quarto anno consecutivo, nell’ambito del progetto Terragiusta, opera con una clinica mobile nella Piana di Gioia Tauro offrendo assistenza medica e orientamento socio-sanitario ai braccianti stranieri giunti per la stagione agrumicola.

La maggior parte delle 149 persone visitate fino ad oggi proviene principalmente da Senegal (25%), Mali (18%), Ghana (13%), Burkina Faso (9%) e  il 75% ha un regolare permesso di soggiorno (il 29%  richiedente asilo in fase di ricorso contro il diniego della Commissione Territoriale, il 16% titolare di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, il 10% per motivi di lavoro). Si tratta per la maggior parte di lavoratori arrivati in Italia da meno di 3 anni che vivono e lavorano in condizioni di estrema precarietà:  la metà  dei braccianti dorme su un materasso a terra o direttamente sul pavimento; i bagni sono delle latrine scavate nella terra; si cucina in fuochi improvvisati o con fornelli a gas in tende e baracche; ci si lava con acqua riscaldata in bidoni di lamiera; non è organizzato alcun servizio di raccolta della spazzatura. Esistono pertanto rilevanti rischi per la salute e la sicurezza individuali e collettive di coloro che vivono in tali condizioni. Il quadro si fa ancor più drammatico con l’aumento esponenziale, all’interno dell’insediamento, della popolazione femminile: circa una sessantina di donne, molte delle quali probabilmente vittime di fenomeni di tratta a scopo di prostituzione.

Precarie sono anche le condizioni di lavoro. In seguito all’inasprimento dei controlli da parte delle forze dell’ordine, si è registrato un aumento dei contratti di lavoro. Il 32% dei pazienti impiegati nella raccolta ha dichiarato infatti di averne uno (+20% rispetto all’anno scorso). Si tratta tuttavia di lavoro grigio: si raccolgono mandarini e arance a cottimo e a giornata per 25-30 euro al giorno, spesso senza ricevere una busta paga né vedersi riconosciuti gli oneri contributivi dovuti.

Il 19 febbraio 2016 era stato firmato presso la Prefettura di Reggio Calabria il Protocollo operativo in materia di accoglienza e integrazione degli immigrati nella Piana di Gioia Tauro. Il Protocollo “viste le condizioni di degrado anche sotto il profilo igienico-sanitario“ imponeva un intervento non più procrastinabile al fine di garantire la fruizione di servizi essenziali e favorire la piena integrazione. In particolare, la Regione Calabria, in sinergia con Prefettura e Comuni ed in seguito allo stanziamento di 300mila euro, avrebbe dovuto ripristinare condizioni minime di vivibilità attraverso l’acquisto di nuove tende e procedere progressivamente e tempestivamente alla messa in atto di politiche di promozione e sostegno socio-abitativo. A quasi un anno dalla sua firma, nulla di quanto previsto è stato realizzato. Della nuova tendopoli esiste solo della ghiaia a terra mentre sono decine i capannoni vuoti e inutilizzati nella zona industriale.

Vista la mancata attuazione del protocollo, MEDU chiede pertanto che:
– vengano immediatamente adottate delle misure volte ad assicurare condizioni dignitose per i lavoratori che si trovano a vivere in queste condizioni;

 – in seguito ad un monitoraggio della case sfitte, venga implementato – come già  accade da anni nel vicino Comune di Drosi – un servizio di intermediazione abitativa; 

– venga implementato un servizio di trasporto pubblico fruibile da tutti gli abitanti della Piana.

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Medici per i Diritti Umani (MEDU) ha avviato dal 2014 il progetto Terragiusta. Campagna contro lo sfruttamento dei lavoratori migranti in agricoltura. Il progetto è realizzato con il supporto di Fondazione con il Sud, Open Society Foundations e Fondazione Charlemagne. I partner del biennio 2016-18 sono Flai-Cgil di Gioia Tauro, Comune di Rosarno, Arci Iqbal Masih di Venosa, Terra!Onlus, Zalab, Amisnet.

 

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