Migranti: quello che Salvini deve ancora studiare

La Libia non si può considerare un “porto sicuro” e quindi i migranti attualmente al largo di Pozzagallo non possono essere rispediti indietro. Eccole norme che il ministro degli Interni deve ancora ripassare con attenzione.

 

La sentenze della CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo)

Migranti: quello che Salvini deve ancora studiare

La Libia non si può considerare un “porto sicuro” e quindi i migranti attualmente al largo di Pozzagallo non possono essere rispediti indietro. Eccole norme che il ministro degli Interni deve ancora ripassare con attenzione
 

Le proposte di Salvini per bloccare i migranti

 

Salvini immaginava che i migranti portati in salvo in Italia possano essere riportati in Libia con le navi della Marina Militare? Si è evidentemente sbagliato. C’è molto da studiare, ad esempio cosa sia un “luogo sicuro” secondo la IMO (International Maritime Organization) la quale ben specifica che le le persone devono essere soccorse in mare “senza ritardo” e non possono essere portate in un luogo “sicuro”.
 
Sulla scorta delle Linee guida IMO può intendersi per “luogo sicuro” quella località “al cui interno possono concludersi le operazioni di salvataggio dei naufraghi e dove la sicurezza e la vita degli stessi non sono più minacciate”.
 

La portavoce della Commissione Europea Natasha Bertaud ha dichiarato: “Nessuna operazione europea o nave europea fa sbarchi in Libia perché noi non consideriamo la Libia un porto sicuro“. Sbarcare i migranti soccorsi in mare in Libia, spiegano fonti Ue, costituirebbe un refoulement, contrario al diritto internazionale. Chi può riportare i migranti soccorsi in mare in Libia sono le autorità libiche, non le navi europee. Anche le navi europee, se soccorrono migranti nell’area Sar libica, tecnicamente non possono riportare i migranti in Libia, ma devono sbarcarli in un porto sicuro, quindi in Europa.

Salvini, quando ha appreso che la Commissione Europea gli dava torto, ha così reagito: “L’Ue vuole continuare ad agevolare il lavoro sporco degli scafisti?”

Ma a definire “non sicuri” i porti della Libia è la CEDU (Corte europea dei diritti dell’uomo) ed è quindi un riferimento giuridico a cui tutti si devono attenere. La CEDU non è un organismo della Commissione Europea ma è una corte indipendente.

L’Italia in passato è stata condannata più volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per avere compiuto respingimenti illegali di massa sui passeggeri di alcuni barconi: la legittimazione di questa misura significherebbe probabilmente l’apertura di nuovi procedimenti da parte della Corte.

Scrive Annalisa Camilli: “Come messo in luce da molti analisti, la chiusura dei porti a navi umanitarie è in contrasto con diverse norme del diritto internazionale secondo cui le persone soccorse in mare devono essere trasportate nel porto sicuro più vicino alla zona del salvataggio. “La chiusura dei porti italiani implicherebbe necessariamente una serie di conseguenze sul piano del rispetto di norme internazionali sui diritti umani e sulla protezione dei rifugiati”, scrivono Francesca De Vittor e Pasquale De Sena dell’università Cattolica di Milano”.

“Se l’Italia chiudesse i porti alle persone che ha appena soccorso, violerebbe gli articoli 2, 3 e l’articolo 4 del quarto protocollo della convenzione europea dei diritti dell’uomo”, spiega Dario Belluccio dell’Asgi. Le persone soccorse infatti hanno evidente necessità di cure mediche e di generi di prima necessità (acqua, cibo, medicinali) e “le condizioni alle quali sono stati esposti possono essere considerati trattamenti disumani e degradanti (in violazione dell’articolo 3) e a un serio rischio per la loro vita (in violazione dell’articolo 2)”.

“Se poi malauguratamente alle persone a bordo dovesse succedere qualcosa di grave o se addirittura morissero, l’Italia dovrebbe rispondere anche al livello penale di quanto successo, quantomeno in termini di omissione di soccorso, perché Roma ha gestito il coordinamento delle operazioni e ne è responsabile”, aggiunge Belluccio.

Ultima considerazione sui cinque stelle: che senso ha dichiarare di essere stati contro la guerra in Libia e poi accodarsi più o meno obtorto collo alla propaganda di Salvini che vorrebbe riportare i migranti in quell’inferno generato dalla guerra stessa?

16 luglio 2018 – Alessandro Marescotti

da: www.peacelink.it

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