Il Comune di Iglesias potrebbe aver già deciso di autorizzare la realizzazione di 2 nuove linee produttive di bombe per aereo nel territorio iglesiente, in Regione San Marco. L’ampliamento porterà la fabbrica a triplicare l’attuale produzione. Petizione per bloccare l’espansione della fabbrica di morte!
COMUNICATO STAMPA – 7 NOVEMBRE 2018
Stando alle informazioni finora ricevute, il Comune di Iglesias potrebbe aver già deciso di autorizzare la realizzazione di 2 nuove linee produttive di bombe per aereo nel territorio iglesiente, in Regione San Marco. L’ampliamento porterà la fabbrica a triplicare l’attuale produzione come già annunciato alla stampa dall’amministratore delegato (www.lanuovasardegna.it).
Nei mesi scorsi il Comitato Riconversione RWM e Italia Nostra Sardegna si sono costituiti nella Conferenza dei Servizi convocata per il procedimento autorizzativo in qualità di portatori d’interesse diffuso e hanno fatto presenti all’amministrazione comunale di Iglesias numerose perplessità rispetto alla compatibilità ambientale del progetto ed alla correttezza dell’operazione dal punto di vista giuridico.
La Giunta Comunale ha riferito proprio ieri, ricevendo i portavoce del Comitato, che l’ufficio preposto ha ritenuto di non considerare i parere espressi dall’associazionismo e, non essendo pervenuti altri pareri contrari, autorizzerà i nuovi reparti di produzione senza ulteriori indagini, cioè senza neppure chiedere alla Regione la Valutazione dell’Impatto Ambientale, come invece aveva ritenuto di fare per il Campo Prove Esplosivi (R140).
È il caso di rilevare che l’area oggetto dell’insediamento si trova vicina al centro abitato, in una zona boschiva a ridosso del Sito di Interesse Comunitario “Marganai – Monte Linas” e la fabbrica non è mai stata sottoposta a VIA.
Triplicare la produzione significherà inevitabilmente moltiplicare anche i rischi per l’ambiente dovuti sia alle emissioni inquinanti della fabbrica che al continuo traffico di mezzi pesanti carichi di sostanze esplosive e tossiche che attraverseranno in quantità tripla le strade, i porti e gli aeroporti della Sardegna in entrata ed in uscita, dato che, oltre ad esportare fuori dall’isola tutta la produzione, lo stabilimento ha necessità di importare regolarmente le sostanze utilizzate per il confezionamento delle bombe.
Ci avvieremmo così a concedere ancora una volta il nostro territorio ad un’economia di morte, connotando il Sulcis Iglesiente come terra delle bombe e non dello sviluppo sostenibile e della pace, come potrebbe essere con una politica lungimirante.
Regaliamo la nostra reputazione e il nostro futuro in cambio di un lavoro i cui introiti sono infimi rispetto a quelli dell’azienda pesantemente coinvolta nella guerra in Yemen, che seguirà il mercato e quando lo riterrà opportuno, a prescindere dai nostri bisogni, lascerà qui l’ennesimo scheletro inutilizzabile.
Siamo ad uno snodo storico: trovare una soluzione partecipata e sostenibile per un lavoro degno, o rimanere invischiati in una logica che fa decidere ad altri che nello scenario mondiale di guerra a pezzi siamo quelli disposti a tutto.
Il Comitato Riconversione RWM e Italia Nostra Sardegna, mentre continuano a sperare in un ripensamento da parte del Comune di Iglesias – anche perché ritengono che si tratterebbe di una autorizzazione rilasciata forzando la normativa e con numerosi vizi di legittimità – chiedono alla politica locale, regionale e nazionale, così come alle autorità religiose e morali, di intervenire a sostegno di una soluzione che scongiuri tutto questo e sollevi il territorio dal coinvolgimento in un conflitto definito dall’ONU la peggiore catastrofe umanitaria di questo secolo.
Gli scriventi Invitano gli operatori dell’informazione e tutte le persone interessate ad intervenire al Sit-In convocato per Giovedì 8 Novembre sotto gli Uffici Comunali di Via Isonzo 7 ad Iglesias (v. volantino allegato).
I portavoce: Arnaldo Scarpa – Cinzia Guaita (Comitato Riconversione RWM) — Graziano Bullegas (Italia Nostra Sardegna)
Petizione per fermare l’espansione della fabbrica della morte: www.change.org