“Perché la storia di Riace non finirà”

Se i migranti non vorranno allontanarsi e restare a Riace potranno farlo. Verranno considerati fuori dallo Sprar. Ma già ora è certo: dal basso partirà un nuovo progetto sostenuto da una grande comunità nazionale e internazionale.

 

NEWSLETTER DI COMUNE 

 

PERCHÉ LA STORIA DI RIACE

NON FINIRÀ

Se i migranti non vorranno allontanarsi e restare a Riace potranno farlo. Verranno considerati fuori dallo Sprar. Ma già ora è certo: dal basso partirà un nuovo progetto sostenuto da una grande comunità nazionale e internazionale
CHIARA SASSO E TIZIANA BARILLÀ

MORTE DI UN’AQUILA RANDAGIA. L’ILLEGALITÀ
Giovanni Barbareschi, prete della Resistenza detenuto nel campo di concentramento di Bolzano, è morto il 5 ottobre a Milano. Aveva fatto parte del gruppo antifascista cattolico clandestino degli scout le Aquile Randagie ma, soprattutto, aveva falsificato centinaia di documenti per salvare antifascisti, ebrei e altri perseguitati dal regime. La sua vita, i suoi valori, le sue battaglie, il suo coraggio, la sua giusta e intrepida illegalità vanno ricordate e prese ad esempio oggi più che mai. Barbareschi sosteneva che il fascismo non è solo una dottrina o un partito, una camicia nera o un saluto romano, è un modo di vivere, un modo di concepire l’esistenza che è sempre in agguato, dentro e fuori di noi, e ad esso ci si deve ribellare col pensiero e con l’azione. Come ha fatto a Riace, per proteggere vite perseguitate e la dignità di tutti, Mimmo Lucano
PATRIZIA CECCONI
 

LETTERA DI VAURO AL SINDACO E AI CITTADINI E CITTADINE DI MARZABOTTO
“Ottuso spirito di vendetta…, cos’altro ha potuto spingere il ministro dell’Interno a diramare una circolare perché tutti gli stranieri di Riace siano deportati? Credo che questo atto possa definirsi con una sola parola RAPPRESAGLIA. Salve ovviamente le dovute proporzioni storiche è allarmante e inaccettabile che questa parola torni alla mente… Per questo mi rivolgo a Lei signor Sindaco e ai Cittadini ed alle Cittadine di Marzabotto… Vi chiedo un gesto che riconfermi i valori della solidarietà, della civiltà, della Resistenza… Vi chiedo….” SEGUE QUI
VAURO SENESI

VERSO UNA PSICOLOGIA DELLA LIBERAZIONE
In genere psicologia e sociologia hanno cercato di inserirsi nei processi sociali a partire da istanze di controllo. La ricercata neutralità scientifica è stata un accettare la prospettiva di chi domina. “Non è facile definire come inserirci nei processi dal punto di vista del dominato e non del dominatore. Non è facile nemmeno abbandonare il nostro ruolo di superiorità professionale o tecnocratica e lavorare gomito a gomito con i gruppi popolari – scrive Ignacio Martin-Baró, gesuita spagnolo ucciso nel 1989 in Salvador, uno dei padri della Psicologia della liberazione – Però se non ci imbarchiamo in questo nuovo tipo di prassi, che oltre a trasformare la realtà trasforma noi stessi, difficilmente riuscirem o a sviluppare una psicologia… che contribuisca alla liberazione dei nostri popoli”. Occorre dunque avviare un processo che, come ha dimostrato l’alfabetizzazione coscientizzante di Paulo Freire, “implica una rottura con le catene dell’oppressione personale, così come con le catene dell’oppressione sociale”. Abbiamo bisogno di una nuova prospettiva che deve partire dal basso: “Non si tratta di pensare noi per loro, di trasmettere loro i nostri schemi o di risolvere noi i loro problemi. Si tratta di pensare e teorizzare noi con loro e a partire da loro…”. Per la prima volta sono stati raccolti e tradotti in italiano alcuni preziosi scritti di Baró in “Psicologia della Liberazione”, un testo curato da Mauro Croce e Felice Di Lernia (per Bordeaux), accompagnato da un contributo di Noam Chomsky. Qui ampi stralci di un capitolo
IGNACIO MARTIN-BARÓ
 

C’È ALTRO DA NON DIMENTICARE
Cinquant’anni dopo il massacro di centinaia di studenti nella Piazza delle Tre Culture del quartiere di Tlatelolco, avvenuto il 2 ottobre a Città del Messico, il neopresidente Andrés Manuel López Obrador ha promesso che non sarà più usata la forza per reprimere i movimenti sociali. D’altra parte, il monopolio della violenza legittima concessa allo Stato è andato perduto da tempo in Messico. Il problema, però, non è se fidarsi oppure no della sua parola, ma chiedersi se questo sia sufficiente. In fin dei conti, è in gioco il modello stesso dello Stato-nazione, che è la forma politica del capitalismo e una struttura di dominio e di controllo, solo teoricamente democratica. È ancora possibile pensare a delle alternative? I cambiamenti profondi della storia vanno visti nel lungo periodo e oggi, nei processi caotici che stiamo attraversando, sono quasi impossibili da decodificare. Non è affatto escluso, tuttavia, che la via delle alternative resti proprio quella aperta nell’anno di Tlatelolco, con la strada come territorio di una politica “altra”, capace di ribellarsi e di lottare. Una politica nuova che proprio ora, in mezzo all’orrore e alla devastazione creati dalla fase conclusiva del neoliberismo, potrebbe cominciare a sorprenderci rendendo possibile ciò che cinquant’anni fa non ha potuto avere luogo (foto: il movimento messicano del 1968 colpito dalla più grande repressione studentesca del Novecento, a pochi giorni dall’inizio delle Olimpiadi
GUSTAVO ESTEVA
 

IL MEGA-AEROPORTO? NO, PREFERISCO IL LAGO
Mentre distruggono l’ambiente e il patrimonio socioculturale della città, le mega speculazioni e le grandi opere arricchiscono politici e costruttori: a Roma come a Città del Messico. La potente macchina della propaganda lo dipinge come il nuovo imperdibile fiore all’occhiello per la capitale, ma le conseguenze del completamento del costosissimo progetto di costruzione del nuovo mega-aeroporto messicano sarebbero disastrose, un vero ecocidio: dalla condanna del lago Texcoco all’innalzamento della temperatura di una metropoli già inquinatissima, dal rischio di un collasso del fragile sistema idrico cittadino alle inondazioni di diverse aree urbane. Il 28 ottobre si vota nella discussa consultazione vincolante voluta dal nuovo governo di L ópez Obrador. I sondaggi danno favorita l’approvazione del progetto faraonico ma crescono anche i consensi per la campagna #YoPrefieroElLago promossa dal Fronte dei Popoli in difesa della terra
GIOVANNI CATTARUZZA
 

VOLARE!
Quando si ragiona di temi complessi che riguardano però la vita di ogni giorno, ad esempio il cambiamento climatico, non è facile farlo con con parole semplici ma senza semplificazioni. Proviamo allora con questa locandina che arriva da Brescia, dove secondo molti le merci cinesi che diverse volte a settimana i migranti scaricano in città vanno bene, gli africani che magari sperano di diventare scaricatori no. Poi passiamo a Firenze (ma potrebbe essere anche Roma, Venezia, Matera, Città del Messico, Nantes…), dove invece c’è chi pensa che avere cinque turisti in più nei ristoranti valga il costo di non avere più acqua corrente tra dieci anno in casa, anzi, l’aeroporto potrebbe far comodo per importare acqua dalla Cina. Rileggiamo anche l’ultimo rapporto del Gruppo intergovern ativo sul cambiamento climatico che ha messo insieme 6mila studi di decine di ricercatori: Il 97% degli esperti concordano sull’esistenza di un serio e imminente pericolo legato al riscaldamento globale causato dall’uomo. Due le alternative su cui dibattere. La prima: sono tutti pagati dalla lobby dei poveri che si battono contro tutto ciò che rende ricchi. La seconda: potrebbero avere sostanzialmente e drammaticamente ragione. Chiediamoci infine se per mettere in discussione lo stato delle cose occorre aspettare soltanto qualche decisione illuminata dall’alto
MIGUEL MARTINEZ
 

LA GUERRA OCCULTATA DELL’ESTRATTIVISMO
Difendere la terra, a cominciare da quella dei territori in cui si vive, proteggere le relazioni sociali e con la natura non assoggettate alle insaziabili esigenze di estrazione del valore, ovunque e a qualsiasi prezzo, è da tempo un atto di resistenza a una guerra. Una guerra non apertamente dichiarata ma violenta e implacabile, come dimostra il livello di repressione messo in atto dagli apparati degli Stati quando si tratta di proteggere gli interessi dell’industria mineraria in Perù o quelli della Trans Adriatic Pipeline nel Salento, le monocolture di soia nelle pampas argentine o lo sviluppo del fracking in Alaska. Lo sviluppo del modello “estrattivo” e dell’ideologia che lo alimenta è una forma globale dell’accumulazione del nostro tempo. Per questo le tre giornate del workshop internazionale di Borgagne, frazione salentina di Melendugno, sono state di grande importanza, ricchissime di analisi e di proposte di azione concreta per i movimenti e i territori che resistono alla rapina in tutto il pianeta
SERENA TARABINI
 

IL CIBO E LE RISORSE PER RIPRODURLO
Dal 2016 il numero delle persone che nel mondo ha fame è tornato a aumentare. In Italia oltre cinque milioni di persone si trovano in povertà assoluta. Intanto le politiche commerciali dell’Organizzazione mondiale del Commercio e dell’Ue (in tutti i suoi trattati bilaterali, in primis il trattato di liberalizzazione commerciale con il Canada, CETA), continuano ad anteporre gli interessi delle grandi aziende al diritto al cibo, alla salute, e alla lotta contro i cambiamenti climatici che aggrava la crisi alimentare. Per questo donne e uomini di tutto il mondo, spiega Maude Barlow (del Council of Canadians, nota per le sue battaglie sull’acqua), in questi giorni a Roma (il 16 al Cinema Palazzo), vogliono riprendersi in mano il cibo e le risorse (acqua ma anche terra e semi) necessarie per produrlo
MONICA DI SISTO
 

UN TRAUMA POLITICO CHIAMATO G8
“Più passa il tempo, più si manifesta la gravità della rottura politica, culturale, esistenziale causata dalle violenze poliziesche contro il movimento che si riunì a Genova nel luglio 2001. Le ragioni di quel movimento sono più valide oggi di allora – scrive Lorenzo Guadagnucci -, a crac finanziario avvenuto, mentre le diseguaglianze crescono e l’economia di predazione tipico del sistema neoliberale mostra tutta la sua ferocia distruttiva mettendo a repentaglio lo stesso futuro del pianeta… l G8 genovese è stato un trauma personale per chi fu picchiato, inseguito, fermato, aggredito, spaventato – a seconda dei casi – da forze dell’ordine spedite a combattere un movimento indicato come nemico, ma è stato anche u n “trauma psicopolitico”… che non andrebbe dimenticato…”
LORENZO GUADAGNUCCI
 

IL NOBEL DI SABBIA ATTRIBUITO AL SAHEL
Il Nobel per la pace viene consegnato ad Oslo, in Norvegia. Il Nobel di sabbia non trova un luogo fisso di consegna perché nel Sahel, a parte l’immutabilità del fiume Niger, delle miniere di oro, uranio, carbone, gas, petrolio, e dei politici, il resto va via col vento. Forse è anche per questo che diventa problematico attribuircelo. Cambiano i paesaggi e dove prima si trovavano città e imperi si trovano adesso operazioni militari che di loro portano i nomi. Le vie carovaniere di un tempo, portatrici di ricchezza e novità, sono controllate da gendarmi in cerca di migranti definiti irregolari dalle agenzie di pesca. Il Sahel si propone per un Nobel di sabbia alla memoria di coloro che, dalla sabbia, sono stati incoronati per sempre
MAURO ARMANINO

LE BAMBINE, LE RAGAZZE E NOI
L’11 ottobre è stata la Giornata mondiale delle bambine e delle ragazze. Sembra assurdo che debba esistere una giornata, eppure è così. “Eppure è terribilmente necessaria – scrive Penny – Certo, le nostre bambine, quando non vengono violentate da un prete o buttate giù da una finestra da un padre, come è successo, sono più fortunate. Per loro noi possiamo scegliere. Possiamo scegliere di non metter loro in mano, immediatamente, una bambola.Di non dir loro costantemente di “comportarsi bene”. Entrare in libreria e acquistare per loro un libro di scienze… Non dobbiamo crescere donne con le palle, ma ragazze consapevoli di potere, immaginare e desiderare…”
PENNY

LETTERA DI UN’ADOLESCENTE. QUANDO I RAGAZZI CI CHIEDONO DI ESSERCI
““La mia vita come per tutti ragazzi gira intorno alla scuola, ma anche alla famiglia agli amici. Ruota intorno ai primi amori, ai problemi e alle difficoltà…. Adolescenza, per me, è una parola grandissima. significa lì, tristezza, felicità, sentimento, fatica dolcezza, amore, amicizia… L’adolescenza è il semplice fatto di dire: “Ma’ stasera esco!”… I problemi dell’adolescenza sono parecchi a noi sembrano enormi, agli adulti delle sciocchezze…”
C.P.

FACCIAMO IL PANE INSIEME
Un grembiule da cucina, una scodella e un barattolo di vetro (per portare a casa un po’ di pasta madre), al resto pensano loro, caffè (equo) incluso. Scrive Mario Rigoni Stern: «Cari Compagni, sì, Compagni, perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino “cum panis” che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane…»
R.C.

 

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17 OTTOBRE, GENOVA. ASSEMBLEA DI NON UNA DI MENO
Verso nuovi eventi e mobilitazioni

18 OTTOBRE, ROMA PRESENTAZIONE DI “CAPITALE UMANO” A @ESC
Interviene l’autore, Roberto Ciccarelli

20 OTT., LA STAGIONE DEL MODELLO OPERAIO DI LOTTA ALLE NOCIVITÀ
Convegno di Medicina democratica a Milano

24 OTTOBRE ROMA. ANDIAMO A FARE MERENDA
Laboratorio di cioccolato (h 17) e presentazione della tavoletta Comune alla Di Donato

26/28 OTT., CITTÀ DI CASTELLO (PG). QUETZAL AD ALTRO CIOCCOLATO
Ribellarsi facendo: il commercio equo made in Modica

 

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