Elezioni amministrative

Da Genova a Taranto, da Carrara a Sesto S. Giovanni, comizi, assemblee, programmi elettorali pieni di buone intenzioni o di buone illusioni lasceranno il campo alla prova dei fatti. Liste e candidati, che nell’ultimo mese hanno cercato la fiducia e il consenso delle masse popolari proponendosi come “quelli giusti” per cambiare le cose.

 

Elezioni amministrative 11 giugno: non fermarsi al voto! Costruire Amministrazioni Locali di Emergenza in tutto il paese

Domenica 11 giugno ci saranno le elezioni in circa 1000 comuni del paese. Da Genova a Taranto, da Carrara a Sesto S. Giovanni, comizi, assemblee, programmi elettorali pieni di buone intenzioni o di buone illusioni lasceranno il campo alla prova dei fatti. Liste e candidati, che nell’ultimo mese hanno cercato la fiducia e il consenso delle masse popolari proponendosi come “quelli giusti” per cambiare le cose. Spenti i riflettori e il connesso tam tam mediatico che caratterizza ogni campagna elettorale (dove si parla e si fanno promesse a ruota libera contro la disoccupazione, lo smantellamento dei servizi, la devastazione ambientale, ecc.) i contendenti si divideranno più chiaramente e inevitabilmente in due grandi filoni.

Due direzioni, due vie, una questione decisiva.

Amministratori e amministrazioni in linea con la politica delle Larghe Intese (PD, FI, Lega Nord, Alternativa Popolare, ecc.): aldilà degli schieramenti con cui si presentano (liste di partito, liste civiche e liste civetta), sono l’emanazione locale dei vertici della Repubblica Pontificia, esecutori fidati delle politiche centrali e delle leggi antipopolari che il governo promuove, sostenitori di modelli amministrativi che da una parte fanno degli enti locali (ad ogni livello) centri di potere e clientelismo con cui ogni fazione della borghesia del nostro paese, cerca di ricavare profitto a discapito degli altri concorrenti, dall’altra usano il proprio ruolo di amministratori per alimentare la guerra tra poveri e la mobilitazione reazionaria delle masse popolari. Sia facendo leva sulla sicurezza, l’ordine pubblico e l’immigrazione (e con loro i Decreti Minniti -Orlando troveranno sindaci sceriffi pronti ad usarne e abusarne) sia sottomettendosi, convintamente o meno, ai mille ricatti e vincoli economici che oggi impediscono alle amministrazioni locali di funzionare nell’interesse della collettività (come il pareggio di bilancio, il rientro del debito, le multe e le vessazioni economiche per i cittadini). Questo stuolo di politicanti e amministratori, sono il vecchio che si tira a lucido per sembrare nuovo e mostrerà subito il suo vero volto. Sono quelli del “prima gli italiani”, gli stessi italiani cui tolgono lavoro, casa, servizi pubblici, ma sono anche quelli de “la legalità – borghese – prima di tutto” (come una parte del M5S che trova espressione più compiuta proprio nella giunta Raggi a Roma).

Amministratori e amministrazioni “anomale” e di rottura rispetto alle Larghe Intese (M5S, liste DeMa, liste della Sinistra Borghese): stante il bivio cui si trovano gli enti locali (obbedire a chi?) e alla luce degli ultimi attacchi che a suon di legge e decreti (dalla Legge Delrio alla Riforma Madia) riducono le amministrazioni locali a esecutori delle decisioni del governo e vessatori delle masse popolari, sono sempre più gli aspiranti amministratori che si mettono sulla strada di disobbedire al governo e ai suoi ricatti, cercando in questa battaglia l’alleanza con le masse popolari (organismi popolari, comitati, reti), che in ogni città sono già esempio di mobilitazione e protagonismo popolare nella soluzione ai mille problemi cui oggi le istituzioni non fanno fronte.

Una questione decisiva. Se questa è una fotografia dell’esistente, non è certo solo con il voto di domenica 11 giugno che le masse popolari potranno favorire, tra queste, la tendenza più avanzata. Perché la spinta decisiva affinché si affermino nuove amministrazioni locali (Amministrazioni locali di emergenza), orientate a non sottostare ai poteri forti locali e al governo centrale e a usare il proprio ruolo per servire gli interessi collettivi e quelli delle masse popolari, sta

– nella capacità di spinta dal basso delle masse popolari organizzate, che già si mobilitano e si organizzano attraverso mille forme di resistenza alla crisi, di stabilire passo dopo passo, cosa deve fare un’amministrazione locale per favorire la propria battaglia particolare, di esercitare nella pratica il controllo popolare affinché ad ogni impegno corrispondano fatti, azioni e misure concrete. Un esempio che va in questa direzione è la mobilitazione degli operai della Rational (Massa), che nel recuperare la fabbrica che il padrone ha fatto chiudere, stanno mettendo in campo una mobilitazione che ha avuto tra le proprie tappe, l’irruzione in Consiglio Comunale per portare all’ordine del giorno dell’Amministrazione, il sostegno concreto (risorse, mezzi, relazioni) al problema del lavoro a Massa e in provincia, a partire dal dare seguito alle stesse parole del sindaco Volpi di qualche tempo fa “se gli operai sono determinati, noi metteremo a loro disposizione risorse materiali e finanziarie”.

E’ uno dei tanti esempi di amministrazioni alla prova dei fatti. E’ uno dei tanti esempi che mostrano come ogni progetto di risanamento politico, economico e sociale, non può che fondarsi sull’attivismo, la mobilitazione e la spinta delle masse popolari organizzate. Delibere e mozioni e dichiarazioni di “supporto” sono importanti ma ausiliarie e restano chiacchiere se non si passi a fatti concreti;

– nella capacità delle nuove amministrazioni, di legarsi strettamente e senza riserve alla mobilitazione popolare, a partire dal sostenere, a parole e con i fatti, le principali questioni in ballo della città e della campagna elettorale: aziende che chiudono e difesa dei posti di lavoro, servizi pubblici e di qualità (come l’acqua, l’istruzione, la sanità), ambiente sano, ecc. Alcune esperienze dell’Amministrazione De Magistris a Napoli sono un esempio (assegnazione degli spazi abbandonati, applicazione del Decreto Minniti);

– nella capacità delle amministrazioni locali, di collegarsi e coordinarsi con altre amministrazioni che si muovono sullo stesso terreno della non sottostare al governo centrale e di attuare subito e dal basso tutto quello delle disposizioni progressiste della Costituzione che è possibile attuare localmente sia pure disobbedendo alle leggi del governo centrale e facendo fronte alle sue manovre, facendo leva su una Costituzione tuttora vigente.

Nessun comune si salva da solo e chi vuole lavorare con prospettive di successo, deve principalmente dedicarsi a promuovere la crescita del numero di organismi operai e popolari e sostenerne il lavoro: i sindaci disobbedienti o vanno su questa strada o faranno quello che, con tutta evidenza, è avviata a fare Virginia Raggi a Roma. Anche la linea di poter cambiare le cose per via elettorale (sponda politica) o quando andranno al governo (M5S) senza la mobilitazione delle masse popolari è seminare illusioni o imbrogliare (il triste epilogo del governo Tsipras è ancora li ha dimostrarlo).

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Prendiamoci tutto, organizzati si può!
Il Partito dei CARC saluta e augura buon lavoro ai 515 delegati al II Congresso Nazionale dell’USB che si apre oggi a Tivoli (Roma)

La situazione in cui si svolge il vostro II Congresso è grave, nel nostro paese come nel resto del mondo (il capitalismo è in crisi ovunque): smantellamento un pezzo dopo l’altro dell’apparato produttivo, crescita della disoccupazione e della precarietà, crescente limitazione della sovranità nazionale a beneficio della NATO, della Troika e delle altre istituzioni del sistema imperialista mondiale, sfascio dei servizi pubblici, eliminazione di quanto resta dei diritti dei lavoratori e delle libertà democratiche conquistati con la vittoria della Resistenza e le lotte degli anni successivi, persecuzione degli immigrati, disgregazione sociale, devastazione e inquinamento del territorio, corsa alla guerra.

Questo è il corso delle cose in cui siamo immersi e che i vostri documenti congressuali illustrano in dettaglio. Questa è la situazione a cui anche l’USB è chiamata a fare fronte con adeguate e coraggiose decisioni congressuali, perché è un momento in cui sono necessari e possibili grandi e decisivi cambiamenti in campo sociale, politico ed economico.

La situazione è drammatica, ma nello stesso tempo è dinamica: tra le masse popolari crescono l’opposizione e la mobilitazione contro il governo Gentiloni-Renzi e l’arroganza padronale, aumentano il distacco e il disprezzo nei confronti della classe dominante e delle sue istituzioni, le stesse classi dominanti per mantenere il loro potere devono escogitare forme e procedure che sono sempre più autoritarie e nello stesso tempo precarie e la crisi del sistema politico del nostro paese si intreccia con la crisi del sistema di relazioni internazionali dominato dalla Comunità internazionale degli imperialisti europei, americani e sionisti e con quella dell’Unione Europea.

È vero che una parte dei lavoratori anche se malcontenta subisce passivamente ed è vero anche che non ci sono scioperi che bloccano il paese, manifestazioni oceaniche, occupazioni generalizzate delle aziende. Ma quello da cui bisogna partire è che la mobilitazione e l’organizzazione degli operai e degli altri lavoratori in autonomia dai sindacati di regime e dai partiti borghesi, sia pure lentamente, stanno avanzando, spinte anche dalla complicità sempre più aperta dei sindacati di regime con governo e padronato e dall’ulteriore allineamento della FIOM ai sindacati collaborazionisti. Le manifestazioni più evidenti sono la lotta dei lavoratori di Alitalia, dell’Ilva e della ex Lucchini per la nazionalizzazione, le iniziative contro il sistema Marchionne negli stabilimenti FCA, le mobilitazioni contro l’applicazione dell’infame CCNL dei metalmeccanici e i peggioramenti che comporta e contro il Testo Unico sulla Rappresentanza (TUR) sindacale del 10 gennaio 2014, le lotte coraggiose degli operai della logistica. A queste si aggiungono una miriade di lotte sparse, anche molto piccole.
 

 
Da qui bisogna partire e condurre ogni battaglia come parte di una guerra.

1. Portare su scala via via più ampia l’esempio e gli insegnamenti delle iniziative d’avanguardia e usarli per “far montare la maionese” dell’organizzazione e della mobilitazione e della lotta. Ognuna delle iniziative d’avanguardia (dall’Alitalia alla FCA, dall’Ilva alla logistica fino alla Rational di Massa), indica che:

– ovunque qualcuno è deciso a promuoverla, si organizza per farlo con una linea giusta (o almeno correggendo via via gli errori senza scoraggiarsi) e lo fa, la resistenza si sviluppa,

– anche un solo operaio determinato e ben orientato può mettere in moto il gruppo di operai,

– quando gli operai e gli altri lavoratori (anche un piccolo gruppo) scendono in lotta, trascinano anche il resto delle masse popolari e costringono gli esponenti dei sindacati di regime, delle istituzioni e dei partiti borghesi a rincorrerli e a mobilitarsi in loro sostegno: chi per non perdere o per cercare di guadagnare seguito e voti tra le masse, chi per timore che “l’incendio si propaghi”, chi per regolare i conti o fare le scarpe ai concorrenti, chi perché è sinceramente preoccupato e indignato di come vanno le cose e aspira a che vadano meglio.

Agli insegnamenti diretti e immediati delle iniziative d’avanguardia, noi comunisti dobbiamo aggiungere che

– chiusure e delocalizzazioni, precarietà, dissesto ambientale, eliminazione dei diritti, ecc. sono tutti effetti (diretti o indiretti) della crisi del capitalismo, che non casca dal cielo ma nasce proprio da attività che per i padroni, per i loro governi e per le loro autorità sono normali, naturali e doverose: usare i soldi per fare altri soldi, usare le aziende per arricchirsi, fare un’attività solo se rende, chiudere le aziende che non danno profitti, trasferire le aziende dove possono saccheggiare di più l’ambiente e sfruttare di più i lavoratori. Questa crisi non ha vie d’uscita restando nell’ambito di relazioni capitaliste: né “tenendo testa alla competizione globale”, né “facendo come la Germania” o “liberandoci dall’oppressione della Germania”;

– per porre rimedio da subito almeno agli effetti peggiori della crisi attuale ci vuole un governo animato dalla volontà di finalizzare tutta la vita del paese a questo obiettivo e deciso per realizzarlo a passare sopra sistematicamente anche agli interessi dei ricchi e del clero, alle loro abitudini, a relazioni che per loro sono naturali. Quindi un governo instaurato per iniziativa delle organizzazioni operaie e popolari esistenti e formato dai loro dirigenti ed esponenti. Perché solo un governo così può fare, tutte insieme e ben combinate tra loro, cose che i padroni e i loro governi al massimo fanno una a una e solo con difficoltà, solo saltuariamente, quando sono tirati per i capelli, quando non ne possono fare a meno, che fanno il meno possibile e che smettono di fare appena possibile.

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Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza – per il Comunismo (CARC)
Via Tanaro, 7 – 20128 Milano – Tel/Fax 02.26306454
e-mail: carc@riseup.net – sito: www.carc.it

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