MUOS, Mobile User Objective System. 4 parole che ormai da anni agitano la vita sociale e politica della Sicilia. Cinque satelliti geostazionari e quattro stazioni terrestri, una delle quali sorta a Niscemi e composta da tre immense antenne paraboliche e due trasmettitori. Un’enorme infrastruttura militare contro cui da anni si stanno opponendo ambientalisti, pacifisti, associazioni antimafie, cittadini, movimenti e comitati. Un’opposizione approdata anche nelle aule di tribunale.
No Muos, l’opposizione approdata in tribunale
Prossima udienza ad aprile per il processo contro la costruzione del mega sistema satellitare
MUOS, Mobile User Objective System. 4 parole che ormai da anni agitano la vita sociale e politica della Sicilia. Cinque satelliti geostazionari e quattro stazioni terrestri, una delle quali sorta a Niscemi e composta da tre immense antenne paraboliche e due trasmettitori.
Un’enorme infrastruttura militare contro cui da anni si stanno opponendo ambientalisti, pacifisti, associazioni antimafie, cittadini, movimenti e comitati. Un’opposizione approdata anche nelle aule di tribunale.
Il 23 febbraio scorso si è svolta infatti la prima udienza (la prossima sarà all’inizio di aprile) del processo penale che vede imputati un dirigente della Regione Sicilia, Giovanni Arnone, e tre imprenditori (il presidente della Gemmo SpA Mauro Gemmo e i titolari di due imprese di subappalti Concetta Valenti e Carmelo Puglisi).
Un anno di reclusione e 20mila euro di multa per ciascun imputato, la confisca del MUOS e l’abbattimento per ripristinare i luoghi le richieste del pubblico ministero.
Il sistema satellitare militare USA, secondo il pm, non sarebbe mai dovuto essere autorizzato perché nell’area vige l’inedificabilità “assoluta, in un sito di interesse comunitario e senza la prescritta autorizzazione, assunta legittimamente o in difformità da essa e insistono su beni paesaggistici, all’interno della riserva naturale orientata di Niscemi in zona A, di inedificabilità assoluta, in violazione delle prescrizioni del decreto istitutivo e del regolamento inerente”.
Inizialmente la stazione terrestre in Sicilia era prevista nella base di Sigonella ma, successivamente, la Marina Militare USA ha deciso nel 2006 di puntare su Niscemi – riporta Antonio Mazzeo in un dossier – seguendo le risultanze di uno studio sull’impatto delle onde elettromagnetiche, elaborato da Analytical Graphics Inc. in collaborazione con la Maxim Systems, due società statunitensi.
Le fortissime emissioni elettromagnetiche avrebbero potuto avviare la detonazione degli ordini della
base militare. Per questo Sigonella fu scartata, lasciando il posto a Niscemi.
Una città di 28 mila abitanti in provincia di Caltanissetta dove sono presenti siti archeologici e un SIC, Sito di Interesse Comunitario, ITA050007. Il SIC di Niscemi è la sughereta più importante della Sicilia, dal 1997 anche Riserva Naturale Regionale.
Da considerare che già la situazione ambientale precedente al MUOS desta preoccupazione. In un’interrogazione del 18 marzo 2015 l’europarlamentare Eleonora Forenza (L’Altra Europa con Tsipras) riportò “che sono stati riscontrati nell’acqua della rete idrica della zona livelli medi annuali di concentrazione di nitrato sicuramente superiori a quanto previsto dalla Direttiva 98/83 CE, come implicitamente ammesso da uno stesso rapporto delle autorità USA per il 2013, e che anche il livello del cloro è assai alto e pericoloso” […] “l’esistenza di inaccettabili livelli di bromato nella base di Niscemi – dal 1991 è già attiva una stazione di telecomunicazioni della Marina Militare USA – rivelata nella primavera 2012 dal quotidiano delle forze armate statunitensi Stars and Stripes al quale lo stesso portavoce del comando US Navy di Napoli, Timothy Hawkins dichiarò che l’acqua delle stazioni NAS I e NAS II a Sigonella e dell’installazione di telecomunicazioni di Niscemi è stata contaminata dal bromato e al personale militare è stato ordinato di non bere più dai rubinetti” e che “i test hanno provato che la quantità di bromato è superiore al valore massimo stabilito dall’EPA, l’agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente” […] “in quanto erano state riscontrate concentrazioni di bromato oscillanti tra i 52 e i 170 microgrammo per litro, cioè da 5 a 17 volte in più di quanto permesso”, “Lo sversamento di enormi quantità di gasolio nelle falde dell’area causati da incidenti della Marina Militare Usa, documentato anche da perizie della stessa Marina USA”.
La vicenda dell’autorizzazione del MUOS è ormai decennale e ha conosciuto tante, e anche
contraddittorie tra loro, svolte. Il progetto fu infatti presentato dalla Marina Militare statunitense nel 2008 e i lavori sono iniziati nel 2011.
Già l’anno dopo la Procura di Caltagirone interrompe per un mese i lavori. L’anno successivo sarà quella della revoca regionale delle autorizzazioni. E della revoca della revoca. Perché il 29 marzo l’allora presidente della Regione Sicilia Crocetta decise di ritirare le autorizzazioni di competenza regionale.
Ma il 24 luglio dello stesso anno la Regione decide, appunto, di revocare la revoca. Ufficialmente basandosi su una relazione dell’Istituto Superiore di Sanità. Un provvedimento che sconcertò il Coordinamento dei Comitati No Muos che attaccando la Regione lo definisce un “ignobile atto di vigliaccheria politica a servizio dei poteri forti, e a discapito della salute e della sicurezza dei cittadini”.
Contro la “revoca della revoca” il 6 Agosto dello stesso anno l’Associazione Antimafie Rita Atria presentò una denuncia alla Procura di Palermo, accusando di “falso in atto pubblico” il dirigente che ha firmato il provvedimento. “A sostegno della decisione di annullare la revoca – dichiarò l’avvocato Goffredo D’Antona – il dirigente riporta solo una parte della relazione dell’Istituto superiore di sanità. Estrapola il testo da cui si evincerebbe la certezza che le parabole non fanno male alla salute, omettendo le conclusioni, dove l’Iss sottolinea che si tratta di pura teoria, da verificare in concreto e che, infine, quanto affermato non può essere usato a fini autorizzativi”.
Dopo il provvedimento di revoca firmata dal Presidente Crocetta (mentre la revoca della revoca portava solo la firma del dirigente) il Ministero della Difesa promosse un ricorso urgente al TAR. Respingendo questo ricorso, aggiunse l’avvocato D’Antona, il TAR “aveva sottolineato che non si poteva andare avanti senza la prova assoluta e concreta della non nocività del sistema Muos. E questa prova l’Iss non se l’è sentita di darla, non si è assunta questa responsabilità”.
Quasi un mese dopo, il 5 settembre, l’Istituto Superiore di Sanità sul proprio sito pubblicò la relazione finale sul MUOS.
Secondo la relazione il sistema satellitare “non impatterebbe negativamente sulla salute della popolazione” ma viene posta l’attenzione sulla “necessità di unattenta e costante sorveglianza sanitaria della popolazione delle aree interessate, oltre che dell’attuazione di un monitoraggio dei livelli di campo elettromagnetico successivamente alla messa in funzione delle antenne Muos, anche in considerazione della natura necessariamente teorica delle valutazioni effettuate su queste specifiche antenne”. Una relazione, quindi, nella quale si “dice tutto e il contrario di tutto”, attaccò l’avvocato D’Antona chiedendosi “perché intervengono così tardi? Perché non si sono fatti avanti quando il professor Zucchetti si è lamentato che l’iniziale fuga di notizie era parziale e che mancavano dati importanti? Compaiono invece adesso per focalizzare proprio quell’aspetto della relazione trascurato dal dirigente che abbiamo denunciato. Mi sembra la condotta tipica di chi non è coinvolto direttamente da un’azione penale, ma vuole mettersi al riparo”.
Sono passati cinque anni ma quanto accaduto in quei mesi ha un ruolo fondamentale in tutta la vicenda. Il 16 luglio l’Associazione Antimafie Rita Atria aveva già presentato una denuncia alla procura di Caltagirone. L’accusa, in quel caso, era di aver iniziato i lavori anni prima l’arrivo delle autorizzazioni. Tutto era partito da una pubblicazione di Antonio Mazzeo, una fotografia scattata probabilmente nell’inverno 2009.
“Prova inconfutabile – scrisse il giornalista ed attivista – è stata individuata in un rapporto ufficiale del Program Executive Office (PMW-146), l’organismo dello Space and Naval Warfare Systems Command (con sede a San Diego, California) che dirige il programma del nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari della US Navy. Il rapporto dal titolo Mobile User Objective System (MUOS) Communications-on- the- Move (COTM) è stato pubblicato il 28 aprile 2009 ma desecretato solo l’1 aprile 2010”.
Riportando lo stato di avanzamento dei lavori – spiega Antonio Mazzeo – “vengono riportate le foto dei quattro siti prescelti: Wahiawa (isole Hawaii), Australia, Virginia e Niscemi. L’immagine dell’infrastruttura siciliana è eloquente: in un ampio spiazzo ricavato dopo aver rimosso un’intera collina sono già stati completati gli scavi per le tre piattaforme in cemento armato destinate ad ospitare le mega-antenne del MUOS. Attorno al cantiere, perimetrato da una rete metallica, sono ben visibili i sentieri tracciati per gli accessi dei camion e dei mezzi pesanti.Lo stato dei luoghi lascia presupporre che la foto sia stata scattata nell’inverno 2009, ma la valutazione d’incidenza che autorizza i lavori nella stazione terrestre di Niscemi è stata rilasciata l’1 giugno 2011 dall’allora dirigente generale dell’Assessorato regionale Territorio ed Ambiente, Giovanni Arnone, e notificata al Dipartimento di US Navy solo il successivo 28 giugno”.
Nove mesi dopo la procura di Caltagirone decide per il sequestro del MUOS. La Presidente dell’Associazione Antimafie Rita Atria Santina Latella la definisce “una delle più grandi gioie” che si è “potuta provare negli ultimi anni” e ringrazia l’avvocato Goffredo D’Antona e Nadia Furnari (fondatrice e colonna dell’associazione) “perchè senza di loro tutto questo non sarebbe stato possibile”. “Rigore è se Arbitro fischia e stavolta l’arbitro ha fischiato a nostro favore. La lotta continua e la memoria ha valore solo se è attiva. Grazie ancora a tutti quelli che ci hanno creduto ed hanno lottato con noi” scrive Santina Latella. “Davide vince su Golia” è il titolo del comunicato stampa dell’Associazione, che afferma di aver appreso “con orgoglio che ha ancora senso credere nelle istituzioni” e che le denunce contro il MUOS “avevano un fondamento”.
Ma l’Associazione Antimafie Rita Atria non abbassa la guardia e aggiunge “adesso i poteri non si arrenderanno perché nel giro di due mesi il Movimento NO MUOS fatto di gente normale e una piccola associazione antimafie che esiste da 21 anni … hanno vinto sul colosso mondiale bellico USA”.
Un sequestro giunto dopo la vittoria al TAR dei comitati No Muos, con la quale anche i giudici hanno affermato che il mega impianto “sarebbe pericoloso per la salute dei cittadini”.
La reazione USA non si fa attendere. Ad inizio giugno Colombia Barrose, console generale degli Stati Uniti a Napoli, in un’intervista afferma che “nella misura in cui gli ostacoli dovessero ancora continuare, ci sarà più attenzione e molto meno pazienza”.
Secondo la rappresentante statunitense le vittorie giuridiche dei No Muos sarebbero manipolazioni del processo giuridico “per poter arrivare a un fine politico che non è positivo per la comunità regionale” (facendo intendere quindi che cosa è positivo per la Sicilia deve essere deciso dagli USA). I No Muos terrebbero in “ostaggio” (testualmente) un progetto, ovviamente per la console senza alcun problema per la salute (“Sono madre anch’io, mia figlia ha compiuto 15 anni due settimane fa” dichiara al giornalista), che dovrebbe avere “una parte delicatissima per l’immigrazione e per il terrorismo che minaccia Roma e l’Italia” e arrivare addirittura a permettere “a un dottore di telefonare in mezzo al deserto e dire: “Sono qui, c’è un problema”.
Nell’intervista Barrose afferma che l’Italia “non doveva considerare il Muos come un tema da trattare in corti giuridiche di livello regionale perché si tratta di una materia di interesse nazionale” in quanto il MUOS è oggetto di trattato internazionale e i patti con gli USA vanno rispettati. La console pretende quindi lealtà dal governo italiano e che ribadisca che quelli per il MUOS sono “accordi nazionali per la sicurezza del Paese e con questi accordi non c’entra la Regione”.
Parole secondo l’Associazione Antimafie Rita Atria che ricordano “i moniti del Sig. Luttwak e del Field Manual statunitense, ritrovato nella borsa di Licio Gelli, in cui si prospettavano punizioni per quei popoli considerati dagli statunitensi come sudditi poco disciplinati, soggetti ai re clienti scelti dall’impero centrale, previsioni che ben opportunamente molti commentatori e storici autorevoli hanno ricondotto alla esecuzione delle tante stragi rimaste impunite sul nostro territorio”.
Lo stesso Luttwak che “accusava il Governo italiano di comportarsi da prostituta per non dare esecuzione ad impegni personali di alcuni ministri di acquistare missili Pershing (esclusi invece dalla discussione parlamentare che aveva autorizzato solo missili Cruise) per cui egli minacciava e millantava di avere avviato una selezione in proprio – tramite il suo Istituto di ricerca statunitense – di imprenditori e politici italiani affidabili come interlocutori diretti del Governo statunitense”.
“Non riesce tuttavia a negare la Console” evidenzia ancora l’Associazione Antimafie Rita Atria “che alla fin fine di un sistema militare di difesa ma anche di aggressione si tratti quando concludendo l’intervista afferma Parliamo di ladri: un ladro va a rubare in una casa in cui c’è un cane da guardia o in cui non c’è?. Vorremmo che voi poteste ricordare alla signora che nel 1980 la nostra casa era fornita da un ottimo cane da guardia: il tanto decantato sistema di difesa aerea, e che tuttavia è potuto accadere che pur con quella presenza di garanzia di sicurezza sia stato abbattuto un velivolo civile con 81 passeggeri a bordo (ricordata come la strage di Ustica). E che quel cane da guardia ha continuato a scodinzolare fiero del proprio ruolo ma ringhiando al padrone quando gli venisse chiesto conto del suo mancato intervento e del suo possibile coinvolgimento nella strage. Ognuno di noi e di Voi avesse davvero un cane che abbia avuto un simile comportamento lo avrebbe quantomeno allontanato”.
Il 2016 è l’anno dello scontro sulla “verificazione” dell’impianto. A gennaio il prefetto di
Caltanissetta la rinvia. Al termine di una riunione con Agenzia per la Tutela dell’Ambiente, Vigili del Fuoco, Comune di Niscemi e Azienda Sanitaria Provinciale “è emersa l’impossibilità da parte dell’Amministrazione locale e degli organi tecnici sopra richiamati di indicare alcuna precauzione da adottare” e il prefetto quindi chiede “di volere posticipare la data delle suddette operazioni al fine di garantire la tutela dell’incolumità e della salute pubblica”.
Una scelta che secondo il Coordinamento No Muos evidenzia che “sanno cosa fare per mitigare l’impatto dei test di soli tre giorni e vorrebbero farci credere che possono gestire il Muos acceso ogni santissimo giorno”.
Le operazioni di verificazione, che prevedono l’accensione degli impianti alla massima potenza, erano state disposte dal Consiglio di Giustizia Amministrativa dopo che – scrisse sempre il
Coordinamento in una petizione in cui criticava pesantemente come erano state disposte – la precedente del “Prof. D’Amore dell’Università La Sapienza di Roma che aveva evidenziato i gravissimi vizi delle autorizzazioni rilasciate per l’esecuzione del MUOS, che non garantivano né la salute dei cittadini né la salvaguardia dell’ambiente”. Secondo gli attivisti la verificazione così disposta è inaccettabile per “l’assenza di terzietà e competenza tecnica dei Ministri (che sono organo politico e non tecnico del ministero, cui spetta di far rispettare l’indirizzo politico dell’esecutivo di cui fa parte il Ministero della Difesa, parte in causa)” e “per i quesiti sottoposti ai verificatori che tendono a realizzare una sanatoria delle autorizzazioni i cui vizi sono palesi e inoppugnabilmente accertati dal giudizio di primo grado. Basti pensare che lo studio sul quale si basavano le autorizzazioni non teneva conto delle emissioni delle preesistenti 46 antenne (già spesso superiori ai limiti di legge), sul presupposto erroneo ed immediatamente smentito che sarebbero state dismesse”.
Le operazioni furono condotte dal 9 all’11 marzo successivo portando a conclusioni favorevoli al sistema satellitare. Ma, secondo i Comitati che rinnovarono così le critiche già espresse nei mesi precedenti e nella petizione, la verificazione non avrebbe alcun rigore scientifico “non potendosi dimostrare che tutte le antenne fossero operative e funzionanti durante le tre giornate di test” e “le prove sarebbero state eseguite con potenze irrisorie e non quelle massime così come vorrebbe il protocollo”.
Antonio Mazzeo ha dedicato un libro alla vicenda del MUOS, Un Eco MUOStro a Niscemi, pubblicato nel 2012.
“Il MUOStro – leggiamo nell’introduzione – incarna le mille contraddizioni della globalizzazione neoliberista. Uccide in nome della pace e dell’ordine sovranazionale. Devasta il clima, l’ambiente, il territorio. Dilapida risorse umane e finanziarie infinite. Rigenera le ingiustizie. Esautora ogni controllo dal basso. Espropria democrazia. Rafforza il blocco di potere transnazionale. Inquina irrimediabilmente la natura e la ragione. Viola il diritto alla salute di intere popolazioni. A partire dalla Sicilia, l’isola destinata ad ospitare uno dei quattro terminali terrestri del nuovo sistema per le guerre stellari”.
Giudizi che vanno nella stessa direzione di quanto l’anno dopo dichiararono in un’intervista Laura Sciacca ed Enzo Pezzino, medici, attivisti e membri di Pax Christi.
Uno degli obiettivi del MUOS, dichiararono, è la creazione di un flusso di vigilanza militare globale e possono governare i droni, gli aerei senza pilota.
“Missioni d’attacco e bombardamenti con l’utilizzo di droni comandati da terra, spesso da grande distanza, sono già operative da diversi anni nel Corno d’Africa, nello Yemen, in Afghanistan e altri paesi – dichiararono i due attivisti pacifisti – Il gigantesco sistema di telecomunicazione che abbraccia tutto il pianeta collegando tra loro diversi satelliti geostazionari e 4 grandi stazioni MUOS terrestri (una delle quali è quella di Niscemi), non ha purtroppo il solo scopo di flusso informativo, ma è particolarmente funzionale anche a dirigere le missioni belliche dei droni in qualunque angolo della terra. L’impianto di Niscemi si inserisce quindi in pieno in un una tecnologia volta alla guerra e precipuamente proprio una guerra messa in atto con i droni”.
Il MUOS, scrisse il Coordinamento No Muos nel 2014, s’inserisce in un contesto nel quale “a Gaza, in Siria, in Ucraina e in Libia conflitti stanno martoriando i civili, mostrando chiaramente come intere popolazioni soffrano in maniera drammatica le politiche di guerra dell’occidente, col rischio di continuare a trascinare l’Italia in criminali e costose missioni umanitarie alimentando la spregiudicata e inaccettabile militarizzazione dei nostri territori, delle nostre vite e del Mediterraneo” sempre più “gigantesco cimitero di migranti a causa delle politiche razziste della fortezza Europa”.
Alessio Di Florio
da: www.qcodemag.it