Aldo Diallo, 25 anni dal Senegal, ieri notte. Suruwa Jaiteh, 18 anni dal Gambia, il 2 dicembre 2018. Becky Moses, 26 anni, dalla Nigeria, il 27 gennaio 2018. Tutti morti bruciati nei ripetuti roghi della baraccopoli di San Ferdinando, nella Piana di Gioia Tauro in Calabria.
Una lenta strage nella Piana di Gioia Tauro
Aldo Diallo, 25 anni dal Senegal, ieri notte. Suruwa Jaiteh, 18 anni dal Gambia, il 2 dicembre 2018. Becky Moses, 26 anni, dalla Nigeria, il 27 gennaio 2018. Tutti morti bruciati nei ripetuti roghi della baraccopoli di San Ferdinando, nella Piana di Gioia Tauro in Calabria. Oltre a queste morti è necessario ricordare l’assassinio di Soumayla Sacko, dal Mali, ucciso a colpi di fucile il giugno scorso mentre stava tentando di recuperare del materiale per costruire un riparo, in una località non lontana dalla baraccopoli. E’ una lenta strage quella che si consuma nella Piana di Gioia Tauro, non frutto della fatalità, ma della endemica e gravissima assenza delle istituzioni in un territorio in cui ogni anno affluiscono oltre duemila lavoratori migranti per la raccolta degli agrumi, obbligati a vivere e lavorare in condizioni disumane. Le pessime condizioni igienico-sanitarie e strutturali in cui versa la baraccopoli di San Ferdinando sono note da anni (si veda il rapporto di Medici per i Diritti Umani “I dannati della terra”). L’assenza di qualsivoglia sistema di riscaldamento che non siano bracieri e falò tra baracche ammassate di legno e plastica non fa che accrescere i rischi di roghi nell’insediamento durante l’inverno. In occasione dell’ultima tragica morta del dicembre scorso, MEDU avvertiva che sarebbe stato facile prevedere come il Dl Salvini su immigrazione e sicurezza, ormai legge, non avrebbe fatto altro che alimentare aree di marginalità ed esclusione come i grandi ghetti, contribuendo ad aggravare questa vergogna italiana. Questo oggi sembra puntualmente avverarsi.
Medici per i Diritti Umani torna a chiedere pressantemente alle istituzioni, azioni immediate per assicurare condizioni di accoglienza dignitose e sicure ai lavoratori migranti della Piana di Gioia Tauro. Medu chiede inoltre la pianificazione di un programma di largo respiro per l’inclusione sociale e abitativa dei lavoratori migranti della Piana che non si limiti a rimanere sulla carta come avvenuto negli anni precedenti ma che si declini in interventi concreti e con tempistiche certe.
Un team di MEDU e una clinica mobile sono presenti per il sesto anno consecutivo nella Piana di Gioia Tauro per un intervento di assistenza sanitaria e inclusione sociale con il progetto Terragiusta.
Il progetto è realizzato in collaborazione con le associazioni OIS- Osservatorio Internazionale per la Salute Onlus, A Buon Diritto, Cambalache, Vibosalus, e in collegamento con l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria (UNIRC) e l’Associazione Apicoltori Produttori Calabresi (APROCAL).
Ufficio stampa