“Fra le tante frottole che vengono raccontate quotidianamente dai media occidentali riguardo al Venezuela ce n’è una che purtroppo è stata sposata anche dal nostro ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi”.
La resistenza del Venezuela
di Gianni Minà
Fra le tante frottole che vengono raccontate quotidianamente dai media occidentali riguardo al Venezuela ce n’è una che purtroppo è stata sposata anche dal nostro ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi.
Il ministro nel corso della sua esposizione alle Camere ha affermato che l’opposizione in Venezuela, quella facente capo a personaggi discutibili come Leopoldo Lopez, Maria Corina Machado ed Henrique Capriles, non aveva partecipato alle ultime elezioni perché la consultazione elettorale non era credibile, anzi era truccata.
Ora a parte che tutto il mondo, se non è in malafede, sa che la defezione fu invece dovuta all’incapacità dell’opposizione di reperire un candidato decente dopo i fallimenti dei presunti combattenti per la democrazia nel paese, è palese che la verità è un’altra.
Mortificare la validità delle ultime elezioni è stato il metodo consueto per giustificare il fallimento dell’opposizione.
Ricordo le campagne anti-Chávez, smentite dai fatti, e ricordo i fatti stessi che avevano come garanti, tra gli altri, Adolfo Perez Esquivel, premio Nobel per la pace, Eduardo Galeano, coscienza critica del Continente e addirittura la Fondazione dell’ex Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, gente la cui onestà intellettuale non era smentibile. E ricordo le numerose campagne elettorali, la cui validità democratica era monitorata da più di 150 osservatori internazionali. A maggio 2018, ad esempio, l’ex premier della Spagna, Josè Luis Zapatero aveva criticato l’atteggiamento sconsiderato della Comunità Europea che aveva lasciato il Venezuela al suo destino di isolamento.
Per questo è stata imbarazzante, fin dall’inizio, una realtà che il nostro ministro Moavero, per real politik, ha il diritto di ricordare come vuole, ma non di travisare la storia.
D’altronde il gioco di confondere le carte è più che mai in auge, attualmente, nella politica internazionale dove ha ragione (o si vorrebbe far passare come ragione) tutto quello che disturba gli interessi dei più potenti perché è difficile accettare o giustificare il prezzo della democrazia, se la democrazia è questa.
Quale offesa ha mai fatto il Venezuela agli Stati Uniti e al mondo occidentale per meritare l’assedio di cui è vittima? Ha soltanto difeso il suo petrolio di cui è la quinta maggior esportatrice al mondo.
Ma questo evidentemente è un gravissimo peccato che la nostra politica, oltre che l’informazione, non riescono a perdonare se è vero che negli ultimi anni tre diversi governi degli Stati Uniti le hanno inventate tutte per sovvertire una situazione che ancora non riescono a giustificare.
Questo ostracismo è iniziato tanto tempo fa: chi è in buona fede ricorda le campagne spietate e le sanzioni inflitte alla terra di Bolivar subito dopo la comparsa di Chavez. In molti erano addirittura arrivati a dar la colpa di quello che stava accadendo alla fastidiosa presenza di un nuovo leader che era riuscito, in poco tempo, a compattare tutti i paesi produttori di petrolio e stava provando con l’ALBA (l’Alleanza bolivariana per le Americhe) a fare lo stesso esperimento in America Latina.
Come se questo tentativo di affrancarsi fosse una bestemmia inaccettabile, un retaggio coloniale.
Sono passati vent’anni dalla prima elezione di Chávez e sei anni dal suo funerale a cui erano presenti due milioni di persone e 33 tra capi di Stato e di Governo. Uno schiaffo morale a chi, già allora, lo presentava come un usurpatore e Maduro, che gli era succeduto, come un inetto. Certo, l’attuale Presidente venezuelano non ha la capacità politica che aveva il suo predecessore, ha sbagliato molto, ma nessuno, come hanno sostenuto Perez Esquivel e tanti altri intellettuali del continente, può chiamarlo “dittatore”, e oltre tutto è quasi impossibile governare con la CIA che ti soffia sul collo.
Come ha scritto lo stesso Perez Esquivel nel 2014: “Con la vittoria di Maduro, ha vinto il progetto bolivariano avviato da Chávez, perché la maggior parte dei venezuelani capisce che il paese è migliorato ed è più egualitario.” Grazie a questo processo il Venezuela, per la prima volta nella sua storia, era riuscito ad essere padrone delle proprie risorse petrolifere e a metterle al servizio del popolo, del continente e addirittura anche degli Stati Uniti quando, nel 2005, furono devastati dall’uragano Katrina. Durante l’ultimo ventennio, poi, il governo aveva aumentato la spesa sociale di oltre il 60.6% ed era il paese della regione con il più basso livello di diseguaglianza, ridotta del 54%, e di povertà, ridotta del 44%. Il Venezuela, prima di Chavez, era un vero e proprio paradosso: sopra una enorme pozza di petrolio, vivevano, anzi sopravvivevano miseramente la maggior parte delle persone che non avevano mai visto nella loro vita un medico, tre pasti al giorno e figuriamoci un libro per l’istruzione. Chavez aveva dato al suo popolo non solo una dignità, ma soprattutto la sopravvivenza. E’ per questo e solo per questo che Chavez prima e Maduro poi sono stati votati e vengono votati in massa, malgrado l’assedio degli Stati Uniti da una parte, e gli errori di Maduro dall’altra.
Insomma, quando si affrontano argomenti complessi sarebbe augurabile che chi esprime giudizi abbia una conoscenza seria di quello che accade in un paese martoriato come il Venezuela che avrebbe il diritto di scegliere da solo il proprio destino senza vederselo imporre da chi pensa che gli interessi della grande economia debbano sempre prevalere.
“Abbiamo avuto i rapporti con l’Argentina e la dittatura di Pinochet, in America Latina abbiamo avuto rapporti con i peggiori dittatori e nessun Parlamento italiano si è mai sognato di dichiarare l’illegittimità delle elezioni. (…) Non si può tirare la coperta della sovranità dei Paesi e del diritto internazionale solo perché gli Stati Uniti combattono una nota e ventennale guerra per il controllo del petrolio contro il Venezuela. E non mi sta bene” ha dichiarato il collega Alessandro Plateroti vice-direttore del Sole 24 ore.
E non sta bene neanche a me. Gli Stati Uniti non hanno sempre ragione, anche se ci hanno divertito per anni con il jazz e il rock’n’roll.
La resistencia de Venezuela – por Gianni Minà
Entre las tantas mentiras que diariamente cuentan los medios de comunicación occidentales sobre Venezuela, hay una a la que lamentablemente ha adherido nuestro ministro de Relaciones Exteriores, Enzo Moavero Milanesi.
El Ministro, en su discurso en las Cámaras, afirmó que la oposición en Venezuela, la que dirigen personajes discutibles como Leopoldo López, María Corina Machado y Henrique Capriles, no había participado en las últimas elecciones porque el proceso electoral no fue creíble, es más, había sido trucado.
Ahora bien, todo el mundo sabe –el que no es mal pensado- que la defección se debió a la incapacidad de la oposición de ubicar un candidato decente, después de los fracasos de los presuntos combatientes por la democracia en el país. Es evidente que la verdad es otra. Atacar a la validez de las últimas elecciones ha sido el método habitual para justificar el fracaso de la oposición.
Recuerdo las campañas anti-Chávez, desmentidas por los hechos y recuerdo los mismos hechos cuyos garantes eran –entre otros- Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel para la paz, Eduardo Galeano, conciencia crítica del Continente e inclusive la Fundación del ex Presidente de Estados Unidos Jimmy Carter, personas cuya honestidad intelectual no puede ser puesta en duda. Y recuerdo las numerosas campañas electorales cuya validez democrática estaba monitoreada por más de 150 observadores internacionales. En mayo de 2018, por ejemplo, el ex primer ministro de España, José Luis Zapatero, criticó la actitud desconsiderada de la Comunidad Europea por haber dejado a Venezuela a su destino de aislamiento.
Por ello ha sido embarazoso, desde un principio, la hecho de que nuestro ministro Moavero, por el “real politik”, aunque tenga el derecho de recordar como quiera, no lo tiene de tergiversar la historia.
Por otro lado, el juego de confundir las cartas está más que nunca de moda en la actualidad, en la política internacional donde tiene razón (o se quisiera hacer pasar por razón), todo lo que molesta a los intereses de los más potentes, porque es difícil aceptar o justificar el precio de la democracia, si la democracia es ésta.
¿Qué ofensa habrá cometido Venezuela contra los Estados Unidos y el mundo occidental para merecer el asedio del cual es víctima? Solamente ha defendido su petróleo, siendo su quinto mayor exportador mundial.
Pero evidentemente esto es un pecado gravísimo que nuestra política y también la información, no logran perdonar, visto que en los últimos años tres diferentes gobiernos de Estados Unidos han inventado todo tipo de acciones para cambiar drásticamente una situación que todavía no logran justificar.
Este ostracismo inició hace mucho tiempo: quien tiene buena fe recordará las despiadadas campañas y las sanciones impuestas a la tierra de Bolívar, nada más desaparecer Chávez. Muchos inclusive llegaron a culpar de lo que estaba sucediendo a la molesta presencia de un nuevo líder que había logrado, en poco tiempo, compactar a todos los países productores de petróleo y estaba probando, a través de la ALBA (la Alianza bolivariana para las Américas) a hacer el mismo experimento en América Latina.
Como si este tentativo de alianza fuese una blasfemia inaceptable, una reminiscencia colonial.
Han transcurrido veinte años desde la primera elección de Chávez y seis años desde su funeral al que asistieron dos millones de personas y 33 entre Jefes de Estado y de Gobierno. Una cachetada moral a quien, entonces también, lo pintaba como un usurpador y a Maduro, que lo sucedió, como un inepto. Ciertamente el actual Presidente venezolano no tiene la capacidad política que tenía su predecesor, se ha equivocado mucho, pero nadie –como afirma Pérez Esquivel y muchos otros intelectuales del continente- puede llamarle “dictador”, además de que es casi imposible gobernar con la CIA tras de ti.
Como el mismo Pérez Esquivel escribió en 2014: “Con la victoria de Maduro ha ganado el proyecto bolivariano iniciado por Chávez, porque la mayor parte de los venezolanos entiende que el país ha mejorado y es más igualitario.” Gracias a este proceso, Venezuela por primera vez en su historia, ha consiguido ser la dueña de sus propios recursos petroleros y ponerlos al servicio del pueblo, del continente e incluso de los Estados Unidos, cuando en el 2005 el huracán Katrina lo devastó. Después, durante los últimos veinte años, el gobierno aumentó los gastos sociales de más del 60.6% y era el país de la región con el menor nivel de desigualdades, reducidas del 54%, y de pobreza, reducida del 44%. Venezuela, antes de Chávez, era un verdadero paradigma: sobre un enorme pozo petrolero vivían, es más, sobrevivían miserablemente, la mayor parte de las personas que no habían visto nunca en su vida un médico, tres comidas al día e imaginémonos si habrían visto un libro para su instrucción. Chávez dio a su pueblo no solamente dignidad, sino sobre todo la sobrevivencia. Es por ello, y únicamente por ello, que primero Chávez y luego Maduro fueron votados y siguen siendo votados en masa, a pesar del sitio de Estados Unidos por un lado y por el otro de los errores de Maduro.
En fin, cuando se tocan argumentos complejos sería preferible que quien emite juicios tuviera una conciencia seria de lo que sucede en un país martirizado como Venezuela, que tiene todo el derecho de escoger él solo su propio destino sin que se lo impongan quienes piensan que los intereses de la gran economía deban prevalecer siempre.
“Hemos tenido relaciones con Argentina y la dictadura de Pinochet; en América Latina hemos tenido relaciones con los peores dictadores y ningún Parlamento italiano se ha atrevido nunca a declarar la ilegitimidad de las elecciones . (…) No se puede atacar la soberanía de los Países y el derecho internacional únicamente porque Estados Unidos combate desde hace veinte años una conocida guerra contra Venezuela. Y no estoy de acuerdo con ello” ha declarado el colega Alessandro Plateroti, vice director del “Sole 24 ore”.
Y tampoco yo estoy de acuerdo. Estados Unidos no tiene siempre razón, aunque durante años nos haya divertido con el jazz y el rock’n’roll.