“La guerra agli ulivi”

Le stime annunciano sciagura: nel Salento quest’anno la produzione di olio si ridurrà della metà. Non piove da mesi e la fitopatologia che assassina gli ulivi continua ad avanzare. Ma perché quell’infernale disseccamento rapido ha colpito proprio il Salento? Una fatalità naturale? Una punizione degli dei? Oppure quell’epidemia ha anche altre, assai diverse origini?

 

UN MONDO NUOVO COMINCIA DA QUI
LA CAMPAGNA 2017 DI COMUNE

DECOSTRUIRE LE NARRAZIONI TOSSICHE [ALEXIK]
«Sottoscrivo perché Comune-info è un luogo di decostruzione delle narrazioni tossiche, di elaborazione di inchiesta, di confronto dal basso. È una valida alternativa all’informazione ufficiale che con le sue balle, i suoi comizi, le sue istigazioni all’odio razziale nun se po’ più sentì»

INSIEME [MARINA RUSSO]
«Condivido la campagna… insieme: in comune non siamo soli»

LA GUERRA AGLI ULIVI
Le stime annunciano sciagura: nel Salento quest’anno la produzione di olio si ridurrà della metà. Non piove da mesi e la fitopatologia che assassina gli ulivi continua ad avanzare. Ma perché quell’infernale disseccamento rapido ha colpito proprio il Salento? Una fatalità naturale? Una punizione degli dei? Oppure quell’epidemia ha anche altre, assai diverse origini? Di certo sappiamo che per molti “autorevoli” esperti quei tronchi che raccontano storie e culture millenarie, proteggono i suoli e regalano nutrimento e ossigeno a un territorio avvelenato dai disastri chimici devono far posto a un’altra olivocoltura, ultraintensiva, modellata sulle esigenze di imprenditori e finanziatori e senza lavoro contadino. Quelle sculture vegetali non sono più ; compatibili con i forsennati ritmi di produzione di uno sviluppo dissennato e predatorio. Da qui, dalla decisione di abbattere e non curare, da interrogativi estremi, tanto assurdi da sembrare fantascienza, parte la prima puntata di un’altra grande inchiesta di Alexik
ALEXIK

MASCHILISMO, LINGUAGGI E MIGRAZIONI
La violenza contro le donne, la percezione della diffusione del maschilismo, il razzismo, l’educazione di genere sono i temi affrontati da Chiara Saraceno, tra le più note scienziate sociali in Italia, in questa conversazione con Paola Del Zoppo, ricercatrice. Un dialogo prezioso, nato dopo l’intervista Il maschilismo è ormai sdoganato, che ha fatto tanto discutere nelle scorse settimane, e che pubblichiamo dopo l’intervento su sessismo e razzismo di Lea Melandri (La costruzione patriarcale della “razza”). Quando sembra non ci siano vie d’uscita, quando il bisogno di approfondire viene ignorato dai grandi media, quando domina la fabbrica del disprezzo, tentare di capire mettendo in comune interrogativi è la sola via d’uscita
CHIARA SARACENO

RIAPRONO LÀBAS, TROVANO UNA CITTÀ [FOTO]
Un bel corteo, molto partecipato ha risposto alla chiusura del Làbas, lo spazio sociale di Bologna sgomberato in agosto. Una giornata bellissima con il popolo di Bologna e tanti provenienti da diverse città, perché sono sempre di più i territori in cui le persone hanno smesso di delegare e hanno cominciato a costruire relazioni sociali diverse (come dimostrano, ad esempio, le numerose bandiere No Tav e No Tap e i pullman arrivati da Roma e Milano, da L’Aquila a Reggio Emilia, da Belluno a Rho…). Una giornata che da queste parti non ricordano da anni. A volte pensiamo davvero che la società sia soltanto quella raccontata dai grandi media, dove in fondo n on cambia mai nulla, non ci sono persone e comunità in movimento, ecco, giornate come questa servono a guardare le cose insieme e in modo differente. Sì, esistono molti altri mondi
GALLERIA FOTOGRAFICA

A VENEZIA CONTRO I MOSTRI DEL MARE
Provate a immaginare quanto veleno possa uscire dai tubi di scappamento di 14 mila automobili. Ce la fate? Ecco, vi state avvicinando a capire come possa ridurre il canale della Giudecca, uno di quelli che sfociano a San Marco, una Grande Nave. Soltanto una. Sono molti anni che un grande e tenace movimento si oppone all’osceno via vai dei mostruosi grattacieli galleggianti, veri e propri villaggi turistici che si muovono concentrando in sé, o nella loro colossale simbologia figlia dell’economia fossile, l’insaziabile sete di profitti, l’umiliazione dell’idea del viaggio, l’arroganza delle multinazionali del mare e la corruzione politica. Il 23 e 24 settembre, in modo tanto particolare quanto affascinante, l’acqua di Venezia si propone allora come &l dquo;territorio” da difendere, insieme all’ambiente e alla democrazia. È questa l’idea di fondo che il Comitato No Grandi Navi propone a chi, per esempio in Italia e in Europa, si batte per affermare che le calli veneziane, così come gli ulivi del Salento o le montagne della Val di Susa, sono un bene comune da sottrarre al saccheggio e alla devastazione. Un’occasione da non perdere per un primo week-end autunnale in cui, c’è da giurarci, Venezia non sarà affatto triste
RICCARDO BOTTAZZO

SO BENE COS’È LA MALARIA
Aldo Morrone è primario infettivologo dell’ospedale San Gallicano di Roma e medico noto in tutto il mondo. Da molti anni è impegnato con i migranti e in diversi paesi del Sud del mondo. A proposito della morte della piccola Sofia, tra l’altro, scrive: “Morire di malaria in Italia a 4 anni, senza mai essersi mossi dal nostro Paese, è incomprensibile e inaccettabile… La malaria non è una malattia sconosciuta. È nota da migliaia di anni”. Oggi sono 200 milioni le persone che si ammalano di malaria (il 90% delle quali in Africa) e quasi mezzo milione le persone – in gran parte bambini – che muoiono a causa di questa malattia…”. Cosa si è fatto per debellarla? Poco o niente. “I governi non hanno molto interesse ad agire. Il motivo? In fondo muoiono solo africani…”. Secondo Morrone nell’immediato occorre migliorare l’habitat ecologico di diversi angoli del pianeta. “È terribile tenere in braccio un bambino con la malaria in Africa: sembra che si addormenti e invece entra in coma cerebrale irreversibile, per morire silenziosamente. Mi piacerebbe se dal “sacrificio” involontario di Sofia potesse nascere un movimento, un’associazione dedicata a lei per impedire, non solo il ripetersi di questa morte inaccettabile, ma anche quella di centinaia di migliaia di bambini il cui “sacrificio” non viene raccontato da nessuno. Proviamo a farlo…”. Un articolo da leggere e condividere
ALDO MORRONE

SGUARDI METICCI PER RIALZARE LA TESTA
Viviamo il tempo della paura e dello sguardo basso, dove le uniche bussole sembrano la “pancia della gente” e l’utilità. I migranti e tutti coloro che arrancano infastidiscono, sono visti con sospetto. Abbiamo bisogno di “sguardi meticci per rialzare la testa, per guardarsi attorno, per ascoltare prima di parlare, per toccare con mano prima di giudicare, per dar fiato a ciò già opera per umanizzare le vite”, scrivono Marco Vincenzi e Alessia Pesci del Cnca. Abbiamo bisogno di “inquietudine perché siamo in movimento, incompletezza perché la verità non è nella tasca di nessuno ma nel tessuto di tutti, immaginazione perché serve bucare il cielo di piombo con uno sguardo di fuoco…”. Verso la tra giorni promossa dalla Comunità nazionale co munità di accoglienza a Spello (5-7 ottobre) dal titolo “Sguardi meticci. Meticciato, disuguaglianza e partecipazione dal basso“
MARCO VINCENZI E ALESSIA PESCI

LA SFIDA DEL REDDITO DI BASE
Se c’è un tema oggi che mette sottosopra il vuoto chiamato economia, il dominio del lavoro, l’ossessione della crescita, la dittatura del profitto è quello del reddito di base universale. Abbiamo bisogno di approfondimenti, discussioni e sperimentazioni. Un documento-manifesto di Oltre La Crescita insieme a Basic Income network Italia apre un dibattito importante in quella direzione
R.C.

BACIARE IL LEBBROSO. ELOGIO DEL QUI E ORA
La lotta per il potere, l’ossessione dei risultati elettorali, la mancata coerenza tra mezzi e fini condizionano ancora la vita di persone e comunità che vogliono cambiare il mondo. Eppure, è “l’agire quotidiano, e non più l’attesa di un orizzonte tanto lontano quanto impalpabile, che dona il senso alla nostra esistenza”, scrive Carlo Ridolfi. Si tratta allora di recuperare una delle lezioni di Giovani Franzoni, che esalta Francesco quando bacia il lebbroso: in quel momento, non c’è delega, non c’è attesa, non c’è rottura tra mezzi e fini (foto: Las Patronas, il gruppo di donne messicane della località di Guadalupe – La Patrona -, nello Stato di Veracruz, che preparano e lanciano ogni giorno acqua e cibo ai migranti clandesti ni della Bestia, il treno merci che percorre tutto il Messico fino agli Stati Uniti. Lo fanno perché credono sia giusto, perché solidarietà e ribellione, dicono, hanno senso se riguardano la vita di ogni giorno, se riguardano noi, qui e adesso)
CARLO RIDOLFI

L’APARTHEID CLIMATICO
È giunto il momento di parlare del cambiamento climatico che rende disastri come Harvey e Irma catastrofi umane. In tv dicono che questo tipo di precipitazioni non ha precedenti. Che nessuno l’avesse previsto, e come quindi nessuno potesse prepararsi adeguatamente. Quel che non sentiamo è il motivo per cui eventi climatici del genere stiano avvenendo con tale regolarità. Ogni volta che fingono che un disastro meteo sia una punizione divina, i giornalisti prendono una decisione altamente politica. “La verità è che questi eventi sono stati previsti da tempo dagli scienziati del clima… – scrive Naomi Klein – Viviamo in un mondo in cui i poteri al governo si sono mostrati ben disposti a sfruttare le crisi per portare avanti le proprie politiche più regressive, che ci spingono lungo la strada di un ‘apartheid climatico’…”
NAOMI KLEIN

HO UN SOGNO
“Ho un sogno. Fatto di parole. Che racconti di noi. Di chi ce l’ha fatta. Di chi resta indietro. E non sa come tornare… Di terre condivise. Di bambini salvati. Di giorni felici… Ho un sogno. Fatto di carezze… atto di libertà. Per tutti i popoli. Quelli oppressi. Dalla guerra. Dalla fame. Dai potenti. Ho un sogno. Fatto di accettazione. Per ciò che siamo. Incertezza e limite… Ho un sogno. In cui credo. In cui spero. Per i nostri figli…”
PENNY

UN DELITTO (DI STATO) PERFETTO
Se il mondo perde di vista l’umano, ovvero lo mette in second’ordine rispetto al business, niente ha più senso. Era già successo, succede sempre: il sacrificio della vita di Giulio Regeni vale assai meno degli affari e degli interessi superiori dello Stato. Così aumentano le esportazioni egiziane verso il nostro paese: 29 per cento in più, pari a un valore di 761 milioni di dollari, nel primo semestre 2017. Questo mercimonio non ha neppure la dignità di quella tragedia che anteponeva le ragioni di Stato invocate dal Re Creonte a quelle dell’amor filiale di Antigone. Nel caso di Regeni non c’è alcuna tragedia. Era tutto scontato, una farsa cui oggi si aggiungono la firma di Alfano, il plauso di Casini e la regia di Minn iti
ENZO SCANDURRA

LA NUOVA FRONTIERA CHE UCCIDE NEGLI USA
Sebbene nel primo semestre del 2017, con l’avvento di Trump, sia cresciuto del 17 per cento, il numero dei migranti latinoamericani che hanno perso la vita alla frontiera con gli Usa resta probabilmente 10 volte inferiore a quello della strage mediterranea: sono “solo” 232, quelli censiti dal Missing Migrants Project. Quali che siano le cifre reali del macabro confronto, è impressionante quanto le strategie assassine degli Usa e dell’Europa parlino oggi la stessa lingua: le politiche anti migranti Usa ora vengono applicate e potenziate anche dal governo del Messico e da quelli centroamericani, che soffocano la loro stessa gente in cambio dei dollari promessi da Alianza por la Prosperidad e da altri programmi di “aiuto” degli Stati Uniti. L’emigrazione verso Nord va contenuta ad ogni costo, limitando il diritto a emigrare e a chiedere asilo di chi tenta di sfuggire alle condizioni di povertà e violenza causate dalle pessime politiche dei governi latinos e appoggiate dagli Stati Uniti, come la guerra al narcotraffico, il libero scambio e uno sviluppo devastante che obbliga la gente ad andarsene. Rafforzare le frontiere, espellere ed escludere sono i cardini della visione di una nuova società, la più grande regressione nella storia degli Stati Uniti. C’era una volta il paese del sogno americano…
LAURA CARLSEN

SALTARE, RECITARE E ASCOLTARE
È possibile creare un mondo nuovo a cominciare dalla vita di ogni giorno e dai luoghi in cui si costruiscono e intrecciano lentamente relazioni, immaginari, lingue? Sappiamo che la storia ma anche le teorie rivoluzionarie hanno spesso trascurato la vita quotidiana. Eppure è in quei meandri che nascono modi diversi di vivere. Ogni settimana, un maestro dalla Val Susa metterà in comune alcuni appunti da un corso di italiano per migranti per contribuire a indagare e a far crescere sguardi diversi sul mondo. Qui, ad esempio, racconta di un giovane, a volte ragazzo, a volte vecchio che non è mai andato a scuola ma che sa saltare, ascoltare e soprattutto recitare a memoria lunghi pezzi di Stefano Benni, complessi e difficili, avendo solo il Bambarà come lingua parlata.. .
LINO DI GIANNI

CHE RAZZA DI SCUOLA IMMAGINANO?
Il razzismo istituzionale e quello popolare sembrano diffondersi come un virus. Servono laboratori di antirazzismo, per riconoscere e mettere in discussione il razzismo che è intorno e dentro di noi. La scuola resta un spazio privilegiato per guardare le cose in modo diverso, anche se sorge la domanda: che razza di scuole immaginano quelli del “non sono razzista ma…”? Di certo “ci sarebbe bisogno di una scuola che oltre a istruire bene nelle singole discipline – scrive Mauro Presini, insegnante -, insegni ad ascoltare le ragioni dell’altro, a parlare insieme, a discutere con criterio, a studiare con cura, a spiegare correttamente, a capire i punti di vista diversi dal proprio, ad affrontare i problemi, a conoscere la condizione umana, a imparare l’identità terrestre…”
MAURO PRESINI

NEI GIORNI CHE PRECEDONO L’INIZIO DELLA SCUOLA
“Forbici, colla, pennarelli, pastelli, matite, cartoncini e gomme sono solo alcune delle cose che si possono trovare sul tavolo di casa delle maestre nei giorni che precedono l’inizio della scuola. Le maestre, in quei giorni, trasformano le loro case in veri e propri laboratori… Si preparano per accogliere al meglio i bambini e le bambine – scrive Rosetta Cavallo, maestra – Nei giorni che precedono l’inizio della scuola, le maestre studiano, ricercano materiali, riaprono i cassetti… Nei giorni che precedono l’inizio della scuola, le maestre ipotizzano metodologie e strategie percorribili, si interrogano sul da farsi per rendere accogliente quel posto in cui trascorreranno 9 mesi con i propri alunni. Un posto dove costruire relazioni, sperimentare, ridere, scherzare, piangere, discutere e litigare scoprendo il valore delle proprie idee, di quelle altrui e del confronto…”
ROSETTA CAVALLO

A SCUOLA, TRA SPAZI ARTICOLATI E IRREGOLARI
Tra seminari e pubblicazioni (a cominciare dalle intuizioni di Maria Montessori) sono numerosi i riferimenti al ruolo giocato dallo spazio dedicato all’apprendimento. Il bisogno di spazi articolari e irregolari, quello di un contesto che favorisca la cooperazione in piccoli gruppi e il bisogno di superare la centralità dell’aula, sono noti. Eppure non trovano ancora una loro generale affermazione. Il vero problema, scrive Giuseppe Torchia, insegnante di arte, sembra l'”inerzia culturale che delega all’altro da sé la responsabilità del cambiamento. Un interesse e una dedizione maggiori agli aspetti materiali, spazio compreso, del fare scuola, è auspicabile, necessario e possibile. È possibile farlo riconoscendo che alcuni vincoli sono dentro noi doc enti e che il cambiamento è lì accanto a noi…”
GIUSEPPE TORCHIA

AGENDA

Napoli. Assemblea Non una di meno

Pisa. La Ferita che Cura. Simboli e immaginari della ferita in educazione

Roma. 77 una storia di quarant’anni fa

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