Dodici anni. È il tempo che abbiamo a disposizione per invertire la rotta e avviare quel processo di transizione ecologica che permetterebbe all’umanità di evitare l’innalzamento delle temperature terrestri oltre il limite dei 1,5-2 °C stabilito dall’Accordo di Parigi.
Clima, necessaria accelerazione della transizione climatica in Italia e in Europa. Ma serve una forte mobilitazione dal basso
Oggi, a tre anni dalla COP21, Kyoto Club ha organizzato un convegno per fare il punto sullo stato dell’arte dell’Accordo di Parigi. Secondo l’Associazione, per avviare una decarbonizzazione della propria economia, l’Italia e i Paesi Ue dovranno puntare a un ambizioso Piano Clima ed Energia, il documento che delinea come raggiungere i target “verdi” al 2030 e che dovrà pervenire alla Commissione Ue entro la fine del 2018.
Dodici anni. È il tempo che abbiamo a disposizione per invertire la rotta e avviare quel processo di transizione ecologica che permetterebbe all’umanità di evitare l’innalzamento delle temperature terrestri oltre il limite dei 1,5-2 °C stabilito dall’Accordo di Parigi. È il monito lanciato lo scorso ottobre dall’IPCC, il panel di esperti dell’ONU che studia le cause e gli effetti del cambiamento climatico.
Sul tema oggi, 12 dicembre, Kyoto Club ha organizzato il convegno “Accordo di Parigi: quali prospettive di fronte all’aggravamento della crisi climatica” per indagare le strategie e la tabella di marcia per contenere il riscaldamento globale e salvare il Pianeta alla luce dell’evidente aumento delle conseguenze legate alla crisi climatica, testimoniata dall’aggravamento dei disastri naturali, ormai sempre più frequenti.
“L’Anniversario dell’Accordo di Parigi cade in un momento delicato caratterizzato da un livello record di CO2, pari a 37 miliardi di tonnellate annue, e da un indebolimento del fronte dei paesi in prima fila nelle politiche di riduzione – è il commento di Gianni Silvestrini, Direttore scientifico di Kyoto Club – Il rapido calo dei prezzi delle tecnologie “dirompenti”, dalle rinnovabili alla mobilità elettrica, facilitano indubbiamente il percorso di riduzione, ma per accelerare il processo di decarbonizzazione occorrono politiche chiare, radicali, lungimiranti alimentate da un movimento di cittadini. L’Europa che si appresta ad alzare al 50-55% il target di riduzione delle emissioni al 2030 rispetto al 1990 può tornare a svolgere il ruolo di apripista che ha avuto in passato. Ma è indispensabile una forte mobilitazione dal basso, che in alcuni paesi sta già partendo.
E occorre impegnarsi affinché la conversione ecologica dell’economia europea divenga un elemento centrale del dibattito in vista delle elezioni del prossimo anno”.
Nel frattempo, da Katowice in Polonia, dove si sta tenendo la 24ma Conferenza delle parti sul clima delle Nazioni Unite (COP 24) arriva l’ennesimo grido d’allarme. A lanciarlo è il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guiterres, secondo cui quella climatica è una questione “di vita e di morte”. L’appello arriva in un momento non casuale, in cui, le principali organizzazioni internazionali che si occupano di energia e ambiente – dalla World Metereological Organization (WMO), alla International Energy Agency (IEA) – avvertono che dopo tre anni di stallo, nel 2017 le emissioni sono tornate a salire, e saliranno anche nel 2018.
“La COP24 non sarà una tappa fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici – dichiara Francesco Ferrante, Vicepresidente di Kyoto Club – Lo sappiamo già prima che finisca: un po’ perché la sede è la peggiore possibile (la Polonia del carbone), ma soprattutto perché è lo stesso ordine del giorno della Conferenza che si limita sostanzialmente alla definizione delle linee guida sulla base delle quali dovranno essere rivisti entro il 2020 gli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni della CO2: ma il nulla di fatto è una brutta notizia. Infatti, non abbiamo tempo da perdere: le emissioni aumentano e l’obiettivo di contenimento dell’aumento della temperatura globale si allontana. E proprio questo avviene in un momento in cui l’innovazione tecnologica ci metterebbe a disposizione quegli strumenti necessari per affrontare la crisi climatica. Paradosso intollerabile.”
Un settore particolarmente sensibile quando si parla di decarbonizzazione è quello dei trasporti. Dopo le proteste in Francia, il tema ha acquisito particolare centralità anche in Italia, dove è stato approvato un emendamento alla Commissione Bilancio che introduce un sistema di bonus per le auto a basse emissioni di C02 ed un malus per quelle ad elevate emissioni di gas serra, che ha il grosso limite di non incentivare la rottamazione delle auto più vecchie.
“I Trasporti – con il loro 24% di emissioni di gas serra non ETS in Italia – hanno un peso decisivo per la lotta ai cambiamenti climatici e servono azioni molto decise per la decarbonizzazione che la strategia UE ha fissato a – 33% al 2030 ed emissioni zero al 2050 – afferma Anna Donati, responsabile del Gruppo di lavoro “Mobilità sostenibile” di Kyoto Club – Ma se vogliamo davvero raggiungere questo obiettivo dobbiamo da subito cominciare ridurre i veicoli privati circolanti, puntare sulla crescita del trasporti collettivi e su ferro, sulla mobilità ciclistica e la pedonalità, far crescere la sharing mobility e puntare su veicoli pubblici e privati elettrici. La missione di Kyoto Club è ridurre i gas serra, migliorare la qualità dell’aria nelle nostre città e ottenere zero morti sulle nostre strade.”
Per migliorare l’impegno sul clima e attenersi agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, gli organi comunitari, con l’appoggio di alcuni Paesi membri – tra cui il nostro – hanno fissato il target al 2030 del 32% del consumo di energia finale coperto con energie rinnovabili. La strategia e gli strumenti per raggiungere tale obiettivo, dovranno essere declinati e delineati nel Piano nazionale “Clima ed energia”, che dovrà essere messo a punto dai Paesi membri Ue, Italia compresa, entro la fine del 2018 e su cui si pronuncerà, con una valutazione, la Commissione europea in base a quanto questo sia coerente con gli obiettivi al 2030 e lo stesso Accordo di Parigi.
“I miglioramenti introdotti nel decreto rinnovabili sono stati quantitativamente marginali, siamo troppo distanti dalle quantità necessarie a una prospettiva di decarbonizzazione. E, soprattutto, senza una visione chiara, spiega Giuseppe Onufrio, Direttore Greenpeace Italia. Infatti, se la linea del Governo è quella del sottosegretario Crippa, che dichiara che l’Italia debba adottare per il 2030 un obiettivo al ribasso rispetto all’Europa – sottolinea Onufrio – siamo in piena continuità con i governi precedenti. E, comunque, non in
linea né con l’Accordo di Parigi né tantomeno con l’allarme IPCC sulla necessità di non superare 1,5°C di riscaldamento globale.”
“Il nostro Paese ha tutte le carte in regole per vincere la sfida del clima. Contando la presenza di oltre 400mila imprese e 3mila occupati nel settore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, l’Italia è il primo paese nel mondo nella diffusione dell’efficienza e, in particolare, dei sistemi energetici smart. Possiamo fare molto, ma serve, insieme all’industrializzazione e alla mobilitazione dal basso anche una politica del clima ambiziosa”. Il messaggio inviato dal Vicepresidente di Kyoto Club Gianluigi Angelantoni.
“Alexander Langer diceva che la conversione ecologica sarebbe stata possibile solo se socialmente desiderabile”. A dirlo è il Presidente di Fondazione Symbola, Ermete Realacci, secondo cui “Allo stesso modo la battaglia del clima sarà vincente solo se è l’occasione per costruire un’economia più forte proprio perché più a misura d’uomo. L’Italia ha tutte le condizioni per essere in prima fila in questa sfida”.