L’informazione di guerra: il caso Elmetti Bianchi in Siria

E’ appena finita una campagna elettorale costellata dalla consueta gara di promesse tra i vari schieramenti politici. Nei vari articoli o dibattiti sono rimbalzate le più disparate ricette magiche da attuare per il benessere dei cittadini. Una di queste è stata l’abolizione del canone RAI che in Italia dal 2017 ammonta a 90 euro per ogni nucleo familiare in possesso di un apparecchio televisivo.

 

L’informazione ai tempi della guerra: il caso Elmetti Bianchi in Siria

di Fabio Belli

E’ appena finita una campagna elettorale costellata dalla consueta gara di promesse tra i vari schieramenti politici. Nei vari articoli o dibattiti sono rimbalzate le più disparate ricette magiche da attuare per il benessere dei cittadini. Una di queste è stata l’abolizione del canone RAI che in Italia dal 2017 ammonta a 90 euro per ogni nucleo familiare in possesso di un apparecchio televisivo. De facto l’importo viene automaticamente addebitato ad ogni intestatario di utenza domestica di energia elettrica, salvo casi particolari di esenzione o disdette. Come stabilito dalla sentenza de Carlolla Cassazione n. 24010 del 20/11/2007, il canone di abbonamento non si configura come “[..]uno specifico rapporto contrattuale che leghi il contribuente, da un lato, e l’Ente Rai, che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo, dall’altro, ma costituisce una prestazione tributaria, fondata sulla legge [..] “.

Tuttavia le entrate che ne derivano sono versate al concessionario (in Italia è la RAI) e questa prassi avviene più o meno anche negli altri paesi europei. La destinazione di tali imposte è riconosciuta per il servizio di produzione e diffusione dei cosiddetti programmi di servizio pubblico che per definizione deve garantire “imparzialità e completezza d’informazione”, ma è sempre così? Prendiamo ad esempio le attuali cronache della crisi siriana, che sembrava essere risolta dopo la capitolazione dell’ISIS. Si è posta l’attenzione sull’assedio di Ghouta, un’area alla periferia di Damasco, occupata e gestita da almeno tre fazioni ribelli Jihadiste, tra cui una facente capo al ramo siriano di Al-Qaeda. Questi gruppi armati, che tengono in ostaggio oltre 400 mila persone, occupano i territori di questa provincia da ormai 5 anni, bombardano incessantemente la popolazione damascena ed usano addirittura alcuni gruppi di civili come scudi umani. Purtroppo quello che si apprende dai nostri telegiornali nazionali e da tutto il cosiddetto mainstream informativo, rivela solo gli effetti (purtroppo i danni, i morti e i feriti) e non si sofferma abbastanza sulle cause, salvo accreditare la responsabilità al governo siriano che, si dice, avrebbe assediato il quartiere di Ghouta, mentre in realtà sta rispondendo militarmente alle provocazioni di questi gruppi ribelli jihadisti che sembrano avere appoggio logistico e finanziario illimitato. Nel rispetto dei principi dell’imparzialità e completezza citati prima, sarebbe importante raccontare i fatti da ogni punto di vista, senza per forza seguire agende politiche imperialiste che sempre danneggiano la sovranità dei popoli oppressi e che storicamente seguono lo stesso modus operandi da decenni a questa parte.

Sebbene i nostri notiziari mostrino schiere di giornalisti inviati in zone di guerra, le notizie che provengono da Ghouta, ma anche quelle che provenivano da Aleppo, hanno fonti molto ristrette tra cui i cosiddetti “White Helmets” (Elmetti bianchi), un’organizzazione non governativa che dal 2013 ha ricevuto 23 milioni di dollari di aiuto dagli Stati Uniti. Il loro apparente scopo è umanitario, ma numerose foto circolanti in rete hanno svelato che essi fanno parte di organizzazioni terroristiche e i loro membri sono ritratti spesso con la propria divisa impugnando armi.

In un filmato diffuso dal sito liveleak.it un gruppo di loro assiste impassibile all’esecuzione di un ragazzo da parte dei ribelli di al-Nusra: un miliziano spara alla sua vittima, lo finisce con un colpo alla testa e dopo pochi secondi gli elmetti bianchi ne trasportano via il cadavere. Un’altra fonte d’informazione citata dai notiziari è l'”Osservatorio siriano per i diritti umani”. Dal nome ci si aspetterebbe che vi sia una struttura capillare che raccoglie tutte le informazioni riguardante il conflitto e invece si scopre che tale organizzazione ha sede a Coventry ed è opera soltanto di una persona, un propagandista di nome Abdel Rahman, emigrato dalla Siria 18 anni fa, che viene finanziato probabilmente dal governo britannico e che, secondo il New York Times, intrattiene rapporti col Ministero degli affari esteri e del Commonwealth. Da ora in poi quando apprenderemo notizie su ciò che accade nel mondo, prefiguriamoci strutture competenti ed imparziali che garantiscono il diritto all’informazione di noi cittadini, ma sappiamo anche che un gruppo ristretto di persone o, addirittura una persona residente in una tetra e piovosa città industriale a migliaia di km da dove si svolgono i fatti, possono orientare le nostre idee e le nostre convinzioni sugli scenari di geopolitica mondiale senza che nessuno, stipendiato con le nostre imposte per garantire il nostro diritto ad un’equa informazione, abbia la volontà o il potere di controllare o criticare quanto viene divulgato.

Le nostre conoscenze sulla percezione della storia passata, presente e futura, sono purtroppo condizionate da coloro che, oltre ad avere l’arroganza di minare la sovranità degli altrui popoli e a finanziare gruppi armati che opprimono le popolazioni inermi ed innocenti, manovrano come marionette tutti coloro che dovrebbero garantire il nostro diritto ad essere correttamente informati e, di conseguenza, finiscono per condizionare noi stessi, incluse le nostre idee e le nostre azioni. L’abolizione di un’imposta è stata e sarà sempre una mera strategia di marketing elettorale  e la sua attuazione non contribuirà mai ad un pieno benessere collettivo (benessere inteso non come un vantaggio prettamente economico). Della massima priorità dovrebbe essere invece farsi carico di migliorare un servizio pubblico che sia finalmente imparziale e completo, così da garantire un sistema informativo di qualità che è alla base della democrazia e che attuerebbe a pieno titolo l’articolo 21 della nostra Costituzione.

da: www.lantidiplomatico.it

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