“Quel che ho imparato in Messico”

La terra non ha mai smesso di tremare in Messico: sabato 14 ottobre, nel Sud del paese, c’è stata ancora una scossa di magnitudo 5.5. Raúl Zibechi era a Città del Messico il 19 settembre, qui racconta quel che ha imparato in giornate tremende eppure capaci di riaccendere grandi speranze in un paese devastato dal cinismo del liberismo economico…

 

 NEWSLETTER DI COMUNE
 

UN MONDO NUOVO COMINCIA DA QUI
LA CAMPAGNA 2017 DI COMUNE

COSTRUIRE COMUNITÀ [BREAD AND ROSES, BARI]
«Bread and Roses – Spazio di mutuo soccorso aderisce con convinzione alla campagna di Comune. Non solo un giornale indispensabile, ma un tentativo di costruire comunità in una società sempre più soggetta a divisioni. Grazie per il lavoro che fate!»

RESPIRARE, BERE, ADERIRE [TAMARA GORI]
«Aderisco alla campagna di Comune-info perché è la cosa più naturale che potrei fare. Come respirare aria o bere acqua…»

 

QUEL CHE HO IMPARATO IN MESSICO
La terra non ha mai smesso di tremare in Messico: sabato 14 ottobre, nel Sud del paese, c’è stata ancora una scossa di magnitudo 5.5. Raúl Zibechi era a Città del Messico il 19 settembre, qui racconta quel che ha imparato in giornate tremende eppure capaci di riaccendere grandi speranze in un paese devastato dal cinismo del liberismo economico, dalla corruzione politica e da una criminalità organizzata che è sempre più difficile distinguere dalle istituzioni. Un’analisi lucida e appassionata che, di fronte alla violenza del sisma, mette a confronto l’agire dello Stato e di imprese insaziabili e pronte a lucrare su ogni tragedia con le sorprendenti relazioni di solidarietà che il sisma ha risvegliato tra la gente comune: il popolo messic ano merita un destino diverso da quello che si limita a ingrossare le tasche e il potere dei soliti noti. La solidarietà tra quelli che stanno in basso è un elemento sostanziale e straordinario di un mondo nuovo che già esiste. Dobbiamo averne molta cura e farla crescere proteggendola da chi cerca di appropriarsene
RAÚL ZIBECHI
 

lL MESSICO INVISIBILE. LETTERA PABLO ROMO

MAI PIÙ UN MESSICO SENZA DI NOI CONGRESSO NAZ. INDIGENO

QUELLO CHE CI HA LASCIATO IL TERREMOTO
La catastrofe generata dai terremoti in Messico ha portato alla luce anche una sorprendente manifestazione del potere di fare delle persone comuni e di una generazione di giovani che si pensava tristemente condannata all’egoismo, a un disincantato cinismo e al disinteresse verso gli altri. L’energia sociale sprigionata anche nelle città affonda le radici nella migliore tradizione auto-organizzata del sentire e del fare comune delle culture indigene e contadine in lotta contro l’industria mineraria a cielo aperto, il fracking, le grandi centrali termoelettriche e le dighe, gli oleodotti, i parchi eolici, i megaprogetti turistici, la contaminazione genetica con mais e soia, lo sviluppo urbano per le minoranze ricche. Come avrebbe detto il maestro italiano Mario Lodi : c’è speranza se questo accade in una società che si pensava largamente e da tempo piegata dalla corruzione delle istituzioni e dalla guerra del potere e del narcotraffico contro los de abajo
VICTOR M. TOLEDO
 

NON ALZATE GLI OCCHI
I partecipati cortei in settanta città contro l’Alternanza scuola lavoro (Asl) del fine settimana sono importanti perché hanno mostrato un pezzo di società in movimento, ma in primo luogo perché hanno messo al centro la critica all’ideologia del lavoro e all’educazione alla precarietà. L’Asl è solo un modo per far sì che l’azienda entri nella scuola: si preparano i ragazzi a un modo di stare dentro al lavoro che è quello di non alzare gli occhi, non pensare, produrre, essere efficienti a tutti i costi. I ragazzi, invece, dovrebbero uscire dalla scuola con la consapevolezza che non si è schiavi di nessuno e che c’&eg rave; bisogno di battersi perché nessuno lo diventi – suggerisce Catia Castellani, insegnante d’arte, allieva di Bruno Munari – Che occorre mettersi in gioco, intraprendere strade scomode, non smettere di sognare e lottare. «Perché non pensare a una “controalternanza”? Osare si può…»
CATIA CASTELLANI
 

LA COLPA DI SOGNARE UNA REPUBBLICA
Non ci vuol molto a comprendere come la lacerazione che si è aperta in Catalogna abbia un’enorme rilevanza per tutti. Al di là delle temutissime ripercussioni sul piano europeo e dentro le frontiere spagnole, essa investe in profondità la lancinante contraddizione tra l’auto-determinazione popolare e la presunta indissolubilità di uno Stato-Nazione monarchico con le istituzioni ancora intrise di franchismo. Nei fatti, però, la sconsiderata repressione del governo madrileno, che solo a posteriori quasi tutti si sono affrettati a definire “esagerata”, mostra una faccia profonda e drammatica della realtà in cui viviamo: la sacralità della democrazia può diventare, facilmente e in un batter d’occhio, un orpello i nutile quando si tratta di mantenere il controllo di un territorio a discapito della volontà di auto-determinazione dei suoi abitanti. È sopratutto da questo punto di vista che risulta di grande interesse la reazione internazionale di tutte le cancellerie, dei partiti storici e di Bruxelles contro la convocazione del referendum. Il secondo punto di vista che coglie bene il punto di vista tutt’altro che nazionalista di Gianluca Solera è che non possiamo guardare alla realtà dei giorni nostri ignorando il peso della storia. I promotori del referendum hanno chiesto la fine della dipendenza da una monarchia “parlamentare”, cioè dal simbolo più evidente della farsesca garanzia di una vuota democrazia da sventolare con solennità solo quando fa comodo
GIANLUCA SOLERA
 

LA MEMORIA, LA STORIA, I SIMBOLI LANFRANCO CAMINITI

OMAGGIO ALLA CATALOGNA FRANCO BERARDI BIFO

L’AGRICOLTURA È UN GIGANTESCO TRITACARNE
Una manciata di multinazionali (fra cui Bayer, Monsanto, Syngenta, DuPont) controlla il mercato degli ingredienti, mentre un’altra manciata (fra cui Cargill, Bunge, ADM, Dreyfus) controlla i mercati di sbocco di cereali, soya, cacao. In mezzo, stritolati, contadini e cittadini consumatori. “L’agricoltura è stata trasformata in un gigantesco tritacarne – scrive Francesco Gesualdi – dentro il quale la terra è un semplice substrato da inondare di chimica per ottenere la germinazione e la crescita forzata delle piante, le sementi un’accozzaglia di molecole da modificare in base ai calcoli di migliore resa finanziaria, i lavoratori braccia da sfruttare, i consumatori anatre da ingozzare in base alla loro capacità di acquisto: a digiuno chi non ha soldi da spendere, all’ingrasso tutti gli altri…”. Come tentare di uscirne? Prodotti a km zero, agricoltura bio e di stagione, Gas, riduzione del consumo di carne….
FRANCESCO GESUALDI
 

UN ANTICO MULINO RIVIVE GRAZIE ALLA REGOLA
Le Regole sono istituzioni comunitarie di origine medioevale. Gestiscono patrimoni comunitari secondo i principi consuetudinari della condivisione e della inalienabilità. Commons, come diremmo oggi. Sulle Dolomiti, un antico mulino è tornato a vivere grazie a 180 regolieri
PAOLO CACCIARI

110 MILIARDI DI BOTTIGLIE DI COCA COLA
Coca Cola produce 110 miliardi di bottiglie di plastica l’anno, circa quindici bottiglie a persona sul pianeta, bimbi e anziani inclusi. Un quinto delle bottigliette di plastica prodotte nel mondo sono di Coca Cola. Il totale è di 500 miliardi di bottiglie. Un milione al minuto… Dove finiscono tutte quelle bottigliette? Quanti anni ci vogliono per degradare una bottiglia di plastica? Cosa possiamo fare?
MARIA RITA D’ORSOGNA

CAMBIARE IL MONDO HA L’ODORE DEL PANE
Secondo la scrittrice Giovanna Mulas, “impastare è come fare l’amore o come scrivere: fondamentali passione, volontà e tempo…”. Per coltivare la passione, suggeriamo noi, servono luoghi speciali, dove le relazioni sono più importanti del profitto, dove non ci sono professori ma piccoli gruppi di auto-aiuto, dove il bisogno di cambiare il mondo qui e ora ha anche il l’odore del pane. Al pane, alla pizza e alla focaccia pugliese preparati con lievito madre sono dedicati i quattro appuntamenti del Laboratorio delle autoproduzioni – per adulti e bambini – promosso dall’associazione La Strada nello spazio sociale e culturale romano “Gordiani in comune”
JLC

DONNE FRA L’INCUDINE E IL MARTELLO
«Quando una denuncia di assalto sessuale o molestia che investe qualcuno di alto profilo raggiunge la stampa, potete star sicuri che la macchina del contrattacco andrà a velocità amplificata. Biasimo delle vittime, seguito da svergognamento delle vittime, il tutto circondato da un coro greco di “perché?”. Perché lei non è venuta fuori prima? Perché non ha semplicemente detto “no”? Perché non l’ha detto a tutti, non ha interpellato la stampa, non denunciato penalmente e non ha difeso se stessa? Come se fosse la cose più facile del mondo per una donna ergersi da sola nell’arena pubblica, che è già affa mata e raglia per avere il suo sangue, e sbattere giù un sistema che ha aiutato e favorito i Golia per le ultime migliaia di anni… È decisamente bizzarro pensare che un “No!” gridato a voce alta basti a fermare uno stupro o un assalto sessuale. Semplicemente, non è vero. Le donne ovunque sanno che non è vero. Ciò che le donne anche sanno è che qualche volta la migliore probabilità di sopravvivenza sta interamente in un’altra direzione. Ma se lei non dice di no, la legge, i tribunali, la società (uomini e donne) presumono un certo livello di consenso…» Un articolo di Dina Honour, scrittrice statunitense, che merita molte attenzioni

IL POTERE DELLE PICCOLE COSE
“Di solito abbiamo idee grandiose sull’attivismo, pensando che grandi raduni, proteste per le strade, o gli hashtag che creano i titoli sui giornali siano le sole azioni di valore. Ma spesso le espressioni di attivismo collettivo come queste si basano sull’attivismo personale che è necessario a confrontare la presenza quotidiana della violenza sulle donne nelle nostre comunità. Si tratta di piccole cose – scrive Nana Nyarko Boateng, scrittrice ghanese – come il rifiutarsi di vedere o condividere un video sessuale che svergogna come “puttana” una celebrità, una collega di lavoro o una che va in chiesa. È l’essere sensibili al dolore delle vittime, non ridendo mai alla battuta sullo stupro. È il rifiutarsi di mangiare in un ristorante noto per il maltrattamento delle cameriere. È dichiararsi contrari al picchiare la donna che ha rubato al supermercato. Spesso, sono le piccole cose che hanno impatto sulle persone in grandi modi…”
NANA NYARKO BOATENG
 

QUANDO IL MONDO SCOPRÌ IL MOVIMENTO LGBT
“Non è un capolavoro, When We Rise, perché ha in sé i difetti strutturali di quasi tutte le miniserie: lunghezza, cambi di regia, qualche ridondanza, alcuni momenti pleonastici. Non è un capolavoro, però, accidenti!, una volta produzioni di questo tipo, solidamente impiantate nella storia recente, con informazioni puntuali e approfondite e, al contempo, con una buona saldezza narrativa, le realizzava anche la televisione pubblica italiana. La prima puntata… è in verità travolgente… 1971, è l’affacciarsi sulla scena pubblica di un movimento di uomini e donne”
CARLO RIDOLFI

SONO ANDATA A SCUOLA CON LO SPARATORE DI LAS VEGAS
“Alla Scuola media ci si chiedeva di frequentare lezioni di metallurgia, in modo che potessimo far funzionare i trapani verticali negli impianti della General Motors… Siamo cresciuti a Sun Valley, l’ano di Los Angeles. Letteralmente. Lì c’è la rete fognaria. È in un fosso sotto le colline di Hollywood, dove lo smog diventa una specie di brodo giallo… Steve ha vissuto in appartamenti vuoti di edifici da quattro soldi… Era dedito a intorpidire il suo grande cervello (era un mago in matematica…), stando seduto per 14 ore al giorno al buio davanti alle macchine dei video poker… Come i reduci della guerra del Vietnam che perfino oggi soffrono di PTSD (Disturbo post-traumatico da stress), così anche chi ha perduto la guerra di classe, può impazzire per un PTSD che permane e che rosicchia completamente la loro vita…”

FUGGITIVI
“Capita, di affezionarsi alle persone. Da due anni, era in classe con me. Adesso è scappato in Francia – scrive Lino Di Gianni, maestro in una scuola per adulti – Un ragazzo arrivato con i barconi, finito nel gruppo di 56 richiedenti asilo ospitati in un paesino della Valle di Susa, ad Almese. Qui, una donna sindaco con molta intelligenza politica e una comunità di volontari e artisti hanno creato una rete attorno a questi ragazzi africani, aiutandoli a scuola e nella ricerca di lavori… Purtroppo, la spada di Damocle della concessione del permesso di soggiorno, incombe su tutti loro…”
LINO DI GIANNI

NON MANDATE PIÙ I BAMBINI A SCUOLA
Montasser aveva sei anni quando, nella primavera scorsa, a scuola ha preso l’epatite A, quella infettiva, ed è morto. Solo allora le autorità hanno dovuto ammettere la presenza di un’epidemia che dilaga in tutta la Tunisia e si era voluto tener a lungo nascosta. Nella cittadina di Mejel Bel Abbès non c’è acqua, oppure non è più potabile, malgrado un codice nazionale la riconosca come bene comune e diritto essenziale. La situazione dell’igiene è drammatica ma mancano anche i farmaci, i servizi, i trasporti e l’informazione essenziale per vivere. Gli insegnanti chiedono ai genitori di non mandare più i bambini a scuola, la gente è esasperata e protesta ma il governo e le autorità fanno o recchie da mercante o, peggio, provano a scaricare le loro gravissime responsabilità sulle singole scuole o sulle famiglie. Questa inchiesta apre una finestra di verità sul totale disinteresse della politica tunisina, tutta presa dal gravoso fardello di dover mostrare all’Europa il suo incessante impegno contro il terrorismo e i migranti, per la popolazione che vive nelle sue regioni più povere
ZOÉ VERNIN
 

VOLTI DI UNA CITTADINANZA DIVERSA
Il movimento che in queste settimane ha alimentato la campagna per lo ius soli è fatto soprattutto da ragazzi e ragazzi, bambini e bambine, insegnanti e maestre che guardano alla società, alla cittadinanza e all’identità come concetti in perenne movimento, da creare e difendere ogni giorno. Il movimento che che in queste settimane ha colorato scuole e territori ha mostrato come è possibile resistere alle esplosioni di razzismo popolare e istituzionale. Il movimento che in queste settimane ha aperto una crepa perfino in parlamento oggi pomeriggio ha dato dignità a piazza Montecitorio (foto) con la festa del Cittadinanzaday
GALLERIA FOTOGRAFICA

LA FRAGILITÀ CHE CI SALVA
“Dovremmo parlare ai nostri figli della fragilità. Dovremmo raccontargli cosa sono le paure… Indicargli la strada per l’accettazione invece di dirgli che li salveremo. Che non siamo gli eroi delle loro fiabe… Dovremmo proteggerli dalla forza a tutti i costi, non dalla fragilità. Di quella dovremmo prenderci cura… i fallimenti sono l’unica strada possibile, come insegnare a un bambino a camminare senza prevedere delle ginocchia sbucciate… Che a essere fragili si diventa forti. Quella forza capace di apprezzare gli scarti, le storture…”
PENNY

 

AGENDA

ROMA. UNO SGUARDO OLTRE I FONDAMENTALISMI

NAPOLI. LA PERIFERIA ITALIANA NEL CINEMA D’AUTORE

 

 

 

 

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