Non c’è solo l’obbligo dell’assicurazione a copertura di eventuali incidenti. La Carta dei diritti dei riders, che il Comune di Bologna, prima amministrazione in Italia, vorrebbe far sottoscrivere alle piattaforme digitali delle consegne a domicilio è una vera sfida per il sistema. Perché si parla di “compenso equo e dignitoso“, di “integrativo” per il lavoro nei festivi e nelle giornate in cui le condizioni climatiche sono particolarmente avverse.
Da Bologna parte la battaglia per la carta dei “riders”: paghe eque e diritto al conflitto per i fattorini
Non c’è solo l’obbligo dell’assicurazione a copertura di eventuali incidenti. La Carta dei diritti dei riders, che il Comune di Bologna, prima amministrazione in Italia, vorrebbe far sottoscrivere alle piattaforme digitali delle consegne a domicilio è una vera sfida per il sistema. Perché si parla di “compenso equo e dignitoso“, di “integrativo” per il lavoro nei festivi e nelle giornate in cui le condizioni climatiche sono particolarmente avverse.
Per questi ragazzi che sotto le Due torri sono già scesi in strada tante volte protestando contro stipendi troppo bassi e mancanza di tutele, la Carta vorrebbe introdurre anche un numero minimo di incarichi l’ora, un’indennità di disponibilità così come il divieto di discriminare, facendoli lavorare meno, i riders che per un certo periodo di tempo non potessero essere disponibili per le consegne. Infine, il testo riconosce il “diritto al conflitto”. Certo, se Palazzo D’Accursio convincesse i colossi del delivery a firmare, si tratterebbe di una pietra miliare per il settore dopo la doccia gelata della sentenza del Tribunale di Torino a favore di Foodora.
La Carta bolognese, con una premessa, tre capi suddivisi a loro volta in articoli e commi, prova a mettere ordine in quella che fin qui è stata una giungla contrattuale. Il richiamo principale è alle norme e gli indirizzi europei sulla cosiddetta economia collaborativa. “Le piattaforme di collaborazione possono rappresentare un modello di impresa che coniuga opportunità di occupazione, flessibilità e reddito per i lavoratori, garantendo ai consumatori nuovi servizi a prezzi più bassi”.
Nello stesso tempo, si riconosce, c’è “il rischio di avere ‘zone grigie’ in tema di dignità e sicurezza del lavoro. La sfida è quella di garantire che il mercato del lavoro digitale nel contesto urbano si sviluppi in modo da garantire standard minimi di tutela per tutti i lavoratori digitali, a prescindere dalla qualificazione giuridica del loro rapporto di lavoro”.
L’amministrazione comunale con la sottoscrizione del testo sui diritti dei ciclofattorini si impegna ad adottare e promuovere la Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale, il cui obiettivo è “promuovere nel territorio cittadino un’occupazione sicura e dignitosa, garantendo al contempo l’adattabilità del mercato del lavoro digitale ed il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei prestatori”.
Come? Garantendo standard minimi di tutela uguali per tutti, a prescindere dall’inquadramento contrattuale, ma anche una piena conoscenza della prestazione richiesta e massima chiarezza sugli obblighi contrattuali relativi inquadramento, orari, luoghi di lavoro, preavviso, importo base iniziale.
Il datore di lavoro deve specificare l’”ammontare delle ore retribuite garantite, la retribuzione del lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite” e “le ore e i giorni di riferimento nei quali al lavoratore può essere chiesto di lavorare, la durata minima del preavviso che il lavoratore riceve prima dell’inizio di un incarico, la definizione del reciproco diritto di recesso”.
Le piattaforme digitali, inoltre, sono tenute ad informare i lavoratori sui corsi di formazione per lo svolgimento dei loro compiti senza addebitane il costo ai lavoratori. Il terzo capo della carta riguarda i diritti di protezione della persona e dei suoi beni fondamentali. Si parla di diritto a un compenso “equo e dignitoso” e “in ogni caso non inferiore ai minimi tabellari sanciti dai contratti collettivi di settore per prestazioni equivalenti”, ma anche della garanzia di “un numero minimo di incarichi all’ora e un’indennità di disponibilità per compensare i periodi di non lavoro”. Deve essere assicurata “la facoltà d’impedire la finalizzazione del servizio o della prestazione che sia stata rifiutata e non compensata”.
A tutti i lavoratori deve essere garantita “un’indennità integrativa per le festività e le condizioni climatiche avverse di particolare gravità”. È vietata, invece, “ogni forma di discriminazione”. Per questo, “la mancata disponibilità per un periodo di tempo prolungato non può determinare un trattamento deteriore nella distribuzione delle occasioni di lavoro”, così come “il recesso della piattaforma in costanza di rapporto di lavoro o di collaborazione è possibile solo per giusta causa”. Le piattaforme digitali, poi, “si impegnano a sottoscrivere con oneri a carico della piattaforma digitale un’assicurazione che copra i lavoratori e collaboratori dal rischio di infortuni e malattie sul lavoro“. Naturalmente il documento si preoccupa anche della tutela dei dati personali. Per arrivare, infine, a sancire “la libertà di organizzazione sindacale”.
Tutti i lavoratori e collaboratori di piattaforme digitali “godono del diritto di costituire un’organizzazione sindacale, di aderivi e di far valere per suo tramite i propri interessi collettivi”, scandisce il testo concordato dal Comune di Bologna e dalle sigle sindacali, che riconosce, quindi il “diritto al conflitto”. Tutti i lavoratori e collaboratori di piattaforme digitali hanno “il diritto di astenersi collettivamente dal lavoro per difendere proprie rivendicazioni professionali e non possono in alcun modo subire, salvo abusi, né conseguenze contrattuali né giusta causa di recesso dalla collaborazione don la piattaforma digitale, né giustificare misure che li penalizzino nell’esercizio della loro attività”.
13.04.2018 – Bologna – Agenzia DIRE
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