“Beauty, il suo destino è il nostro”

“Potremmo spendere pagine e pagine per alzare il nostro urlo di dolore per Destinity e per tutte e tutti i Beauty vittime della Fortezza Europa. Sarebbe giusto e necessario. Ma siamo arrivati ad un punto tale per cui indignazione e domande non bastano più… – scrive Andrea Segre – Dobbiamo avere la forza di immaginare e proporre un sistema diverso, che non abbia come inevitabile conseguenza l’umiliazione dell’umanità…

 

 

NEWSLETTER DI COMUNE

 

Beauty, il suo destino è il nostro

Mural, Pittsburgh

 

Potremmo spendere pagine e pagine per alzare il nostro urlo di dolore per Beauty e per tutte e tutti i Beauty vittime della Fortezza Europa. Sarebbe giusto e necessario. Ma siamo arrivati ad un punto tale per cui indignazione e domande non bastano più. È arrivato il tempo delle alternative e delle risposte.

Ci rivolgiamo a tutti gli esseri umani che non accettano di vedere la propria condizione umiliata da scelte politiche che ci costringono ad accettare conseguenze disumane.

Ci rivolgiamo a tutti coloro che vogliono reagire a questo ordine delle cose. A chi sente vibrare la pelle e tremare il cuore quando pensa che noi stiamo accettando la morte di madri incinte, bambini, ragazzi e ragazze che stanno commettendo l’unico errore di volersi muovere e che spesso devono muoversi.

Dobbiamo avere la forza di immaginare e proporre un sistema diverso, che non abbia come inevitabile conseguenza l’umiliazione dell’umanità e la violazione delle vite e dei diritti. Perché oggi il sistema “democratico” con cui la questione migratoria viene gestita prevede strutturalmente queste conseguenze. I gendarmi francesi che hanno riportato indietro Beauty non verranno processati. Hanno agito secondo un ordine operativo ben preciso. Così come i militari e i funzionari italiani che gestiscono le operazioni sul confine libico non verranno processati.Nemmeno conosciamo i loro nomi. Agiscono per far funzionare le cose come le istituzioni chiedono loro e come l’opinione pubblica accetta che funzionino.

Allora adesso spetta all’opinione pubblica costruire altre risposte. Risposte che abbiano il coraggio di non parlare di “diritti dei migranti”, perché tale definizione tematica costituisce un ghetto mediatico, che ci sta allontanando dal centro della questione.

Dobbiamo mettere al centro la nostra dignità comune, il coraggio di non rinunciare a principi di civiltà che continuiamo a ritenere fondamentali nelle nostre vite ( o siamo pronti ad essere detenuti o uccisi anche noi perché vogliamo viaggiare?).

Dobbiamo mettere al centro la giustizia sociale, quella che prevede che le ricchezze vanno distribuite verso chi ne ha bisogno, al di là delle proprie origini etniche, e che i privilegi e le furbizie fiscali non vanno invidiati, ma combattuti.

Dobbiamo mettere al centro i principi di solidarietà, che non significa essere caritatevoli con i poveri, ma distribuire fatiche e vantaggi, impegni e diritti in modo equo in diversi territori, senza proteggere luoghi di elite e schiacciare periferie a cui affidare tutti i pesi sociali.

Dobbiamo mettere al centro il diritto alla mobilità, alla scelta personale di raggiungere un luogo dove c’è qualcuno che ti aspetta o dove sai che c’è lavoro o dove hai voglia di studiare, facendo diventare questo diritto un perno di cambiamento dell’ordine delle cose, con il coraggio di farlo diventare principio capace di guidare scelte pragmatiche di gestione del fenomeno migratorio che riguarda le vite di tutti noi (alzi la mano chi fa parte di una famiglia dove tutti sono stati o sono “a casa sua”).

Dobbiamo insomma avere il coraggio insieme di studiare e avanzare proposte. Partendo dai territori e puntando ad incidere a livello europeo. Come? Con un partito nuovo? Nossignori, con un movimento di opinione, di azione e di pressione sociale. Non un movimento per i migranti.  Un movimento per la dignità umana e la giustizia sociale di tutti noi.

Non dobbiamo aiutare i migranti, dobbiamo toglierci da questo imbuto maledetto che ci costringe ad accettare la morte di Beauty come conseguenza strutturale della nostra protezione. Nostra di chi? Quale protezione?

Il Forum Per cambiare l’ordine delle cose sta crescendo ed è ben altra cosa rispetto al mio film. In dieci città si sono riunite decine di persone che hanno dato vita ai Forum territoriali. Ognuno ha eletto un rappresentante che fa parte del coordinamento nazionale insieme ai rappresentanti delle organizzazioni che hanno fatto nascere il Forum (Msf, Amnesty international, Naga, Banca etica, ZaLab). Il coordinamento nazionale si è messo in contatto con movimenti europei che hanno gli stessi scopi. Stiamo costruendo una mobilitazione europea in questa direzione che da maggio a fine anno cercherà di far crescere idee e proposte. Molte persone che fanno parte di questo percorso sono operatori dell’accoglienza, educatori, assistenti legali, mediatori interculturali, perché agendo da anni su questo territorio conoscono bene la situazione e ne comprendono le tragiche dinamiche. Ma anche tanti cittadini semplici si stanno unendo al percorso.

Se abitate nelle città dove il Forum già esiste (Milano, Verona, Bolzano, Padova, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Caserta, Potenza) prendete contatti e partecipate agli incontri che nelle prossime settimane prepareranno la mobilitazione europea. Se nella vostra città il Forum non si è ancora formato potete farlo voi direttamente. Scrivete a percambiarelordinedellecose@zalab.org e vi daremo le informazioni necessarie.

Invitiamo anche le Ong, associazioni, organizzazioni sindacali, cooperative interessate al percorso di aderire. Ma non ci basta un’adesione formale, non raccogliamo firme on line, costruiamo azioni e percorsi off line, città per città verso il cuore d’Europa. Quindi vi chiediamo o di nominare un vostro rappresentante che partecipa al coordinamento nazionale stabilmente (se siete un’associazione nazionale) o di prendere contatto con i Forum territoriali o di aiutarne la nascita se ancora non ci sono.

Non serve proiettare il film L’ordine delle cose (il film di Andrea Segre intorno al quale è nato il Forum, ndr). Qui si parla di tutt’altro. Io continuerò a fare film, raccontare storie e fare domande scomode. È il mio lavoro e la mia passione. Ma dopo anni di incontri, dibattiti, discussioni ora è arrivato il tempo dell’azione comune e della proposta. Se no saremo sempre solo capaci di fare post di indignazione su Facebook ed è assolutamente inutile, perché su Facebook vincono le parole d’ordine e le parole d’ordine fanno vincere i signori della paura o ci costringono agli slogan umanitari, che non sono ciò che ora ci serve. Proviamoci tutti insieme e subito, se la dignità umana ci sembra ancora un principio importante. Perché non possiamo più aspettare ad agire.

 

Andrea Segre (Regista, ha aderito alla campagna Un mondo nuovo comincia da qui)


 

LA CRISI DELLA CIVILTÀ ROMANA
La storia antica lo spiegava in termini essenziali: Roma è una città basata sulla guerra, in cui la struttura militare coincide con quella politica. Le cronache cittadine dei primi anni del nuovo millennio hanno buone probabilità di passare alla storia per un’altra guerra, quella contro l’umanità di scarto. La guerra contro i poveri dei giorni nostri non è, naturalmente, una peculiarità solo romana, ha un respiro decisamente planetario, ma utilizziamo una sineddoche, la figura retorica che nomina una parte per dire il tutto, soprattutto per sostenere e segnalare il secondo aspetto di questo assurdo parallellismo: la coincidenza della struttura militare con quella politica. Questo ci pare racconti l’esemplare e amarissimo reportage di Nicoletta Dentico sullo sgom bero poliziesco dell’edificio di via di Vannina: 150 persone, tre quarti delle quali in possesso di regolare permesso di soggiorno per richiesta di asilo, deportate – in modo tutt’altro che episodico – senza offrire altra soluzione abitativa che i cartoni di una qualsiasi piazza cittadina. Non siamo di fronte a un’abdicazione della politica ma a una sua scelta precisa. Se poi quella scelta manda in frantumi anche una gemma rara come l’impegno volontario di medici che antepongono l’affermazione dei diritti umani al proprio interesse monetario, diventa il simbolo di una strategia, distruttiva quanto suicida, il segnale di una civiltà che affonda in una dimensione bellica senza speranze
NICOLETTA DENTICO

LA BANCAROTTA DELL’UMANITÀ
“È bestiale che Beauty, donna nigeriana incinta, sia stata respinta dalla gendarmeria francese ed è morta in ospedale dopo aver partorito… È inammissibile che la Procura di Ragusa abbia messo sotto sequestro la nave spagnola Open Arms per aver soccorso dei migranti… È criminale quello che sta avvenendo in Libia, dove quasi un milione di rifugiati sono sottoposti a detenzione arbitraria e torture… È scellerato l’accordo fatto dal governo italiano con l’uomo forte di Tripoli per bloccare l’arrivo dei migranti in Europa… È illegale l’invio dei soldati italiani in Niger deciso dal parlamento… È immorale anche l’accordo dell’Ue con la Turchia di Erdogan… È vergognoso che una guida alpina sia stat a denunciata dalle autorità francesi e rischi cinque anni di carcere per aver aiutato una donna nigeriana in preda alle doglie… Ed è incredibile che un Europa che ha fatto una guerra per abbattere il nazi-fascismo stia ora generando nel suo seno tanti partiti xenofobi, razzisti o fascisti…”
ALEX ZANOTELLI
 

L’UMANITÀ CHE FINISCE NEI CASSONETTI
“A scuola ci sono bambini che rimangono indietro, potremmo buttarli in un cassonetto, così, gli altri possono andare avanti. Oppure quelli con il buco nelle magliette e i pantaloni rotti. O quegli alunni a cui a mensa diamo doppia razione perché sappiamo che la sera non mangeranno. Potremmo buttare i vecchi, quelli che rendono la nostra società improduttiva. O i malati. Un peso per la società. O gli stranieri… Potremmo buttare nel cassonetto, anche il corpo di Beauty, la madre nigeriana, che ha salvato suo figlio. Anzi, buttiamo anche lui, intanto qui non c’è posto…”
PENNY

DELLA SUPREMAZIA DEGLI UOMINI
Sappiamo tutti che la violenza che caratterizza la cultura patriarcale del nostro tempo ha radici profonde e antiche che solo il complice pressapochismo delle cronache mediatiche riesce, spesso e volentieri, ad ascrivere all’impazzimento di singole menti turbate o alla perdita di controllo da parte di individui dal carattere “irascibile”. Questo ampio articolo prova a ricostruire una visione cronologica di quelle radici, quasi sempre sottintese o date per assodate in una presunta conoscenza comune che manifesta superficialità e assenza di prospettiva storica ad ogni nuovo episodio del sistematico femminicidio. Quando un uomo aggredisce una donna che cerca di sottrarsi al suo potere, o comunque, a una relazione di possesso, ripercorre invece processi, anche mol to lontani nel tempo, nei quali quel comportamento era consentito, o perfino incentivato, dalle consuetudini o dalle norme in vigore, oltre che dai rapporti di forza. Questo, naturalmente, non ne attenua ma ne approfondisce la portata e la gravità. L’intera specie umana è chiamata oggi a fermare i processi di autodistruzione del pianeta innescati dal sistema dominante e dalla sua ideologia, una nuova visione delle relazioni tra gli uomini e le donne, libera da ogni vincolo di potere, è una pre-condizione, urgente quanto essenziale, per avviare quell’immane lavoro
ALBERTO CASTAGNOLA
 

PERCHÉ HANNO DECISO DI UCCIDERE MARIELLE
La profonda indignazione popolare, in Brasile e nel mondo, ha impedito la manovra dei media nazionali volta puntualmente a far annegare l’esecuzione di Marielle Franco nel generico pantano dell’insicurezza. Alcuni giorni prima dell’assassinio della femminista, una sua consulente era stata avvicinata da un uomo che le aveva chiesto in tono minaccioso se lavorasse con la consigliera Franco, quella che aveva denunciato il comportamento del battaglione della Polizia Militare di Río de Janeiro nel quartiere di Acarí, considerato il più letale dello Stato. L’esecuzione di Marielle, così come la totale consegna degli enormi problemi della sicurezza della città Río de Janeiro nelle mani dei militari, è allo stess o tempo un laboratorio, che serve a misurare la reazione popolare alla repressione, e una minaccia per intimidire chi resiste alle nuove politiche
SILVIA ADOUE
 

LE SCOMODE VERITÀ DI ENRICO ZUCCA
«Parafrasando un aforisma del compianto Roberto Freak Antoni potremmo dire, pensando alla bufera mediatica esplosa attorno a Enrico Zucca, che non c’è gusto in Italia a dire la verità», scrive Lorenzo Guadagnucci. Invece d’essere ascoltato e ringraziato, il magistrato (che fu pm nel processo Diaz, il cui esito non è mai stato digerito ai vari piani del Palazzo) è stato additato come una minaccia da buona parte della nomenclatura istituzionale, con il chiaro obiettivo di non discutere le questioni da lui sollevate. «Fra tante grida scomposte, le parole più serie e sincere le dobbiamo ai genitori di Giulio Regeni, che hanno espresso “stima e gratitudine al dottor Zucca per il suo intervento preciso ed equilibrato…»
LORENZO GUADAGNUCCI

ALCUNI ULIVI SONO ANCORA VIVI
Marco Scortichini è il direttore di ricerca del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria di Roma e Caserta. Insieme a Francesco Paolo Fanizzi, docente all’Università del Salento, e altri ricercatori ha sperimentato una cura per salvare gli olivi, colpiti dal Co.di.r.o. e Xylella, destinati a essere eradicati. La cura sembra essere molto efficace e ha avuto anche una validazione scientifica internazionale. Tuttavia sul Quotidiano di Puglia nei giorni scorsi è apparsa una nota molto critica nei confronti della cura. In questo articolo inviato a Comune, Scortichini risponde con grande meticolosità a quella nota. Dal Salento chiedono una mano nel diffondere questa preziosa notizia che neutralizza il tentativo di azzoppare la ricerca e tiene a bada coloro che, con la scusa del batterio, vogliono sradicare le tradizionali cultivar per sostituirle con altre che meglio si adattano a un modello olivicolo intensivo. Insomma, il “Popolo degli ulivi” nonostante gli attacchi dall’alto – Stato, multinazionali, media…, la combriccola eradicatrice – aumenta e non smette di mettere in comune saperi, forte volontà di tutelare e salvare l’inestimabile patrimonio rappresentato dalla foresta degli olivi, capacità di vivere il territorio fuori dal dominio del profitto
MARCO SCORTICHINI
 

QUEL CHE L’ALGORITMO NON PUÒ IMPASTARE
La vecchia tesi cara alla tradizione occidentale meccanicistica secondo cui le persone non sono che macchine le cui parti possono essere smembrate e sostituite a piacere vive oggi un nuovo periodo di splendore. La nutre da anni, per esempio, quella medicina che rifiuta la cura in favore del mercato del “pezzo di ricambio” ma, ai giorni nostri, la incarna al meglio la fortuna e la presunta onnipotenza degli algoritmi, espressione quantomai attuale di un mito alimentato dalle insaziabili necessità di accumulazione del capitale. Eppure siamo fatti di un impasto non replicabile con mezzi artificiali: la critica di studiosi come Marcello Cini ha elaborato, già alcuni decenni fa, gli antidoti necessari a sconfessare una dicotomia tra sentimenti e ragione, v ale a dire tra cuore e cervello, che continua a tener viva la minaccia di poter generare inediti mostri
ENZO SCANDURRA
 

SAPER ASCOLTARE È UN’ARTE
Si fa tanto parlare di ascolto. È un termine di cui si abusa troppo. Ascoltare è conoscere la pazienza, la lentezza. Ascoltare non è solo porgere l’orecchio ma aprirsi al mondo che ci circonda. “Prima ancora di metterci in ascolto dobbiamo saper fare silenzio dentro di noi – scrive Emilia De Rienzo -, far tacere le tante parole che giudicano, stigmatizzano, interpretano, a tutti i costi vogliono trovare soluzioni veloci…”
EMILIA DE RIENZO

FARE SCUOLA SOTTO L’OMBRA DI UN ALBERO
Cristo si è fermato a Blantayre, scrive Francesco Gesualdi nel suo prezioso reportage dal sud del Malawi, evocando una grande immagine letteraria che racconta, in una sola parafrasi, le condizioni delle periferie rurali che ha visitato. Tra quelle casupole assemblate con pietre, terra battuta, lamiera e plexigas, sono arrivati però anche don Milani e Paulo Freire, perché lì si è dato vita a un eccellente progetto pedagogico di formazione per maestri di campagna che dovranno misurarsi con classi di ottanta bambini, senza banchi né libri. Saranno insegnanti elementari ma anche animatori sociali di comunità, pronti a mettere i poveri in condizione di gestire da sé il proprio cambiamento, superando sfide ambientali ed economiche quasi sempre proibitive. Potranno farlo, anche grazie a un bel progetto che trasforma in aiuto lo spreco del nord del mondo, solo arricchendo le proprie conoscenze e, soprattutto, rendendo più saldi i vincoli di comunità
FRANCESCO GESUALDI
 

LIBRI E COLORI DI UN MONDO DIVERSO
Ci sono presidi sociali che pur tra mille difficoltà danno vita ogni giorno a un controcanto rispetto a chi conquista prima pagine ed urne elettorali con l’”emergenza migranti” e la guerra ai clandestini: sono le scuole in cui studiano, giocano e vivono insieme bambine e bambini, ragazzi e ragazze di diverse origini, religioni, background culturali. Ci sono insegnanti, associazioni culturali, editori, scrittori e scrittrici che non smettono, attraverso strumenti di ricerca e racconti, di liberare l’immaginario dall’assedio dei fantasmi razzisti. Ci sono infine animatrici culturali, ad esempio Chiara Ingrao, che costruiscono legami tra temi e tra persone per favorire brillanti corto circuiti nei percorsi di formazione alla lettura, alla cittadinanza e all’ ascolto, come dimostra la bibliografia (qui scaricabile) “Libri per la scuola di tutti i colori” da lei curata
CHIARA INGRAO
 

BENI COMUNI E AUTO-ORGANIZZAZIONE
Per la gestione dei beni comuni non ci sono solo lo Stato e il mercato, c’è anche l’auto-organizzazione degli utilizzatori. Per questo Stati e mercato fanno di tutto per ostacolarla
GERARDO MARLETTO

IL NUOVO PARLAMENTO PUÒ FERMARE IL CETA
Ve la ricordate quella allegra favola secondo cui il Ceta, trattato di liberalizzazione degli scambi tra Europa e Canada, non si sarebbe occupato in alcun modo degli standard di sicurezza e qualità del nostro cibo? Un documento riservato, non disponibile ai “cittadini semplici”, mostra che avevamo ragione a non volerci fidare di certe rassicurazioni. Paesi europei importanti come Francia, Germania e Italia non hanno però ancora sottoposto ai propri parlamenti la ratifica del nefasto trattato. I nuovi eletti in Italia hanno un occasione per sorprenderci opponendosi con nettezza alla prevalenza commerciale su diritti essenziali per la salute. Intanto a Ottawa si riunisce il Comitato congiunto sulla Sicurezza sanitaria e Fitosanitaria creato dal Ceta s tesso. Chi vi parteciperà?
MONICA DI SISTO
 

L’ITALIA DELLA TERRA DEI FUOCHI
Business dei rifiuti ed ecomafia nel tranquillo Abruzzo
ALESSIO DI FLORIO

IL GELATO DI SALVINI
Chissà dove erano gran parte di quelli che oggi fanno la ramanzina alla ragazza che non ha voluto servire un cono gelato a Matteo Salvini, quando il capo della Lega pronunciava a giorni alterni frasi razziste, misogine e omofobe. E chissà dove saranno nei prossimi giorni… Scrive Matteo Saudino: “Viviamo nell’era dei Gramellini, dei Fazio e dei Cazzullo: veri e propri cantori della banalità elevata a filosofia morale…”
MATTEO SAUDINO

 

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