Riprendendo un’antica prospettiva pasoliniana, Amador Fernández-Savater sostiene che una forza politica non è niente se non è radicata in un “mondo” che compete con quello dominante, in termini di forme di vita desiderabili. Poi s’interroga su cosa potrebbe svelarci oggi uno sguardo antropologico contemporaneo sulla politica: quali sono i mondi in collisione?
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LA VOCE DI COMUNE E’ UNA VOCE GIUSTA (Elena Giuliani)
Mi capita spesso di non trovare le parole, di non riuscire a dire quel nodo che ho dentro ogni volta che so di un corpo inghiottito dal mare, di una vita spezzata da una delle tante guerre di questo mondo, della disperazione di una terra violentata dall’ingordigia di pochi e del dolore che questo produce nelle vite che ci vivono, dell’ingiustizia che governa le nostre esistenze… In un tempo in cui siamo sommersi di miliardi di parole di disinformazione, è importantissimo trovare la voce giusta e farsi aiutare. La voce di Comune è una voce giusta, ed è la voce di tante persone che si mettono insieme per fare r-esistenza. Dò quindi molto volentieri il mio piccolo sostegno perché possiate continuare a fare quello che fate, a fare Informazione, a trovare le parole da dire. Anche per me.
LA RIVINCITA DELLA SOCIALITÀ’ DEL SUD
Riprendendo un’antica prospettiva pasoliniana, Amador Fernández-Savater sostiene che una forza politica non è niente se non è radicata in un “mondo” che compete con quello dominante, in termini di forme di vita desiderabili. Poi s’interroga su cosa potrebbe svelarci oggi uno sguardo antropologico contemporaneo sulla politica: quali sono i mondi in collisione? Per esempio quello di una cultura della modernità del Nord segnata dal dominio di un immaginario – vivere per lavorare, accumulare “sempre più”, ecc. – che però non è mai stato completo. Dall’altra parte, ma naturalmente non si tratta di puri riferimenti geografici, c’è la socialità di un Sud che res iste da sempre, seppur poco visibile. E’ capace di ribellarsi, ed è prima di tutto un impulso vitale, a-razionale, una volontà di vivere non come capita ma affermando un tipo di legame e una certa idea di felicità: uno stare-insieme antropologico. Quando ci hanno detto che “avevamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità” e che si doveva espiare e pagare, i valori del Sud hanno mostrato una potenziale rivincita, affermando altre idee basate più nel presente che nel futuro, nei legami che nella solitudine, nel tempo disponibile che nella vita per il lavoro, nell’empatia che nella concorrenza, nel godersi la grazia che nell’espiare la colpa per il debito. L’espressione “una vita che basta a sé stessa” continua a essere sovversiva. Non estrarre e accumulare ma vivere nel piacere di prendersi cura e di condividere, il più vicino possibile, ciò che ci è stato dato, qui e or a. L’insurrezione della socialità del Sud consisterebbe nell’affermare politicamente quest’altra idea di felicità, questa potenza sotterranea, questo mare di fondo
IL CAPITALISMO E’ IMBATTIBILE ?
Che significa oggi essere contro quel che fa e dice il capitale? Si dà per scontato che la maggior parte della gente pensi che, nonostante i suoi difetti, il capitalismo c’è e ancora non si è trovato niente di meglio. Affrontarlo apertamente sarebbe insensato, implicherebbe la rinuncia ai frutti dei progressi scientifici e tecnologici della storia umana, che il capitalismo avrebbe assorbito nella sua produzione, determinando ormai i bisogni e i desideri generali. I nostri desideri hanno ormai assunto la forma di merci. Ma è proprio così? Nella posizione anti-capitalista, scrive Gustavo Esteva, oggi c’è in primis la coscienza del pericolo attuale. Lo slittamento nella barbarie non è più un’alternativa teorica, come ipotiz zava Rosa Luxemburg cent’anni or sono, è già in atto. La lotta contro il capitale è più che mai lotta per la sopravvivenza del pianeta e di chi lo abita. Anche per quel che il capitalismo fa alla società e alla cultura distruggendo le basi della nostra convivenza e intensificando tutte le forme di violenza. Riprendersi desideri e bisogni è dunque un passo necessario, a cominciare dal cibo. Perfino coltivarlo da sé, in una terra recuperata o nel cortile di una casa in città, significa rompere con certe relazioni sociali proprie del capitalismo, recuperando insieme mezzi di produzione e capacità autonoma di decidere in una dimensione essenziale della vita. Questa posizione, contrariamente a quel che pensa la “sinistra” pro-capitalista, si diffonde continuamente in molte e diverse zone del mondo e fra le persone comuni, a volte per la pura lotta per la sopravvivenza, altre in nome di antichi ideali.
LA GRANDE TRUFFA DEI SALVATAGGI BANCARI
Naturalmente, dicono di farlo per l’interesse generale. In realtà, i cosiddetti salvataggi delle banche che vengono lasciate spolpare e poi, una volta arrivate vicino alla bancarotta, sono un furto con destrezza fatto per arricchire pochi a danno dei soldi tutti. Un furto di massa, perpetrato dai professionisti della politica a beneficio dei banditi dell’economia attraverso le banche. L’operazione avviene ogni volta con forme di aiuto diverse, a seconda di ciò che conviene alla banca da soccorrere e del modo migliore che si trova per aggirare le norme europee. Ora con prestiti trasformabili in azioni, ora con somme versate sotto forma di nuovo capitale sociale, ora dando soldi a una banca più grossa affinché assorba la banca in diff icoltà e continui a farla funzionare ripulita dalle situazioni più critiche. Come nei casi di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, che saranno rilevate da Banca Intesa in cambio di un intervento statale che può arrivare fino a 17 miliardi di euro
ROMPIAMO IL SILENZIO SULL’AFRICA
Non vi chiedo atti eroici, ma solo di tentare di far passare ogni giorno qualche notizia per aiutare il popolo italiano a capire i drammi che tanti popoli stanno vivendo. Alex Zanoitelli scrive ai giornalisti perché abbiano il coraggio di rompere l’omertà del silenzio mediatico che grava soprattutto sull’Africa. È inaccettabile il silenzio sulla vendita italiana di armi pesanti e leggere che incrementano guerre sempre più feroci da cui sono costretti a fuggire milioni di profughi. Non conoscendo tutto questo, il popolo italiano non può capire perché così tanta gente stia fuggendo dalla sua terra rischiando la vita per arrivare da noi. Nessuno li fermerà. Non è una questione emergenziale, ma strutturale al sistema economico-finanziari o. L’ONU si aspetta già entro il 2050 cinquanta milioni di profughi climatici solo dall’Africa. I nostri politici gridano: «Aiutiamoli a casa loro», dopo che per secoli li abbiamo saccheggiati e continuiamo a farlo con una politica economica che va a beneficio delle nostre banche e delle nostre imprese, dall’ENI a Finmeccanica Alex Zanotelli
LA GUERRA INVISIBILE A CHI DIFENDE LA TERRA
Tra le molte guerre che si stanno combattendo nel mondo, ce n’è una che cresce giorno dopo giorno, inesorabile quanto occultata, grazie al complice disinteresse e allo scarso rilievo con cui ne danno notizia i grandi media e i governi del mondo. Si tratta di quella segnalata – con massima preoccupazione – dall’ultimo Rapporto di Global Witness, una Ong che si occupa dei legami tra lo sfruttamento delle risorse naturali, i conflitti ambientali, la povertà, la corruzione e le violazioni dei diritti umani. Il rapporto è dedicato proprio alle vittime di quella guerra, unilaterale, alle persone che difendono la terra e l’ambiente dall’insaziabile sete di chi li aggredisce e rapina per ricavarne fiumi di denaro. Il settore pi ù insanguinato è quello minerario, 4 persone su 6, tra quelle assassinate, sono indigene, 6 su 10 sono state uccise in América Latina. Le responsabilità vanno attribuite, direttamente o indirettamente, agli apparati dello Stato o della sicurezza e a formazioni non statali, pistoleros, o forze di sicurezza collegate alle imprese. Una strage che chiama in causa in modo evidente i modelli di sviluppo e di consumo e l’ossessione per l’estrazione di valore dalla terra
IL GIORNALISMO SENZA PADRONE
Una galassia di quasi duecento mezzi di comunicazione, che occupa più di mille persone e raggiunge ogni mese cinque milioni di lettori, il 15 per cento della popolazione argentina. Quello che pubblicano, secondo Daniel Badenes, autore di un libro sull’esperienza delle riviste culturali indipendenti, non è merce. Non cercano il profitto per raggiungere la sostenibilità ma una giusta remunerazione per il lavoro autogestito. Sono rigorosamente indipendenti, differenti nei contenuti e nell’estetica e tendono a stabilire relazioni orizzontali. Occupano uno spazio di legittimazione della parola, della ricerca, del confronto, dove l’etica giornalistica continua ad avere valore e la qualità dei prodotti realizzati non ha niente da invidiare ai media egemonici. Molt e delle pubblicazioni realizzano anche laboratori di giornalismo, attività culturali e feste nelle quali di solito si raccolgono fondi per finanziare le riviste. Altre hanno realizzato centri sociali e culturali, oppure sono legate a organizzazioni di base e cooperative di lavoro. “Siamo azione, intransigenza e ribellione”, precisa Claudia Acuña, referente del collettivo Lavaca, l’esperienza più storica della galassia. È già il mondo nuovo, commenta Raúl Zibechi, un mondo in movimento, inquieto, che vive e cresce senza sosta
LE VANE COMPLICAZIONE UMANE
Una leonessa che allatta un cucciolo di leopardo. La danza della sottovalutata normalità va in scena quotidianamente, anche in questo preciso momento. Ti basta chiudere gli occhi e disattivare il timorato antivita che il sistema inoperativo ti ha imposto di installare. Vedi ciò che vedo io? Malgrado le divisioni semantiche e le ossessioni cromatiche, le anime differenti si attraggono e si incontrano ovunque. La diversità della natura non è affatto straordinaria
IL PASSO SOLIDALE DA FABRIANO A L’AQUILA
Duecentotrenta chilometri di cammino che diventeranno un progetto permanente di promozione del territorio. La solidarietà ha un passo lento e fermo. Un passo che sa capire e apprezzare la straordinaria bellezza di un paesaggio stupefacente ma sa anche comprendere ed emozionarsi profondamente di fronte alle macerie di eventi traumatici diversi, accomunati, forse, dall’impossibilità di occultare i livelli drammatici di distruzione fisica come i segni del dolore delle persone e delle comunità. Un viaggio fantastico attraverso la geografia e le storie di un territorio meraviglioso e ferito
MILIONI DI BICI VARIOPINTE IN COMUNE
Grande successo in Cina per il modello di bike-sharing senza postazione fissa: due nuove start-up si sono imposte nel colosso asiatico e ora, dopo aver ottenuto profitti milionari, puntano sia al mercato europeo che a quello statunitense. Ma non è tutto oro quello che luccica, tra rapporti con la Foxconn, provvedimenti del governo Cinese e problema del recupero delle bici che si rompono spesso perché di bassa qualità. Ecco la storia di una parte importante della rinnovata coscienza verde di una Cina che ripensa la sua Via della Seta: tra molte contraddizioni, sarà il Dragone orientale a salvarci dai cambiamenti climatici?
MAXIMA ACUNA HA SCONFITTO YANACOCHA
L’interminabile contesa processuale tra un colosso multinazionale che avvelena le Ande peruviane per estrarre l’oro e una donna indigena, ormai simbolo di ogni resistenza del pianeta, che difende un pezzo di terra e l’acqua di tutti ci ha abituato a usare ogni cautela. Eppure il pronunciamento della Corte suprema del Perù che assolve la disperata lotta di una contadina contro l’ingiustizia e l’arroganza del potere è un punto fermo. Sappiamo già che l’impresa mineraria non si rassegnerà. Non può farlo, perché il valore simbolico della sua sconfitta è troppo grande e pericoloso, ma sappiamo anche, da molti anni, che Máxima Acuña non è sola. La sua voce risuona tra i contadini di ogni angolo del pianeta e nella voce di chiunque si batta contro i soprusi e la “giustizia” dei potenti. Questa volta, però, è una voce di festa che esprime libertà e nuova speranza, una voce che dimostra come il campo del possibile sia molto più vasto di quel che il potere del denaro vuol farci credere
CON SOLI 150 DOLLARI, UCCIDI I PALESTINESI
Stanchi delle solite vacanze al mare? Beh, se siete dei tipi “tosti” cercate qualche tour operator che vi porti a sperimentare emozioni dal “gusto” indimenticabile. L’ultima attrazione turistica che registra un grande successo Israele potrebbe fare al caso vostro, userete pistole vere e sarete addestrati da personale molto qualificato. Agirete in varie situazioni simulate, tra cui un’esplosione in un mercato di Gerusalemme, un attacco con coltello, un torneo di cecchini e una dimostrazione dal vivo con i cani di attacco. Serve altro?
LA MUTAZIONE DI ENNAHDA IN TUNISIA
Nella primavera scorsa, Ennahda ha scelto di trasformarsi da movimento, nato in Tunisia a partire dagli anni ’70 come resistenza culturale alla modernizzazione all’occidentale e passato all’azione politica negli anni ’80, in un partito esclusivamente rivolto all’esercizio del potere. Rached Ghannouchi, il suo presidente, aveva allora rivendicato un posizionamento “musulmano democratico” e “un’uscita dall’Islam politico” che però di fatto non è mai avvenuta, almeno in termini così netti. La riconciliazione con lo Stato, consacrata con la partecipazione del presidente della Repubblica Béji Caïd Essebsi al congresso, è stata una scelta molto gradita sulla scena internazionale ma, considerato il profilo politico torbido e profondamente colluso con il regime di Ben Ali di Essebsi, difficile da far accettare a buona parte della base del partito. Ennahda, peraltro, deve ancora dimostrare di essere in grado di diventare un partito di governo non solo grazie al retaggio della sua identità islamica ma per una qualche specificità programmatica. La domanda principale resta però se saprà essere credibile (e per quanto tempo) nel difficile equilibrismo tra il campo secolarizzato dell’esercizio del potere e quello dell’Islam politico
GAZA DEVE VIVERE. UN NUOVO APPELLO
Ma come un altro appello per Gaza? Sì, un altro. Chi vive nell’enorme prigione dove il solo privilegio concesso è guardare il cielo, sarà ben più provato di chi legge dall’estenuante tendenza a ripetersi. Dieci anni di assedio non stancano, provocano uno sterminio. Eppure, chi è riuscito a scampare ai massacri delle molte campagne punitive di Tel Aviv, da qualche settimana vive un momento più grave: il caldo è insopportabile e due milioni di persone hanno elettricità per sole due ore al giorno. Quella elettricità che serve a conservare il cibo e l’acqua, a curare i malati negli ospedali e a svolgere ogni altra attività quando fa scuro. I responsabili – Israele, l’Egitto, ma anche l’Anp di A bu Mazen e il movimento islamico Hamas, impegnati in un letale scontro politico di cui pagano le conseguenze i civili – stanno a guardare l’agonia di chi può vedere solo un cielo di stelle da cui non pioverà la fine dell’assedio. Comune-info invita a firmare qui perché si ponga fine non solo a questa ma all’infinito stillicidio di vessazioni ed emergenze subito da chi sopravvive nella Striscia
LA NOSTRA ECONOMIA DELL’OBSOLESCENZA
La costante sostituzione di merci utili per nessun altro motivo che la “modernità” è evidente nell’industria dell’abbigliamento, nota come industria della “moda”. Ma l’obsolescenza programmata e sua sorella la pubblicità restano forze particolarmente potenti prima di tutto nell’alta tecnologia. Per questo dalla base non solo si moltiplicano ovunque le proposte per leggi sul diritto alla riparazione e campagne contro i Trattati di liberalizzazione (quelli che favoriscono le delocalizzazioni) ma si diffondono i “caffè di riparazione” non a fini di lucro. Queste iniziative locali rafforzano i valori della parsimonia e dell’autonomia erosi dal consumismo; collegano le persone con le loro comunità, r idimensionano l’uso di risorse e riducono la quantità di materiali gettati nelle discariche
LA FAVOLA CHE ANDREBBE RACCONTATA
L’autonomia economica delle donne, la continuità del lavoro, gli stipendi più bassi rispetto agli uomini. “La verità è che la maggior parte delle donne parte in svantaggio – scrive Penny, insegnante e madre – Noi donne, però, dovremmo dirla tutta alle nostre figlie, come ad esempio che la famiglia ha un costo ed è quasi tutto per noi donne. Dovremmo spingerle con forza a pensare a loro stesse, prima che a un marito e a un figlio, invece di star lì a tirare un sospiro di sollievo quando si fidanzano e indirizzarle verso la favoletta del matrimonio, spendendo tempo ed energia in sogni in abito bianco. Dovremmo giocare d’anticipo. Che il costo della famiglia andrebbe equamente distribuito… Mettere quelle basi necessarie per stare bene. Partire alla pari insomma, e vedere in corsa se aggiustare o assestare il tiro. Con la cavolata del romanticismo, lasciatemelo dire, ci fregano di brutto. Intanto lo sapete. Non staremo ferme e come sempre ci rimboccheremo le maniche. Con o senza di voi…
ARTE, RESISTENZA E RIBELLIONE NELLA RETE
Forse non ci crederete, ma gli zapatisti sono inquieti e hanno alcune domande da porre. Domande semplici, come al solito: “E’ possibile un altro internet? Si può lottare anche lì? O forse quello spazio senza una geografia precisa è già occupato, cooptato, legato, annullato, ecceterato? Non possono esserci, anche lì, resistenza e ribellione? Si può fare Arte nella rete? Com’è quest’Arte? Si può ribellare? L’Arte nella rete può resistere alla tirannia dei codici, delle password, dello spam come motore di ricerca predefinito, degli MMORPG delle notizie nelle reti sociali dove vincono l’ignoranza e la stupidità con milioni di like? L’Arte nella, dalla e per la rete banaliz za la lotta e la trivializza, o la potenzia e la intensifica, o “niente a che vedere, la mia è arte, non una cellula militante”? L’Arte nella rete può graffiare i muri del Capitale e ferirli con una crepa o scavare e perseverare in quelle che già ci sono? L’Arte nella, dalla e per la rete può resistere non solo alla logica del Capitale, ma anche alla logica dell’Arte “conosciuta” e dell’“arte reale”? Il virtuale è virtuale anche nelle sue creazioni? Il bite è la materia prima della sua creazione? È creato da un essere individuale? Dov’è il superbo tribunale che, nella Rete, detta cos’è e cosa non è Arte? Il Capitale cataloga l’Arte nella, dalla e per la rete come ciberterrorismo, ciberdelinquenza? La Rete è uno spazio di dominio, di domesticazione, di egemonia e omogeneità? O è uno spazio di disputa e di lotta? Possi amo parlare di materialismo digitale?” Ecco, robetta così, interrogativi elementari, casarecci, come sempre. Per questo hanno inventato un’edizione cibernetica del CompArte. Roba da chiodi, ma non ci vanno al mare quelli?
SEMI DI LOTTA CONTADINA
Non smettono di lottare per la terra, non smettono di difendere l’autonomia del movimento, non smettono di ascoltare. Una brigata del Movimento sem terra è in Italia per conoscere alcune realtà sociali (tra cui, Mondeggi Bene Comune, Associazione Rurale Italiana, Ri-Maflow, Sos-Rosarno…). Sono stati in tanti a rispondere all’appello, organizzando l’ospitalità dei senza terra e costruendo intorno a questa svariate iniziative sul territorio per ragionare di agroecologia, multinazionali, semi, rivoluzione. A proposito della situazione politica in Brasile, Mauricio Boni, del Mst, dice: “Un governo non potrà mai realizzare quella profonda trasformazione sociale che è al centro della nostra lotta, perché questa potrà venire solo dalla base, dal popolo bras iliano. Non è un capo del governo che farà la rivoluzione: questa avverrà solo nel lungo periodo e come frutto di molte lotte…” CLAUDIA FANTI
GIOVANNI FRANZONI, CATTOLICO MARGINALE
Addio a un uomo che ha scelto di combattere per tutta la vita contro il potere che provoca miseria e dolore. Giovanni Franzoni lo ha fatto con estremo coraggio, come viene chiesto a un cristiano o, come lui stesso si definiva, a un “cattolico marginale”. Marginale, per la verità, hanno provato a renderlo delle autorità cieche e impaurite dalla libertà, tratte in inganno proprio dalla sua irriverenza verso chi non rispetta il dettato del Vangelo che è stato la sua guida sia da monaco che da laico. Non ci sono riusciti, perché Franzoni è stato straordinariamente seguito e amato fino agli ultimi giorni di una vita esemplare e bellissima
LA CULTURA ECOLOGICA INVENTA UN FESTIVAL
Resistere inventando. Mentre il Dipartimento del patrimonio dell’Amministrazione di Roma invia missive scandalose affinché il Casale del Podere Rosa paghi “bonariamente” 200 mila euro e si tolga dai piedi, quelli che lo gestiscono da 24 anni inventano un Festival della Cultura Ecologica per discutere di come si possano salvare il pianeta e i suoi abitanti (tutti, anche quelli della giunta capitolina) dalla catastrofe che un sistema basato sul dominio del denaro sulla natura, la società e la cultura persegue correndo a perdifiato. Tre giornate, dal 20 al 22 luglio, di incontri, documentari, dibattiti, cinema, musica e cibo per provare a capire, confrontarsi sulle vie d’uscita, mangiare sano e stare bene insieme. Interventi e testimonianze di ambientalisti, comunità in lotta, associazioni e mondo scientifico sulle economie della decrescita, l’estrattivismo, la biodiversità, le vertenze ambientali e gli scenari sociali, economici e ecologici legati ai cambiamenti climatici
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