“Il giudice Paola Maria Braggion assolverà Rosalba?”

Il 5 febbraio 2018 presso il Tribunale di Milano si è tenuta la prima udienza del processo contro la redattice di Vigilanza Democratica accusata di “diffamazione” da Vladimiro Rulli ex agente del VII Reparto mobile di Bologna (ora operativo nell’Ufficio Immigrazioni a Pescara) a seguito dell’Appello  “Cosa deve ancora accadere perché il VII Reparto mobile di Bologna venga smantellato?”. Intervista ad Enrico del TPO di Bologna.

 

Milano, 12 febbraio 2018

Il giudice Paola Maria Braggion crederà al pinocchietto Rulli e ai suoi burattinai o assolverà Rosalba?

 

Il 05 febbraio 2018 presso il Tribunale di Milano (giudice titolare Paola Maria Braggion) si è tenuta la prima udienza del processo contro la compagna Rosalba della redazione di Vigilanza Democratica accusata di “diffamazione” da Vladimiro Rulli ex agente del VII Reparto mobile di Bologna (ora operativo nell’Ufficio Immigrazioni a Pescara) a seguito dell’Appello  “Cosa deve ancora accadere perché il VII Reparto mobile di Bologna venga smantellato?”

Abbiamo già aggiornato rispetto alla mobilitazione svolta in occasione dell’udienza. In questo comunicato entriamo invece nel merito di quanto accaduto in aula. Prima però vogliamo fare alcuni incisi.

Mandanti ed esecutori. Come detto nei nostri precedenti comunicati Rulli ha denunciato la compagna Rosalba su mandato del VII Reparto mobile di Bologna e della Lega Nord di Salvini, partito con cui il famigerato Reparto è strettamente legato a tal punto da candidare a Bologna come capolista alla Camera Gianni Tonelli.

Quest‘ultimo, del VII Reparto mobile e esponente di “spicco” del SAP (Sindacato Autonomo di Polizia), ha fatto carriera anche grazie alle sue vergognose dichiarazioni sui casi Cucchi e Aldrovandi (ricordiamo il lungo applauso tributato a tre degli assassini di Federico Aldrovandi, Paolo Forlani, Enzo Pontani e Luca Pollastri, presenti alla sessione pomeridiana del Congresso del SAP del 2014 a Rimini) e alle sue dichiarazioni contro l’introduzione del reato di tortura. Ancora oggi Tonelli dà mandato al suo sindacato di ribaltare la verità sull’omicidio di Federico e si lancia in vergognose asserzioni sugli immigrati, come quella sui fatti recenti di Macerata. La sua candidatura qualche contraddizione interna alla stessa Lega comincia però a generarla.

Rulli è una pedina dell’asse Salvini-Tonelli (non sappiamo se per spirito di corpo, comunanza ideologica o perché ricattato, ma questo poco importa), asse che mira a fare carta straccia di quanto resta della Costituzione italiana frutto della Resistenza partigiana, ad accrescere l’uso della repressione (e dell’impunità) da parte delle forze dell’ordine verso ogni forma di dissenso, verso chi lotta per la difesa dei diritti e la conquista di nuovi, per la costruzione di un’alternativa allo stato di cose presenti e che, infine, mira a rafforzare la “guerra tra poveri” (innanzitutto la persecuzione degli immigrati).

VII Reparto mobile e UNO BIANCA. Il filo nero che lega il VII Reparto mobile con quanto di eversivo e reazionario esiste nel nostro paese probabilmente non si ferma alla Lega Nord. Forse questo filo, che passa attraverso il sindacato SAP e la Lega Nord, conduce dritto dritto a dirigenti di alto livello della polizia di Bologna che già all’epoca della UNO BIANCA tenevano in mano i fili del potere (oppure che sono stati promossi negli anni a seguire per i “servizi resi” all’interno di quella operazione della strategia della tensione) e che non vogliono che questo “armadio della vergogna” venga aperto. Come spiegare altrimenti il nervosismo che si è generato nel VII Reparto (come lo stesso Rulli ha dimostrato sia con la sua querela che nelle dichiarazioni che ha fatto in aula il 05 febbraio) a proposito dei rimandi presenti nell’Appello di Vigilanza Democratica alla UNO BIANCA? Qui “gatta ci cova”.

Torniamo ora all’udienza del 05 febbraio. Il giudice Paola Maria Braggion ha ascoltato l’ispettore Alessandro Clementi della Polizia Postale di Pescara e Vladimiro Rulli.

L’ispettore Alessandro Clementi è stato interrogato come testimone dell’accusa in quanto nel maggio 2013 il magistrato competente lo delega ad eseguire gli accertamenti utili all’indagine. Gli unici elementi che Clementi può però portare stanno nel fatto che il sito Vigilanza Democratica è quello su cui per la prima volta è comparso l’Appello a firma della Redazione e che il sito era intestato a Rosalba (tra l’altro, come lui stesso riconosce, senza nessuna forma di riservatezza). Sempre sul sito era stato possibile reperire il suo numero di cellulare e quello della sua postapay cui si rimandava per la raccolta sottoscrizioni. Non c’è altro!!!

Clementi, spiegherà infatti al PM che non sono stati individuati né il webmaster, né l’amministratore del sito, né la persona intestataria della mail di Vigilanza e neppure i componenti della Redazione perché nessun ulteriore accertamento è stato chiesto al riguardo.

In sintesi Vigilanza Democratica, come tutti i siti che svolgono un lavoro pubblico ha un’intestataria che mette anche il suo telefono e postapay a disposizione di chi voglia collaborare al lavoro complessivo che la Redazione porta avanti.

A differenza di altri siti, evidentemente qui sono però i temi affrontati (abusi di polizia, reato di tortura, introduzione del codice identificativo per le FdO, copwatching) e il modo in cui sono sviluppati (non ci si limita al singolo fatto, non si accetta la teoria della singola mela marcia) a rendere “oltremodo rischiosa” l’esposizione pubblica di Rosalba.

Rulli il pinocchietto. A seguito dell’ispettore Clementi il giudice ha ascoltato Rulli. Ed è qui che lo spettacolo teatrale è iniziato.

L’agente ha intrattenuto la platea con un primo atto in omaggio al “melodramma strappa lacrime”. Con lirismo d’autore ha cercato di toccare le corde della Corte presentandosi come la povera vittima, la cui carriera professionale e la vita personale sono andate distrutte…dall’articolo di Vigilanza Democratica.

Guardato con sospetto dai colleghi di Pescara al momento del suo trasferimento, ha avuto “la carriera congelata” e ha dovuto pure fare fronte alle crisi di pianto della figlia, studentessa a Ferrara, cui veniva chiesto se fosse effettivamente suo padre “il poliziotto bastardo”.

Quando poi gli è stato chiesto dalla corte di andare alla “ciccia” delle cose (di entrare nel merito dei fatti) si è dimostrato essere anche un (aspirante) campione olimpico di arrampicata sugli specchi. Ecco alcuni passaggi significativi della testimonianza resa:

1. Rulli afferma che nell’articolo di Vigilanza Democratica viene additato come un “delinquente”, come il “bastardo bandito della Digos”, che nell’articolo si dice “che io andavo in giro con la Uno bianca”.

Forse il povero pinocchietto avrà letto qualche altro comunicato…. basta infatti leggere l‘Appello per avere la riprova che Rulli mente!

2. Dichiara che nell’articolo si fa riferimento solo al suo nome, ma messo alle strette, anche dallo stesso giudice, dice che si c’erano anche altri nomi. Alla domanda se i fatti siano associati solo a lui o anche agli altri, afferma che sono riferiti a lui, salvo poi correggersi con un a me più degli altri….

Povero pinocchietto, un pò (tanto) vanesio! Probabilmente soffre di una grave mania di protagonismo e proprio non gli va giù che l’articolo di Vigilanza non offra alcuna sponda al suo egocentrismo.

3. Nonostante dichiari di essere stato a Bologna per 18 anni, lui la UNO BIANCA, non sa neppure cosa sia.

Il dubbio qui sorge davvero spontaneo. Tutti conoscono in Italia almeno per sentito dire le vicende della UNO BIANCA. Se non le conosce lui che è stato a Bologna così tanto tempo e per di più nel VII Reparto mobile, allora forse dobbiamo credere davvero tutti che anche gli asini volano!

Aggiungiamo a questo anche un altro dato davvero singolare: il giorno stesso dell‘udienza è stato depositato l’atto in cui Rulli ha revocato il suo avvocato, il bolognese Fausto Sergio Pacifico, per nominare al suo posto l’avvocato Carella (presente già il 5 di febbraio). Ora l’avv. Fausto Sergio Pacifico, per chi non lo sapesse, oltre ad aver già difeso in passato poliziotti del VII Reparto Mobile ha anche preso parte a processi di rilievo come quelli per la strage di San Bendetto Val di Sambro, il c.d. processo “Italicus”, e quello per i fatti della UNO BIANCA. Ci sta che Rulli non possa permettersi un così tanto avvocato (sempre che l’onorario lo paghi lui o che Pacifico non ne abbia assunto la difesa “per solidarietà”), fatto sta che tutte queste coincidenze lasciano un po’ tanto perplessi!

Una considerazione finale: Scaroni da agenti del VII Reparto Mobile è stato massacrato, reso invalido a vita, quasi ammazzato. La sentenza questo lo dice. Come lo riconosce nella sostanza il risarcimento che gli è stato infine riconosciuto.

E solo per la mancanza di un‘identificazione certa che i responsabili di quell’atto criminale sono tutt’oggi a piede libero.

Ma questo è sicuramente secondario a fronte del dramma umano e professionale che il pinocchietto Rulli si trova a vivere, per colpa non di un articolo, ma forse diciamo noi di tanti suoi degni colleghi.

Questa è l’attendibilità del “diffamato”. Questa è la credibilità dell’agente Rulli.

 

Il giudice Paola Maria Braggion crederà al pinocchietto Vladimiro Rulli? Presterà il fianco ai suoi burattinai, a quelli del VII Reparto mobile o assolverà Rosalba?

Il 21 febbraio alle h.14 tutti davanti al Tribunale di Milano, in occasione della nuova e forse ultima udienza del processo!

La solidarietà è un’arma, usiamola!

 

***

VII Reparto mobile di Bologna: intervista a Enrico del TPO di Bologna sugli ultimi episodi di violenza e abusi

Pubblichiamo l’intervista che c’è stata rilasciata il 2 febbraio da Enrico, un compagno del TPO di Bologna, sugli ultimi episodi di violenza e abusi da parte del VII Reparto Mobile di Bologna, che si aggiungono a quelli documentati da Vigilanza Democratica nel dossier Copwatching controllare i controllori.

 

Intervista ad Enrico del TPO di Bologna

 

1) Enrico, tu sei di Bologna? Puoi dirci cosa rappresenta il Làbas per la città? Al corteo cittadino di settembre contro lo sgombero da via Orfeo (avvenuto ricordiamolo l’8 agosto 2017) c’erano migliaia di persone, studenti, attivisti, ma anche artisti, intellettuali, mamme con i bambini. Com’è la situazione oggi? Vi è stato assegnato un altro spazio?

No, sono originario di Padova ma ormai vivo e lavoro a Bologna da diversi anni e mi divido tra Làbas e TPO. In particolare, Làbas ha rappresentato per 5 anni, quando era all’ex Caserma Masini, quartiere Santo Stefano, un polmone sociale per la città: è diventato una vera e propria “piazza nuova” molto ben integrata con il quartiere grazie alla messa al centro di un’aggregazione sana (come il mercato e il mutualismo), della promozione di solidarietà e attività culturali gratuite, l’asilo autogestito e il dormitorio. Insomma, una “piazza” che erogava “servizi” al quartiere e per questo gli abitanti si sentivano a casa e al sicuro. Oggi, stiamo riaprendo, tramite bando comunale, in vicolo Bolognetti, 2 nel quartiere San Vitale in uno stabile che tra l’altro ospita una biblioteca comunale attraversata da molte scolaresche: quindi uno spazio nuovo, “diverso” ma molto interessante.

 

2) Tu sei rimasto ferito negli scontri al Baraccano con il VII Reparto Mobile di Bologna il 28 giugno 2017. Ci ricordi cosa c’era quel giorno e perché la polizia è intervenuta?

Sì, mi ricordo perfettamente che era un mercoledì perché, in contemporanea, c’era il mercato all’interno dell’ex Caserma Masini. A poche centinaia di metri da Làbas, al Baraccano appunto, veniva promossa la presentazione di un fumetto su Ramelli (uno studente di destra morto nel ‘75, ndr), iniziativa calamita per fascisti e simili e noi non potevamo permettere che ciò si verificasse. Il tutto è iniziato con l’arrivo del VII Reparto Mobile da Via Orfeo.

 

3) Tu sei stato colpito dalla manganellata di un agente del VII Reparto mobile che ti ha fratturato un braccio, ma il fascicolo per lesioni personali nei tuoi confronti è stato archiviato il 29 agosto scorso. Nel provvedimento il PM Giuseppe Amato «assolve» il comportamento dell’agente ritenendo applicabile la discriminante dell’uso legittimo delle armi «dovendosi apprezzare — recita la richiesta — l’assoluta necessità di ricorrere all’uso dello sfollagente per contrastare l’aggressione violenta e pericolosa posta in essere dagli appartenenti al centro sociale (alcuni in possesso di bastoni), la proporzione dell’azione contenitiva, l’impossibilità di altre più contenute azioni contenitive stante il numero dei manifestanti». Una ricostruzione completamente ribaltata contro cui i tuoi avvocati hanno presentato opposizione, giusto? Qual’è la vostra versione dei fatti? Vi sono prove che dimostrano che si è invece trattato di lesioni volontarie gravi? Il poliziotto che ti ha colpito è stato identificato? Ti risulta essere stato almeno sospeso dal servizio?

Vedendo arrivare la polizia da via Orfeo la nostra prima preoccupazione è stata la difesa del mercato, attraversato da famiglie, bambini e anziani: infatti, temevamo che la celere volesse dirigersi verso questo obiettivo. Così, abbiamo predisposto un cordone di sicurezza davanti al cancello e in una decina siamo andati a fronteggiare il VII che nel frattempo si era schierato poco più avanti. Sono poi partite, in totale, tre cariche e a freddo, tra la seconda e la terza, un graduato mi ha preso di mira, ha spostato una mia compagna con lo scudo e mi ha manganellato spezzandomi il braccio! Abbiamo le prove che si tratti di un atto deliberato: un video girato lo dimostra in pieno! Sappiamo che la DIGOS ha identificato il celerino ma il Procuratore Amato ha invece deciso di non procedere e ha fatto richiesta di archiviazione del caso, quindi ad oggi il poliziotto non è nemmeno stato sospeso! Che il Procuratore richieda l’archiviazione o si tratta di “disattenzione” o si tratta di “volontà” nel nascondere il reato, in quanto il nome la DIGOS l’ha fornito e quindi dovrebbe procede con le accuse nei confronti del poliziotto. In ogni caso questo rappresenta un “vizio di forma” su cui fare leva nel proseguo della battaglia legale.

 

4) A novembre scorso, sempre in relazione agli scontri del Baraccano, la Procura di Bologna ha chiesto il rinvio a giudizio per altri tre attivisti di Làbas. I pm Antonello Gustapane e Antonella Scandellari e il procuratore capo Giuseppe Amato chiedono di processare i tre per “concorso in resistenza a pubblico ufficiale aggravata”. Anche secondo questa ricostruzione sarebbero stati loro a spintonare a più riprese “con forza e ingiustificatamente” il vicequestore Enrico Gardini, oltre a spingere lo scudo di uno dei poliziotti schierati e a colpire con un pugno al volto un agente. Una procura quella di Bologna che nel tempo si è contraddistinta per ricostruzioni dei fatti e sentenze che in qualche modo hanno sempre favorito il VII Reparto Mobile, non credi?

Una cosa è certa, Gustapane ha dichiarato che la sua priorità è intervenire sui movimenti sociali cittadini e i vari fascicoli nei nostri confronti (e non solo) dimostrano che a questa volontà è seguita una sua traduzione, dove il VII ne è protagonista, soprattutto contro noi di Làbas e del TPO. In realtà, Procura, Questura e Reparto Mobile sono sì uniti contro i movimenti sociali ma ci devono essere cambiamenti nei loro “rapporti di forza” interni: infatti, in città si assiste a una minor autorevolezza della DIGOS nella gestione delle piazze, sostituita direttamente da altri funzionari della Questura e/o del Reparto: non c’è più quel filtro di mediazione che la DIGOS è chiamata a svolgere, che viene di fatto esautorata.

 

5) A tuo giudizio si può parlare di coperture politiche ad alti livelli nei confronti di questo Reparto?

Non so, ma sicuramente c’è del marcio e dell’ipocrisia: una mela marcia non cade lontano dall’albero. O si ignora volutamente sugli abusi che compie, la disciplina che non rispetta (scritte “Danger” sui manganelli e questi usati al contrario), sui pestaggi, ecc. o non saprei.

 

6) Sai che un dirigente del SAP, appartenente al VII Reparto Mobile che si è sempre contraddistinto per gli attacchi mediatici portati ai familiari di vittime di abusi di polizia (vedi Ilaria Chucchi, Patrizia Moretti o Lucia Uva), Gianni Tonelli, è oggi candidato con Salvini. Che si dice a Bologna di questo personaggio e dei legami che ha con certa parte della politica?

Sì, è appena uscito un articolo che ufficializza la sua candidatura. Si sa chi è: la sua storia parla da sé e, in breve, è uno “intrallazzato”, legato con ambienti di destra della città. Siamo in campagna elettorale, se qualcuno usa Bologna per dire cose intollerabili non mancheremo di farci sentire!

 

7) Quali sono le iniziative che avete messo in campo e che state sviluppano per far fronte alla repressione?

La questione è costruire e allargare il fronte, conducendo battaglie di civiltà, non solo politiche. Andare oltre la sola contrapposizione, risvegliare attivismo e costruire “contro istituzioni”. Non basta (ma è importante!) fare cene e raccolte fondi, ma bisogna sviluppare attività quotidiane che aprano alla prospettiva di costruire un’autonomia rispetto a ciò che governa la città, esattamente come Làbas (sindacato, asilo, mercato, ecc.).

Esempio di ciò è come, dalle condanne ai domiciliari di 5 attivisti del TPO nel 2015, sia nata l’assemblea Bonalè, il cui scopo era quello di determinare, basso contro alto, il governo della città. Il tutto è poi confluito in Coalizione Civica.

 

8) A quando le udienze del tuo processo e di quello agli altri 3 attivisti di Làbas?

Non so precisamente, abbiamo un gruppo di compagni che si occupano specificamente del settore legale che ci avvisano via via.

 

9) Sai che una compagna di Milano, Rosalba della redazione di Vigilanza Democratica è stata accusata di “diffamazione” da un celerino del VII Reparto, V. Rulli, per l’appello allo scioglimento del VII Reparto Mobile e per aver promosso e sostenuto durante il processo “Caccia allo sbirro” l’uso del copwatching? Cosa pensi di questa pratica? Vuoi dire qualcosa a Rosalba?

Innanzitutto, piena solidarietà a Rosalba! Ha senso il ragionamento secondo cui dobbiamo passare da accusati ad accusatori, passando alla contro offensiva, denunciando questi personaggi e rompendo con la logica del “risolvere il conflitto per strada” anche perché loro cercano sempre di riaversi, di rifarsi (vedi le multe) e questi attacchi sono “fisiologici”: si può riuscire a far condannare una guardia, come nel caso di Martina Fabbri ma la cosa va valutata caso per caso per via delle inevitabili ritorsioni.

 

Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza – per il Comunismo (CARC)

Via Tanaro, 7 – 20128 Milano – Tel/Fax 02.26306454

e-mail: carc@riseup.net – sito: www.carc.it

Direzione Nazionale

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