La decima Giornata delle Malattie Rare: lanciata campagna social

Per molte delle malattie rare conosciute non esiste ancora una cura efficace, ma sono numerosi i trattamenti che possono migliorare la qualità della vita delle persone colpite.

 

segnalazioni di: Sandro Paramatti

Oggi Scienza del 28-02-2017

La decima Giornata delle Malattie Rare: lanciata la campagna social #conlaricercasipuò

Per molte delle malattie rare conosciute non esiste ancora una cura efficace, ma sono numerosi i trattamenti che possono migliorare la qualità della vita delle persone colpite.

Il 28 febbraio 2017 ricorre la X Giornata delle Malattie Rare. In occasione dell’evento, UNIAMO FIMR Onlus (Federazione Italiana Malattie Rare) lancia sui social network la campagna di sensibilizzazione #conlaricercasipuò, atta a diffondere un messaggio di speranza e a ricordare il ruolo fondamentale del paziente nella ricerca scientifica, che si tratti dello studio di una cura o delle pratiche orientate a fornire una migliore assistenza a coloro che ne necessitano e alle famiglie. La Federazione Italiana Malattie Rare – in collaborazione con Shire, Biogen, Roche, e con la partecipazione di PTC Therapeutics, aziende attive nella ricerca di terapie per le patologie rare – invita tutte le associazioni a partecipare all’azione social, inviando all’indirizzo email segreteria@uniamo.org un breve testo e un’immagine che narrino l’esperienza diretta di un paziente e mettano in luce il ruolo fondamentale della ricerca. I contenuti saranno postati sulle pagine social dedicate alla Giornata e contrassegnati dal tag #conlaricercasipuò.

Che cos’è una malattia rara?
Le malattie che colpiscono un ristretto numero di persone sono definite rare. In Europa il limite affinché una malattia sia considerata tale è di una persona colpita ogni 2000. Queste malattie, che causano problemi specifici legati alla loro rarità, possono essere rare in una regione e frequenti in un’altra. A riguardo, il sito Orphanet, tra i maggiori portali di riferimento sulle malattie rare a livello mondiale, cita il caso della talassemia, anemia di origine genetica, rara nel Nord Europa e, di contro, frequente nelle aree del Mediterraneo. Esistono migliaia di malattie rare e, al momento, se ne contano 6000-7000. Spesso hanno un’origine genetica ma esistono anche malattie infettive molto rare, così come malattie autoimmuni e carcinomi rari.

La causa di molte di queste malattie è ancora ignota. Spesso le malattie rare sono croniche e progressive. In molti casi sono congenite e, quindi, presenti fin dalla nascita o dalla prima infanzia. È il caso dell’amiotrofia spinale infantile, della neurofibromatosi, dell’osteogenesi imperfetta, delle condrodisplasie e della sindrome di Rett. In più del 50% dei casi, le malattie rare possono comparire nell’età adulta, come la corea di Huntington, la malattia di Crohn, la malattia di Charcot-Marie-Tooth, la sclerosi laterale amiotrofica, il sarcoma di Kaposi o il cancro della tiroide.

Per molte delle malattie rare conosciute non esiste ancora una cura efficace. Tuttavia, sono numerosi i trattamenti mirati a migliorare la qualità della vita delle persone colpite. Tutte le persone colpite da queste malattie incontrano difficoltà nel raggiungere la diagnosi e nell’ottenere informazioni a riguardo. Problematici anche l’accesso a cure di qualità, la presa in carico sociale e medica della malattia, il coordinamento tra le cure ospedaliere e le cure di base, l’autonomia e l’inserimento sociale, professionale e civico. Per conoscere le direttive europee riguardanti le malattie rare e i farmaci orfani si può consultare il sito della Commissione Europea. Per saperne di più sulle malattie rare oggi note, consultare il portale delle malattie rare e dei farmaci orfani Orphanet.

Storie rare: l’acromatopsia.
In bianco e nero, come in un vecchio film. È in questo modo che le persone colpite da acromatopsia vedono il mondo: senza colori. La malattia, annoverata tra quelle rare e congenite, non è degenerativa e si manifesta con cecità completa o parziale ai colori, sensibilità alla luce e bassissima acuità visiva. Secondo uno studio effettuato negli Stati Uniti, una persona su 33 000 ne è affetta. In base a questo dato, in Italia si stimano circa 2000 persone colpite da acromatopsia.

Perché chi è colpito da questa malattia non riesce a percepire i colori?
Nella retina dell’occhio esistono due tipi di cellule sensibili alla luce: i coni e i bastoncelli. I coni (circa 6 milioni) sono concentrati in prevalenza al centro della retina, nella regione denominata macula, e sono specializzati per la visione diurna: permettono di adattarsi alla luce, percepire i colori e distinguere i dettagli fini. I bastoncelli (circa 100 milioni), concentrati in prevalenza nella periferia della retina, sono specializzati per la visione notturna: sono molto più sensibili alla luce dei coni ma si “saturano” rapidamente quando questa aumenta, e non permettono di percepire i colori né di distinguere bene i dettagli. Nelle persone dotate di una vista comune i coni e i bastoncelli si integrano tra loro e permettono di vedere in varie condizioni d’illuminazione. Nella retina delle persone colpite da acromatopsia, invece, il funzionamento dei coni è ridotto o nullo. Per questo gli acromati affidano la propria vista unicamente a una parte della retina con la conseguente cecità ai colori, la scarsa acuità visiva e l’incapacità di adattarsi in modo normale a una luce intensa come quella diurna.
“Le manifestazioni variano di caso in caso”, racconta Lorenzo Luchetta, vicepresidente dell’Associazione Acromati Italiani Onlus, interessato dalla malattia. “Percepire la realtà che ci circonda in una scala di grigi non è l’unico limite”, sottolinea Luchetta. “I problemi maggiori riguardano la riduzione del visus e l’essere letteralmente accecati dalla luce”. Tuttavia, le difficoltà principali sono costituite dalle barriere architettoniche e sociali, nonché da una normativa carente e non recepita dagli enti.
“L’acromatopsia, oltre ad essere una malattia rara, è poco conosciuta e considerata. A scuola spesso non si è dotati degli strumenti necessari per consentire ai ragazzi colpiti di studiare con facilità e per strada o nelle strutture pubbliche le condizioni di vivibilità non migliorano”, spiega Luchetta. “Un acromata ha bisogno di indicazioni riportate su targhe con uno specifico font, della giusta dimensione e ben visibile. Anche il contrasto di colore è necessario, per percepire una diversa intensità. Nei casi in cui questo non è sufficiente, occorre il linguaggio Braille.
Per strada inoltre la difficoltà maggiore, oltre all’impossibilità di guidare, riguarda gli attraversamenti pedonali. Le amministrazioni comunali spesso non sono consapevoli. Basterebbe introdurre il Sistema Loges-Vet-Evolution (LVE) che integra percorsi tattili a piste guidate, garantendo la sicurezza e l’autonomia delle persone con disabilità visiva.” L’Associazione Acromati Itaiani Onlus opera ogni giorno per diffondere notizie riguardanti la malattia e favorire l’abbattimento delle barriere architettoniche che limitano la libertà e la mobilità di chi è colpito dalla malattia. Tra le attività previste a breve, come ricordato dalla Presidente Elisabetta Leonardi, un percorso di “Dialogo nel colore”, grazie al quale tutti potranno sperimentare i limiti e le difficoltà vissuti dagli acromati.


Redattore Sociale del 27-02-2017

Malattie rare, Lega del Filo d’oro: spesso causano la sordocecita’

In occasione della X Giornata mondiale. La Lega del Filo d’Oro fa il punto sulla relazione tra patologie rare e pluridisabilità sensoriale: nel 2016, delle 291 persone in cura presso il centro nazionale di Osimo, il 34% aveva una malattia rara: particolarmente diffusa la sindrome di Charge. “Decisivo l’intervento precoce”.

ROMA. La sordocecità è in molti casi provocata da una malattia rara: lo fa sapere la Lega del Filo d’oro, in occasione della X Giornata mondiale delle malattie rare (28 febbraio). Proprio le malattie rare infatti, che colpiscono circa un nuovo nato ogni 2 mila, sono tra le prime cause di sordocecità e pluriminorazioni tra gli utenti seguiti dalla Lega del Filo d’Oro. “Nel 2016 – riferisce la onlus – delle 291 persone trattate al Centro nazionale di Osimo della Lega del Filo d’Oro, il 34% è colpito da malattie rare. Oltre il 60% ha un’età compresa tra i 5 e i 18 anni, l’11% ha un’età compresa tra 0 e 4 anni e poco meno del 20% sono adulti e hanno un’età superiore ai 26 anni”.

Secondo l’Oms, le malattie rare sono tra 6 mila e 7 mila e colpiscono complessivamente circa il 3% della popolazione: tra 27 e 36 milioni di persone nella sola Unione Europea, di cui circa 1-2 milioni in Italia. Particolarmente diffusa tra le persone sordocieche e pluriminorate psicosensorialiè la sindrome di Charge, di cui la Lega del Filo d’Oro è punto di riferimento in Italia: si tratta di un’anomalia congenita rara che può colpire diverse parti del corpo e coinvolgere, oltre alla struttura oculare e dell’orecchio, il cuore, una o entrambe le cavità nasali, i genitali e causare inoltre un ritardo nella crescita e nello sviluppo. Diffusa, anche la sindrome di Usher, una malattia congenita che provoca disabilità uditiva e perdita della vista, per un deterioramento della retina noto come “retinite pigmentosa”.

Per quanto riguarda il trattamento di queste patologie, “non esistendo un approccio riabilitativo standard a questi tipi di disabilità, – spiega la Lega del Filo d’Oro – l’equipe si impegna a costruirlo di volta in volta, a seconda dell’utente che arriva al Centro, del grado e della combinazione delle minorazioni, del momento e delle cause della loro insorgenza e anche dell’ambiente socio-familiare. Così per ognuno viene messo a punto un piano di intervento riabilitativo personalizzato, attuato sempre con il coinvolgimento delle famiglie, delle istituzioni e dei territori: solo in questo modo si può, infatti, realizzare pienamente il reinserimento nella società”.

Come spiega Patrizia Ceccarani, direttore tecnico scientifico della Lega, “è importante che attorno ai genitori di bambini affetti da sindromi rare ci sia una rete di professionisti e persone dal volto amico che offrano accoglienza e sostegno. Anche perché la famiglia, insieme alla guida di esperti, è cruciale per lo sviluppo di un bambino affetto da queste malattie; quando un genitore riesce a comprendere le difficoltà del figlio, si trova nella condizione migliore per prendersene cura e facilitare lo sviluppo delle sue potenzialità”. Così come decisivo è “l’intervento precoce – continua Ceccarani – con cui si cerca di far utilizzare al meglio le risorse residue e di sviluppare strategie alternative”.

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