Chi sono i rifugiati ambientali? Secondo Essam El-Hinawi, che ha introdotto questo termine nel 1985, si tratta di “persone che sono state costrette a lasciare il loro habitat abituale, temporaneamente o per sempre, a causa di una significativa crisi ambientale o che sono state spostate in via definitiva da significativi sviluppi economici o dal trattamento e dallo stoccaggio di scarti tossici.
NEWSLETTER DI COMUNE
UN MONDO NUOVO COMINCIA DA QUI
È venuto il tempo di chiedere ai lettori di aiutarci a cominciare un’altra volta. La campagna annuale di Comune è la garanzia della nostra indipendenza e del rifiuto di vendere o comprare quel che raccontiamo. Come e perché aderire
CHI SONO I RIFUGIATI AMBIENTALI?
Le cause che spingono i profughi e i migranti ambientali ad abbandonare il loro paese sono diverse, così come le modalità con le quali lasciano i paesi. Giornata internazionale del rifugiato: quello che la retorica istituzionale non dice e non propone
GUIDO VIALE
L’OSCENA CACCIA AI MIGRANTI DEL SAHEL
Una vera e propria taglia sulle capigliature dei migranti, no, non l’aveva chiesta. Ognuno ha il suo stile, nel commercio degli aiuti a “casa loro”. Eppure, quando il ministro degli esteri Paolo Gentiloni arrivò a Niamey con lo standardo della diplomazia italiana (ed europea), disse parole inequivocabili, nell’offrire denaro al poverissimo Niger, perché “fosse ridotto il numero dei migranti” che attraversavano il paese verso le coste africane del nord, come le leggi locali regolarmente consentivano. Era il novembre del 2016 e a Gentiloni nessuno doveva aver detto che laggiù nel deserto, dove chiedeva fossero rimandati a morire i pericolosi invasori, non esistono “regolari” e &ld quo;clandestini” ma solo esistenze colpevoli di coltivare la speranza di poter vivere meglio. Gli avrebbero evitato una gaffe. Adesso, forse, la caccia ai contrabbandieri di sabbia, come li chiama Mauro Armanino, missionario italiano in Niger, comincia a dare i suoi frutti osceni. E non poteva mancare il contributo della comunicazione, che chiama Piani di Rianimazione Umanitaria questo rigurgito di colonialismo d’antan – che prima o poi, c’è da giurarci, in un modo o nell’altro, istituirà qualche taglia sui “potenziali” terroristi
MAURO ARMANINO
IL TEMPO DEL VACCINISMO DI GUERRA
Adesso che le scuole sono finalmente chiuse, le pagelle consegnate e lo scontro sulla legge elettorale rimandato a data da destinarsi, anche le infuocate polemiche sul necessario trattamento sanitario obbligatorio per 800 mila ragazzini, “invitati” caldamente ad assumere otto vaccini entro settembre, cominciano a scemare. Era ora. L’interesse generale è salvo e si avvicina l’ora della spiaggia anche per gli scienziati, che dovranno occuparsi d’altro, della composizione migliore per le creme solari al tempo del cambiamento climatico, per dirne una. Non vanno in vacanza, invece, gli ostinati “cialtroni”, opposti proprio agli uomini di scienza nella grande tenzone vaccinica primaverile. La nostra amica Alexik si distingue per tenacia e sfodera la prima puntata di una delle sue micidiali inchieste proprio sulla comunicazione, diciamo “istituzionale” (ma è una parola grossa), della ministra Lorenzin. Ne sa una più del diavolo, Alexik, e azzarda un’ipotesi originale quanto inverosimile: non è la mancanza di vaccinazioni di massa la causa scatenante della diffusione delle tremende epidemie di massa di morbillo che devastano l’Europa. L’insidioso sospetto risulta ben più inquietante delle calunnie sui Rolex che i soliti noti hanno inventato per denigrare la tempestiva campagna della lungimirante ministra. Un’assurda cialtronata
ALEXIK
ESISTE UN’EMERGENZA MIGRAZIONI A ROMA?
“Limitarsi a fatti e numeri sarebbe facile, e basterebbe guardare questa mappa per capire che le dimensioni del problema migrazione sono misurabili nell’ordine delle decine di milioni di persone, e che il ‘così non si può andare avanti’ della sindaca di Roma, e la sua richiesta di ‘moratoria al prefetto, suonano puerili e grottesche, se collocate nelle reali dimensioni dello scenario globale – scrivono quelli di Baobab experience – Esiste un’emergenza migrazioni? Certamente: esiste in Siria, in Turchia, in Libano, nello Yemen, in molti paesi dell’area subsahariana, in Pakistan, in Afghanistan. Persino in Ucraina. Non in Europa occidentale. Questo dicono i numeri, ma i numeri non ci dicono tutto…”
BAOBAB EEXPERIENCE
SE UNA RAGAZZINA SI TAGLIA
Cronache dei nostri giorni: una ragazzina, chiamiamola Luna, posta su Instagram un video dove balla seminuda. Luna ha 12 anni. I suoi compagni di scuola la vedono e cominciano a lapidarla di insulti tra cui quello di puttana è fra i più gettonati. Luna si riempie di tagli un braccio e lo posta con il commento: “È questo che volevate?”. Cronache dal deserto del reale contemporaneo. Nulla di nuovo si intende. “Ci abbiamo fatto l’abitudine. Squadre di psicologi di tutte le razze, dagli psicoanalisti ai mental coach a indicare l’origine del male. Del resto, ricorda Paolo Mottana, gli adolescenti godono di cattiva fama da quando sono stati inventati, “vittime della bruttura dei genitori, cert o, della loro distrazione, del loro ombelico, dell’attenzione frettolosa e impaziente. Certo, sono loro i colpevoli, secondo gli psicologi. Ma gli psicologi vedono solo le relazioni primarie. Non sembrano vedere che tutti quanti vanno in scena in un dramma i cui copioni sono scritti dalle strutture sociali, da quelle del lavoro, da quelle del denaro, da quelle stomachevoli e senza pietà dei profitti di pochi a danno di tutti gli altri… “. Ma quelle strutture le alimentiamo noi ogni giorno
PAOLO MOTTANA
I FIGLI NON SONO VOTI
Scrive Penny, madre e insegnante: “I figli non sono voti… Eppure dentro ai voti qualcuno ce li infila. A testa in giù. Li schiaccia in uno schermo e li fa diventare numeri. Giorni di pagelle elettroniche e scrutini… Dovremmo saperlo che la competenza non passa solo dal sapere e non ci dovremmo accontentare di cercare solo quella. Non basta. Esiste una competenza a cui dovremmo guardare, oltre l’italiano, il latino, la fisica o il resto. Si chiama competenza umana… Se mio figlio si prende un 4 in pagella ma è attento a non fregare il suo compagno, amico, non lo scavalca e non fa della furbizia la sua forza, allora posso essere felice. Se si guarda intorno ed è curioso, se si intristisce quando vede un suo coetaneo con la pelle più scura davanti a un supermercato a chiedere l’elemosina e si fa domande. Se è capace di stare con se stesso. Fallibile ma sereno. E fa dell’umanità la sua fortezza, posso sollevarmi…”
PENNY
E SE AVVITASSIMO UN PO’ DI MEMORIA A UN LEGNO?
“Musica, spazi diversi, esperienze concrete e uso delle mani aiutano la memorizzazione di parole e concetti – scrive Franco Lorenzoni -, premessa necessaria all’affinamento di ogni ragionare…”
FRANCO LORENZONI
LA NATURA SI STA RIBELLANDO
Il clima sta cambiando, la natura si ribella, le disuguaglianze aumentano. Non basta fare un G7 a Bologna o un accordo a Parigi per fermare questo disastro ecologico e sociale. La tecnologia non basta a salvare il pianeta. Occorre abbandonare un modello di sviluppo basato sulla “crescita infinita”, che mira a far crescere il Pil, sottomettendo la natura, abbattendo i costi ambientali e sociali, facendoci consumare il più possibile. Una ruota per criceti, non per esseri umani. “Non bastano più le vuote promesse di un mondo migliore, non basta schierarsi contro il cattivo Trump per dire che i buoni fermeranno il disastro ambientale, con l’aiuto della tecnologia, senza rinunciare (ovviamente) alle comodità conquistate – scrive Linda Maggiori – In una società dove ci sono almeno 122 telefonini e 62 auto ogni cento abitanti, dove si producono mezza tonnellata di rifiuti annui a testa, dobbiamo comprendere i nostri eccessi…”?
LINDA MAGGIORI
IL PROFITTO FA STRAGI
L’accidentalità che ha innescato il fuoco alla GreenfelTower di Londra non deve offuscare il fatto che i rivestimenti del grattacielo fossero stati realizzati con materiali scadenti e non idonei. Un po’ come è accaduto alla Casa dello studente de L’Aquila. “A sentire i commenti vuoti di giornalisti e opinionisti, sembra che nessuno sappia dire o voglia capire che siamo in un sistema economico finalizzato esclusivamente alla crescita esponenziale del capitale – scrive Matteo Saudino -, crescita che avviene attraverso lo sfruttamento del lavoro e della natura e attraverso la mercificazione di ogni settore della società e della vita. In questa prospettiva, crede re a un capitalismo etico o ad uno stato di diritto che si faccia carico di tutelare in egual modo le libertà dei cittadini, equivale a credere all’esistenza di creature mitologiche come il grifone o la chimera… Un capitalismo dal volto umano è una strutturale contraddizione di termini… Così come risulta ingenuo affidarsi all’aiuto dello stato e dei governi, in quanto sempre più soggettività strumentali agli interessi di élite economiche e sociali…”. La messa in discussione del primato del profitto può cominciare solo dagli sfruttati
MATTEO SAUDINO
ACCENDIAMO FORNELLI, APPETITI E RELAZIONI
Questo mondo non ci piace, il cibo che arriva sulle nostre tavole non ci piace, la nostra città non ci piace. Cosa fare? Non lo sappiamo bene, hanno pensato quelli di Bread&Roses di Bari, in attesa di trovare qualche risposta, meglio cucinare insieme qualcosa di buono. Il luogo è stato trovato, recuperato ma soprattutto riempito di iniziative, relazioni e piatti gustosi. Certo è un’esperienza fuori mercato, ignorata dalla istituzioni locali ma forse proprio per questi motivi è una vera osteria popolare autogestita. Ora si tratta di acquistare una nuova cucina, non sarà mica così difficile? Un mondo nuovo comincia spesso in cucina?
R.C.
C’ERA UNA VOLTA LA CULTURA POPOLARE
“Una vera carognata”, dice Ascanio Celestini, che al Centro di Cultura Popolare (CCP) del Tufello ha portato Radio Clandestina 17 anni fa. “C’è un gusto perfido nell’annullare le cose belle”, replica Andrea Satta. Il pretesto è quello dei soldi, ricorda Moni Ovadia, ma possiamo monetizzare il valore culturale, umano di un luogo come questo? Le voci attonite di Celestini, Satta, Ovadia, insieme a quelle di Alessandro Portelli, Carlo Freccero, Nando Citarella, Alessandro Parente e molti altri (c’è perfino quella, indimenticabile, di Valentino Parlato) non riescono, in tutta evidenza, a farsene una ragione. Nei video che accompagna la notizia qui linkata li vedete tutti p erfino un po’ imbarazzati di dover rispondere a un appello per evitare la chiusura di uno spazio piccolo, un po’ angusto, dove sono scolpite la storia della cultura popolare, ma anche molta di quella dei movimenti sociali, di un quartiere e di una città come Roma da quarant’anni. L’assurda pretesa dell’Ater è che il CCP paghi più di mille euro per ogni straordinario anno della sua storia. Un’usura (del tempo) di 45 mila euro per un sottoscala che resta uno dei simboli più antichi e ricchi dell’indipendenza e della libertà di una cultura politica che non si vuole neanche ricordare. La testimonianza della portata di un naufragio istituzionale incapace di riconoscere e comprendere le espressioni più belle della storia della sua città. Chi può, nei gradini più alti o bassi che siano dell’anfiteatro circense politico romano, faccia qualcosa perché non si compia anche ques ta carognata
CCP TUFELLO
«COMUNE» COME AUTOGOVERNO DAL BASSO
Nei territori è più evidente l’aggressione della crisi, ma la dimensione delle comunità territoriali è anche quella che permette con più facilità la possibilità di un’inversione di rotta verso un’idea di città e di territorio, basata sulla riappropriazione sociale dei beni comuni. Per questo, ricorda Marco Bersani, in molte realtà metropolitane (da Barcellona e decine di città in Spagna, alle esperienze italiane di «Decide Roma» e «Massa Critica» di Napoli, per citare solo le più note) c’è chi mette in discussione il regime del debito pubblico e tenta di riprendersi il «comune», sia nel senso del luogo (città, comuni e territori) sia nel senso del «comune» come percorso di autogoverno dal basso
MARCO BERSANI
HAMAS GOVERNA GAZA DA DIECI ANNI
La vita al limite dell’impossibile nella Striscia a dieci anni dalla presa del potere del movimento islamico: tra operazioni militari, assedio esterno, calo del consenso verso il governo attuale ma rabbia anche verso Ramallah. Hamas dice di aver fatto il possibile per difendere Gaza e di aver governato al meglio delle possibilità tra attacchi israeliani, pressioni dell’Anp e l’isolamento al quale ora partecipano anche i Paesi arabi. C’è però chi pensa invece che il movimento fondato nel lontano 1987 dallo sceicco Yassin abbia messo la testa sotto la sabbia e non abbia capito che dopo dieci anni in queste condizioni la gente di Gaza non può andare avanti. Un errore che pagherebbe caro in termini di consenso popolare?
MICHELE GIORGIO
QATAR, CHI È SENZA PECCATO…
La mia prima reazione alla notizia dell’isolamento del Qatar da parte di Arabia saudita, EAU, Bahrain, Yemen e Egitto (cui hanno subito plaudito le Maldive, il generale Haftar, che contesta il governo di unità nazionale libico, e Israele), con l’accusa di fomentare il terrorismo internazionale, è stata di farmi una risata. Perché i re del Golfo prendono di mira il Qatar invece di sfidare il clero che legittima la lotta armata in nome dell’Islam? Non certo per lottare contro il terrorismo, sarebbe più convincente l’ipotesi di imbavagliare Al-Jazeera ma non basta certo a spiegare tutto. Tutti quelli che hanno imposto l’embargo sul Qatar, che non è certo una democrazia liberale, sono regimi autoritari, che disprezzano la democrazia, le libertà civili o l’autodeterminazione popolare. Altrimenti come si spiegherebbe l’adesione immediata dell’Egitto di al-Sisi e dell’Israele di Netanyahu? Il Qatar ha una costituzione, ratificata con referendum popolare nel 2003, ed un’Assemblea consultiva con poteri legislativi (anche se l’emiro deve poi ratificarle) che in base alla costituzione deve diventare elettiva. Le donne hanno diritti politici, possono votare e candidarsi, quando in Arabia saudita non possono ancora guidare e, per i diritti civili e politici, la sicurezza umana e i diritti del lavoro, l’Arabia saudita è classificata tra i 27 paesi dove il rischio è estremo. Non si tratta di identificare il peggiore della classe, ma è certo che coloro che attaccano il Qatar non hanno le credenziali per farlo
GIANLUCA SOLERA
GAETANO, IL BASKET E LE PATATE VOLANTI
Gaetano se n’è andato via troppo presto. Non ha fatto in tempo a sapere che a Suleymanya, nel Nord dell’Iraq, adesso c’è un centro per i ragazzi siriani costretti a fuggire da Arbat che vuole ricordare le sue passioni e tutto il suo tempo dedicato a prendersi cura degli altri. Il centro ha infatti anche un bel campo da basket che è stato costruito, grazie a una straordinaria raccolta di fondi promossa da Un Ponte per…, anche per dare uno sviluppo concreto ai sogni di Gaetano d’Ovidio, che con il “Ponte” aveva lavorato come volontario nei campi profughi palestinesi in Libano, dove lo ricordano ancora con grande affetto. Le pareti del centro di Suleymanya sono cope rte da bellissimi murales, frutto di una significativa collaborazione con l’artista friulano Mattia Campo dall’Orto, che ha contribuito in maniera determinante a far liberare la creatività immaginativa dei ragazzi. Nascono da quella relazione le “Flying Potatoes” fotografate da incuriositi ragazzi e quel fondale verde prato, espressione di un bisogno e di desiderio che non possono e non devono essere nascosti
DOMENICO CHIRICO
ANGELA E L’ALBERGO A CINQUE STELLE CON LE SBARRE
La convenzione di Angela Giordano è stata revocata poco meno due anni fa. È stata per quattro anni educatrice a partita Iva in ‘sub-convenzione’ con l’amministrazione penitenziaria della casa circondariale ‘Lorusso e Cutugno’ di Torino, una delle eccellenze della rieducazione dei detenuti del nostro paese, uno di quei posti da favola che fanno quasi invidiare chi ha perso, magari solo per un po’, la sua libertà. Certo, Angela aveva una condizione lavorativa precaria, come quasi tutti ormai, che ci vuoi fare? La cosa bizzarra, però, è che la ragione della perdita del lavoro, per Angela, non è stata la fragilità del contratto. No, p urtroppo lei, che lavorava pure nella sezione Arcobaleno, si è macchiata di altre colpe, più gravi: l’abbraccio con un’amica che protestava davanti al carcere, la partecipazione a manifestazioni No Tav, l’aver indossato le magliette sbagliate ma, soprattutto, l’incapacità di chiudere gli occhi e la bocca di fronte a quello che vedeva in quell’eden con le sbarre. Quest’anno, poi, tutto questo lo ha raccontato in un libro: Non ho visto niente. Sul come essere No Tav comporti perdere il lavoro, Sensibili alle Foglie. Non perdetelo
ALEXIK
AGENDA:
Educazione, formazione e ricerca in un’ottica femminista
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