“Cosa si cela dietro a incendi, biomasse e vergognose leggi”

Stiamo parlando di boschi e foreste, di un patrimonio inestimabile, in parte protetto da Parchi Nazionali, Riserve Naturali, Siti di Importanza Comunitaria, ma in gran parte in mano a privati cittadini che ne detengono la proprietà. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di piccoli agricoltori o di aziende agrarie. Poi ci sono i boschi gestiti da Comunità montane e dallo Stato, ovvero i boschi demaniali.

 

Il governo che ha condotto a termine la legislatura appena conclusasi ci ha stupito durante tutto il suo mandato con leggi antidemocratiche, ambiguità di ogni genere, corruzione e squallore, e non poteva mancare a fine mandato la ciliegina sulla torta: nuove norme che decretano la fine di boschi e foreste italiani.

Stiamo parlando di boschi e foreste, di un patrimonio inestimabile, in parte protetto da Parchi Nazionali, Riserve Naturali, Siti di Importanza Comunitaria, ma in gran parte in mano a privati cittadini che ne detengono la proprietà. Si tratta di nella maggior parte dei casi di piccoli agricoltori  o di aziende agrarie. Poi ci sono i boschi gestiti da Comunità montane e dallo Stato, ovvero i boschi demaniali.

Nel nostro paese si dice da molto tempo che la superficie dei boschi sta crescendo progressivamente a causa dell’abbandono delle terre coltivate, soprattutto in ambienti di media e alta montagna o in regioni centro meridionali dove l’agricoltura, dagli anni ’60 in poi, è diventata sempre meno redditizia e, anche a causa di tasse, balzelli e concorrenza dell’importazione, si è trasformata in una vera e propria impresa donchisciottesca. Ed è vero dunque che la superficie dei boschi è aumentata. Ma i cialtroni in malafede che sbandierano questi dati non analizzano un importante fattore, ovvero la qualità che i boschi hanno nel nostro paese. In moltissimi casi le nuove boscaglie che hanno riconquistato negli anni i coltivi non sono altro che vegetazione pioniera, che necessiterà di decenni per creare veri e propri boschi.

Dall’altro lato, invece, i boschi esistenti da decenni vengono sottoposti sempre più spesso a tagli selvaggi, in cui la qualità dell’habitat è duramente deteriorata e i danni che ne derivano in termini di dissesto idrogeologico, produzione di ossigeno e assimilazione di CO2 (principale gas dell’effetto serra), biodiversità, capacità di autoregolazione (ovvero la capacità che ha un bosco di sopravvivere e adattarsi a cambiamenti traumatici come variazioni del clima) sono enormi. Sempre più spesso si permette il taglio ceduo, che in moltissimi casi non permette nessuna evoluzione naturale del bosco, perché ogni 10-20 anni si taglia nuovamente, impedendo una evoluzione del sottobosco e la presenza di numerose specie botaniche, ma anche di numerosi animali che non riescono a trovare un ambiente idoneo. Il ceduo serve solo per produrre legna da ardere e per pellet e cippato. Il bosco sfruttato in questo modo  è maggiormente colpito dai cambiamenti climatici, scarseggia l’ombra, il suolo si impoverisce. Se anche è vero che il ceduo non è sempre negativo, esso però è oggi ampiamente ed esageratamente privilegiato rispetto al diradamento per alto fusto o altre pratiche forestali. Ma veniamo al punto: il 2017 termina dopo una drammatica siccità che ha prodotto importanti danni ad agricoltura e boschi, un anno nel quale i cambiamenti climatici hanno iniziato a scatenare le più nefaste conseguenze; la Pianura Padana rimane per mesi una delle zone più inquinate d’Europa e con una qualità dell’aria pessima. Durante l’apocalittica estate 2017 si succedono devastantri incendi che inceneriscono anche foreste antichissime e di grande pregio, come quelle che ammantano la Majella, il Gargano, il Vesuvio e le montagne calabresi. Di fronte a tutto ciò qualsiasi persona sana di mente penserebbe di correre ai ripari proteggendo ancora di più i boschi che rimangono, per il futuro del pianeta, il benessere del proprio popolo e per le generazioni future. Ma non i politici in malafede. Infatti viene sottoposto alle Commissioni parlamentari un decreto legislativo gravissimo, che propone l’esatto contrario. Ovvero, in stretto accordo con l’industria del legname, si propone di incentivare il taglio dei boschi che sono “abbandonati” (come se la natura, poverina, se abbandonata dall’uomo, rischi di perire), in modo, dicono, da favorire le azioni anti incendio (poveri noi! Prima tolgono fondi ai Pompieri e trasformano le Guardie Forestali in Carabinieri Forestali, aumentando i loro compiti e diminuendo gli effettivi; non fanno manutenzione agli elicotteri e aerei antincendio, e poi ci dicono che per evitare gli incendi bisogna tagliare i boschi); inolotre, affermazione ancor più grave perché totalmente sbagliata e falsa dal punto di vista scientifico, ci propinano che tagliando si cerca anche di risolvere il problema dell’ erosione e del dissesto idrogeologico.

Non è finita qua! Udite udite! Per i proprietari di terreni che vogliono mantenere il loro bosco inalterato o tagliarlo con correttezza e rispetto per quel poco che gli serve, si prevede anche l’esproprio, o meglio le Regioni possono sostituirsi al legittimo proprietario dei terreni “incolti” per promuovere il recupero produttivo. Insomma in nome dell’economia e del denaro si possono stravolgere prassi consolidate ed entrare nelle proprietà private. Questo tipo di azioni non ha precedenti, se si pensa che tra l’altro i boschi che subiranno il taglio coatto saranno dati in gestione a cosiddette “cooperative“  o ditte private, ovvero per il lucro delle aziende forestali e compagnia bella. Una specie di furto legale in cui si priva il privato, ma anche la collettività, di un bene importantissimo.

Si legge nella petizione lanciata da Medici per l’Ambiente e dal Gruppo di ricercatori e scienziati di Energia per l’Italia, che „Il D.Lgs favorisce in modo incondizionato e sistematico il taglio esteso di boschi ed aree, fino ad oggi protette, per l’utilizzo delle masse legnose a fini energetici nelle centrali a biomasse. Tale pratica comporterebbe inevitabilmente un ulteriore aggravio dell’inquinamento atmosferico con ricadute negative per salute della popolazione italiana, dimenticando che l’Italia, con 90 mila morti premature all’anno sulle 487.600 del continente europeo, è ai vertici di questa triste classifica e per questo sotto procedura d’infrazione.“

Una legge questa che solleva numerosi pareri contrari e gravi indizi di incostituzionalità. Numerosi docenti e ricercatori hanno espresso contrarietà e sdegno verso questo provvedimento, tra questi è importante citare il professor Gianluca Piovesan, ordinario di selvicoltura e assestamento forestale dell’Università della Tuscia e il professor Bartolomeo Schirone, professore ordinario di selvicoltura dell’Università della Tuscia. Con il passare dei giorni si è creato un movimento fortissimo di opinione nel mondo scientifico accademico, che ha risposto al decreto in questione lanciando un appello al Presidente della Repubblica e al Governo italiano affinché venga ritirato il Decreto. Firmano il duro e accorato documento 250 docenti e ricercatori italiani. Figurano tra questi botanici, ecologi, zoologi, forestali, biologi, micologi e lichenologi, ecc.

Ma a chi giova questo  saccheggio legalizzato? In primis alle aziende che producono energia da biomasse. In Italia la crescita di questi impianti in potenza e numero è aumentata a dismisura a partire dal 2009, anche grazie agli incentivi e agli sgravi fiscali. In  molte regioni si è avviata una corsa all’oro che vede protagonista una galassia di società private che spesso finiscono nel mirino della giustizia, come è accaduto per la grande centrale di Rignano Scalo in provincia di Foggia, gestita da „Enterra spa“ e finita sotto sequestro, o come il fatto che l’impresa Spadafora di San giovanni in Fiora (Cosenza), in mano alle cosche cosentine, avesse avuto l’appalto per l’approvvigionamento di legname della centrale Enel del Mercure. La dirigenza ha subito rescisso il contratto ma forti preoccupazioni permangono. Alle centrali a biomasse si aggiunge il consumo di pellet che vede l’Italia al quarto posto nel mondo per consumi, ma con l‘85% delle materie prime importate da est Europa, Canada e Stati Uniti. Perciò la fame di legname diventa insaziabile, ingorda, fuori controllo. I tagli illegali, gli incendi di boschi e la creazione di strade illegali di esbosco proseguono con un ritmo incalzante. Diversi comitati stanno sorgendo un po‘ ovunque contro l’illegalità, ma se l’illegalità diventa legale allora la questione sarà ben diversa. I tempi stringono e urge una lotta democratica e di massa per salvare le nostre foreste e l‘avvenire delle future generazioni.

Per approfondire:

http://www.iacchite.com/la-mafia-dei-boschi-le-centrali-biomasse-grandi-affari-soliti-noti/

https://www.change.org/p/sergio-mattarella-no-all-uso-di-boschi-e-foreste-a-fini-energetici-nelle-centrali-a-biomasse

https://www.montagna.tv/cms/119090/nuova-legge-forestale-un-assalto-ai-boschi-italiani/

http://www.eco-magazine.info/news/4195/altro-che-energia-rinnovabile-le-centrali-biomasse-sono-un-affare-solo-per-chi-le-fa.html

 

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