Decenni

“Decenni”

Bastano un paio di click. L’immagine che appare sullo schermo è davvero emozionante. Il ritorno di Villanova Artigas all’università da dove era stato cacciato dieci anni prima o forse più. Uno dei maggiori architetti brasiliani di ogni tempo torna dall’esilio, riprende il suo posto in mezzo agli studenti.

 

Decenni

Decenni

Bastano un paio di click. L’immagine che appare sullo schermo è davvero emozionante. Il ritorno di Villanova Artigas all’università da dove era stato cacciato dieci anni prima o forse più. Uno dei maggiori architetti brasiliani di ogni tempo torna dall’esilio, riprende il suo posto in mezzo agli studenti. Era il 1979, la dittatura militare faceva acqua da tutte le parti. Il generale Figueredo, presidente in carica, decretò l’inutilità dello stato d’emergenza; pur sembrando tratta da un film di Woody Allen, la dichiarazione fu proprio sua, del generale Figueredo: Riporterò il paese alla democrazia, e chi non è d’accordo con me lo prendo e lo distruggo. Ma ciò nonostante sarà necessario aspettare altri dieci anni per poter votare liberamente alle elezioni presidenziali. Villanova Artigas tornò in mezzo ai suoi studenti. Tra loro, in una angolo della vecchia foto, una ragazza. Conseguì la laurea poco dopo, poi un master internazionale ed infine il dottorato nella stessa università del suo vecchio professore. Passano gli anni, i lustri, i decenni. la ragazza della foto diventa a sua volta professoressa universitaria, vive tra libri, articoli, seminari, congressi e studenti. In queste settimane con giovani colleghi decide di prendere parte attiva alla campagna per la democrazia: conquistare i voti degli indecisi, convincere gli elettori dell’avversario del loro errore. La chiamano Operação Vira-Voto. Vira, dal verbo Virar: cambiare, modificare ridirezionare, girare, invertire, trasformare, convertire. Ma anche Battersi, Dedicarsi, Impegnarsi, Sforzarsi, Lottare. Operação Vira-Voto.

Oggi, la ex alunna di Artigas è per la strada, ai capolinea degli autobus, tra la gente del mercato, a conversare con tutti quelli che sono disposti ad ascoltare. E sono tanti. Alcuni gentilissimi, altri irremovibili. Chissà forse in queste settimane di corpo a corpo forse qualche voto l’avrà conquistato davvero. Chissà. Lo spero proprio, per lei, e per tutti noi.

In questo momento è cominciato lo scrutinio. Tra qualche ora sapremo il risultato definitivo. La ex alunna di Artigas racconta che è stata insultata da un energumeno. L’ha vista sul metrò, da sola, con una spilla sul vestito, una spilla con l’immagine simbolo di tutta la campagna elettorale: “Ele Não”, lui no. Lui è l’avversario che ha promesso di “spazzarci via dal paese” oppure di “farci ammuffire in galera”.  Lui è l’avversario che ha promesso di “fucilare i fuorilegge rossi”. Lui è l’avversario che “non accetterò un risultato che non sia la mia vittoria”. Ele não, diceva la spilla. Lui no. Nel vagone del metrò semivuoto le si avvicina l’energumeno. La ex alunna di Artigas, istintivamente ribatte all’offesa, si allontana, scende. Si rende conto di averla rischiata grossa, neanche i suoi capelli bianchi stavolta hanno imposto quel rispetto e quella soggezione che dobbiamo ai “magister”. Niente. Le parolacce indicibili dell’energumeno erano proprio per lei.

Sono le 17 e 31 minuti. È ancora presto. Mancano un paio d’ore. Ele, lui, già grida vittoria…

Però è stato bello vedere manifestazioni di ogni tipo in favore della democrazia. Interventi artistici, teatro, musica per strada, corpo a copro con gli elettori, cortei spontanei, flash-mob dappertutto ad ogni momento. Tutte azioni con grande impegno popolare che hanno unito generazioni di brasiliani in difesa di quello che abbiamo di più prezioso. Oggi, l’ultima iniziativa: andare a votare con un libro in mano. Più libri meno armi. Un chiaro segno di opposizione al programma dell’avversario che promette la liberazione del porto d’armi e fornire alla polizia “carta bianca per uccidere” ossia, togliere le responsabilità penali per le esecuzioni sommarie commesse dagli agenti, in servizio e non: liberalizzare il massacro. Andare a votare con un libro in mano. Da una parte un capitano dell’esercito, dall’altra un professore. I due candidati non avrebbero neanche bisogno di spiegare il loro programma di governo. La loro vita lo definisce e comprova. La ex alunna di Artigas, insultata dall’energumeno, prende dallo scaffale un volume di Wilhem Reich: Psicologia di massa del Fascismo. Si presenta al seggio tenendo il libro ben esposto, che tutti lo vedano e pensino al rischio che corriamo. Una amica si fa fotografare davanti al seggio con un libro dedicato a Lula: le lettere della gente al suo presidente. Oggi Lula, è in prigione, condannato a dodici anni di galera ma visitato e appoggiato costantemente da personalità di tutto il mondo, da Chomsky a Perez Esquivel, da José Zapatero a Martin Schulz. Manca poco, sono le ore 18.

La ex alunna dell’architetto Villanova Artigas dice che non avrebbe mai pensato di arrivare ai sessant’anni e temere per il suo futuro, temere per il futuro dei suoi colleghi più giovani che l’hanno accompagnata in questi giorni, temere per il futuro dei suoi alunni. “Se la Corte Suprema decide di ostacolarci a causa di supposte irregolarità, la chiuderemo a forza, anzi no, perché per arrestare quei giudici vigliacchi bastano una Jeep, un soldato e un caporale. Voglio vedere, una volta che li abbiamo arrestati, voglio proprio vedere quanta gente è disposta a difenderli”, dice il figlio di Ele Não, eletto deputato con quasi due milioni di voti. Davanti allo sconcerto generale, il padre convoca la stampa e afferma di aver già sgridato “il ragazzo”. Le loro affermazioni oscillano tra la buffonata berlusconiana, e le minacce naziste; tra il post salviniano, e le dichiarazioni di esplicito odio razziale. Sono dette e negate all’istante, in modo da generare quel clima di incertezza così tipico di chi vuole mantenere alta la tensione, creando continuamente un nemico esterno da combattere e ottenere consenso immediato, una specie di approvazione intestinale a qualunque sollecitazione.  

Manca pochissimo, ormai. Abbiamo fatto di tutto. Quando si scriverà la storia di questi giorni, ci saremo anche noi. Siamo in piazza da tre anni, da quando cominciarono a investigare la Presidente della Repubblica, da quando attaccarono la democrazia con un impeachment fasullo, dal processo farsa contro Lula. Siamo in piazza da quando il vecchio Villanova Artigas tornò ai suoi studenti. La ex alunna aspetta il risultato, occhi fissi alla Tv. L’amica che si è fatta fotografare davanti al seggio col libro di Lula in mano, beve un caffè dietro l’altro e non riesce a stare ferma. Manca pochissimo. Siamo stanchi. Penso a mia figlia e a quello che sta per accadere al suo paese. Ricordo le parole della Presidente deposta ingiustamente: A luta não tem hora para acabar, a luta é para a vida inteira, la lotta non ha un momento per terminare, la lotta dura tutta la vita. Eccoci.

P.S.

È finita. Mi son svegliato e ho trovato l’invasor. Adesso è Resistenza.

28.10.2018 – San Paolo, Brasile Paolo D’Aprile

 


 

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