Alla Milano Marathon COMIN schiera i Ci6alle6

Il progetto “Le Case del Tempo” è quello scelto dalla cooperativa COMIN per chiamare a raccolta tanti personal fundraiser, che hanno accettato una doppia sfida: correre la maratona di Milano e raccogliere fondi per sostenere il progetto. 

 

Comunicato stampa

Alla Milano Marathon COMIN schiera i Ci6alle6 

Andrea De Martino, Gianni Latella e Gil Elbaz hanno scelto di adunare un nutrito gruppo di runner al fianco di COMIN per dimostrare il loro sostegno al progetto “Le Case del Tempo”. Un progetto che garantisce una risposta concreta e solidale ai bisogni delle persone anziane e delle loro famiglie. 

Per il terzo anno consecutivo, COMIN ha aderito al Charity Program, il grande progetto di solidarietà creato e sostenuto da Milano Marathon, che permette a tutti i runner di correre per un Organizzazione Non Profit aiutandola a raccogliere fondi. 

Il 7 aprile 2019, 114 persone tra maratoneti e staffettisti correranno per sostenere uno dei progetti della cooperativa sociale milanese impegnata, da oltre 40 anni, al fianco di minori e famiglie in condizione di fragilità.

Sono disponibili materiali, fotografie e interviste

Milano, 19 marzo 2019 – Il progetto “Le Case del Tempo” (vedi scheda 1) è quello scelto dalla cooperativa COMIN per chiamare a raccolta tanti personal fundraiser, che hanno accettato una doppia sfida: correre la maratona di Milano e raccogliere fondi per sostenere il progetto. 

Fino ad oggi COMIN conta 114 runner, il contributo maggiore arriva dal gruppo dei Ci6alle6, l’Associazione Sportiva nata tre anni fa, frutto di incontri casuali tra persone fino ad allora sconosciute tra loro, ma con una grande passione in comune: la corsa. Poi ci sono i soci e gli amici storici della COMIN. 

Abbiamo 25 staffette e 14 maratoneti iscritti. Anche un’azienda, Resideo, sostiene la COMIN, con il cuore e con le gambe” – ha dichiarato Emanuele Bana, presidente della cooperativa COMIN. “Prima di Natale – continua Bana – abbiamo avuto una conferma importante. Andrea De Martino, Gianni Latella e Gil Elbaz che sono la vera forza motrice dei Ci6alle6, ci hanno detto che avevano tanti cuori e tante gambe da schierare al nostro fianco. Abbiamo conosciuto i Ci6alle6 poco più di tre anni, grazie a Barbara Pessina, una storica socia della COMIN. Abbiamo subito apprezzato il loro stile: “Ci6alle6” è un’Associazione che si riconosce in tre valori: accoglienza, appartenenza e condivisione ed è aperta a tutti quelli che li condividono. Si ritrovano tutti i giorni al Parco Nord alle 6, in estate e in inverno, con la pioggia e con il sole. COMIN ha fatto suo il motto dei Ci6alle6 “Nulla può accadere senza un incontro”, perché in fondo è stato così ed è così anche per noi. 

È la terza volta che COMIN aderisce al Charity Program. Il meccanismo è semplice: maratoneti e staffettisti hanno l’opportunità di sostenere una delle Organizzazioni Non Profit aderenti al Charity Program, aggiungendo al piacere della corsa anche quello di fare del bene. Chi accetta di correre i 42 km da solo o in staffetta con altre tre persone sostiene il progetto con una libera donazione e invita i suoi amici a fare altrettanto su Rete del Dono, la piattaforma di crowdfunding e personal fundraising leader in Italia.

Questo approccio coinvolge attivamente e direttamente sia le singole Organizzazioni Non Profit sia i sostenitori, rendendoli protagonisti e promotori della raccolta fondi.

Con 25 staffette e 14 maratoneti, per un totale di 114 runner COMIN sta raccogliendo fondi attraverso le pagine facebook dei runner e sulla piattaforma di crowdfunding. L’obiettivo di raccolta è fissato a 10.000 euro e servirà ad acquistare strumenti a sostegno delle Case del Tempo come il servo-scala, un grande congelatore e a pagare la retta degli anziani meno abbienti, consentendo loro di accedere a corsi di ginnastica e ai programmi culturali, migliorando la loro qualità di vita.   

“Le Case del Tempo” è il progetto che COMIN ha scelto di legare alla Milano Marathon.
Le Case del Tempo sono comunità diurne strutturate attraverso un modello organizzativo, innovativo e sostenibile.
Propongono attività per il benessere psico-fisico, l’intrattenimento, la cultura e la socialità. Sono gli anziani stessi, partecipando alle attività proposte, che cogestiscono il loro tempo e le relazioni (vedi scheda 2)
Ogni Casa del Tempo è aperta alle persone anziane autosufficienti (anche solo parzialmente). Il servizio è indirizzato a chi si trova in un’età vulnerabile, tra la piena autonomia e una condizione di non autosufficienza. In questa fase, molte persone anziane hanno l’esigenza di occuparsi attivamente della propria condizione fisica e psicologica, proseguendo una vita di relazione entro la propria comunità. Per questo ogni Casa del Tempo è radicata all’interno del proprio quartiere.
Per chi ne avesse la necessità, è previsto un servizio di accompagnamento dal domicilio abituale alla comunità diurna e verso i servizi sanitari necessari.
Le Case del Tempo sono organizzate attraverso un modello replicabile. In futuro, nella città di Milano e in provincia, potranno nascerne di nuove.Il servizio è stato progettato dalla cooperativa COMIN insieme all’Associazione Sportiva Dilettantistica Muoviti e s’inserisce nell’ambito progettuale di COMIN denominato “C’è Tempo”, che prevede inoltre l’attivazione di servizi dedicati al benessere psico-fisico e all’assistenza familiare.

La storia di Attilio, raccontata da Gianni Ghidini, coordinatore de La Casa del tempo di Milano Certosa. 

Attilio, classe 1916, chiuse gli occhi per sempre cinque anni fa, nel corso del suo riposo pomeridiano. Aveva sul petto una copia de I promessi sposi, intento a memorizzare dei brani in cui protagonista era Renzo. Renzo cammina sempre, anche per questo piaceva ad Attilio. Conobbi Attilio nel 1985 al parco di Trenno mentre guidavo un gruppo di persone in una lezione di ginnastica dolce. Si avvicinò in bicicletta incuriosito da una posizione ginnica e chiese: “Cosa state facendo di bello? Raddrizzate gli alberi?”

Divenni il suo istruttore, da quel momento non ci siamo più persi. Capii che dietro quella domanda aveva organizzato la sua vita. Una sorta di interesse di fondo per le persone, per i luoghi, per le lingue, per Leonardo…

Lui, operaio all’Alfa Romeo, viveva come un ricercatore di mondo e di umanità. Per questo era amato e stimato da tutti. Diceva: “è la mia rivincita. Sono nato povero, ho potuto studiare poco e in fabbrica ho dovuto mangiare tanta polvere. Appena avevo tempo studiavo, viaggiavo, parlavo con le persone, fotografavo”. Questo il suo metodo. Al sabato o alla domenica partiva con la sua 500 blu verso una località.

Fotografava rigorosamente in bianco e nero; fermava qualche passante anziano e chiedeva: “Cosa è successo in questo paese?” Intervistava le persone che gli davano retta. Faceva una pausa in una buona trattoria e di nuovo in giro in cerca di umanità.

Al rientro trascriveva quanto appreso su dei quaderni, li corredava con le foto che aveva scattato e li riponeva nello scaffale. Contrassegnava il quaderno con una sigla che riportava su una bandierina che posizionava su un’enorme cartina affissa alla parete. Lì vidi viaggi in Albania, Germania dell’Est, Svezia, ma soprattutto nella provincia italiana. Quando mi invitò a bere un caffè a casa sua sentii la sacralità di quelle ricerche che ornavano la sua libreria. Accanto aveva una gigantografia di Sandro Pertini.

Più andavano avanti gli anni, più Attilio acquistava fascino. Lo operarono alla prostata a 88 anni. Andai a trovarlo all’ospedale di Cremona: era in piedi e mentre mangiava continuava ad andare su e giù sulle punte dei piedi. Sorrise e mi disse: “tengo in forma i polpacci, c’è ancora della strada da fare”, poi sorrise aggiungendo: “sapevo saresti venuto, volevi tenermi d’occhio”.

In treno al ritorno pensai a quel “della strada da fare”. Non aveva detto “tanta” o “altra” strada. Mi piacque la sfumatura. Aveva colto il lato non quantitativo del tempo per una vita. Aveva messo l’accento sul modo vitale con cui ci viene chiesto di camminare, piuttosto che sulla lunghezza del cammino che non possiamo determinare.

Una volta eravamo a Bagno di Romagna, avevo organizzato un viaggio per gli anziani del mio gruppo di ginnastica. Il titolo dell’itinerario era sulle tracce di San Francesco e di Piero della Francesca. C’era anche Attilio e ci misero in camera insieme. Mi disse – 90 anni compiuti – “stasera danno una festa. Vieni, c’è da ballare”. Dissi di no e lui, come se si giustificasse, rispose che doveva proprio andare perché c’erano delle signore del gruppo che ne avevano voglia ma che da sole non sarebbero uscite.

Mi addormentai. Attilio Rientrò in camera dopo la mezzanotte. Io cercavo di dormire. Lo sentii uscire dal bagno e aprire finestre e persiane. Mi disse: “Gianni, come fai a dormire con una luna così! Vieni alla finestra che leggiamo una poesia. Anzi, te ne recito una io”. Iniziò a declamare L’onda di Gabriele D’Annunzio.

Si svegliò al mattino e mi disse “che meraviglia ieri notte. Sai che ho sgridato una signora giù nella sala da pranzo? Mi ha detto: “ormai… alla mia età”. Le ho detto che così bestemmiava Dio, e che invece di continuare a far finta di pregare, doveva vivere e godere di tutto ciò che la vita ci riservava. Ho fatto bene, vero?”

Intorno ai 95 anni, i suoi parenti di Cremona lo convinsero a trasferirsi in un alloggio protetto. A Milano, da solo, non era più sicuro stare. Una volta al telefono si lamentò del fatto che lì non conoscesse nessuno e che i pochi anziani degli appartamenti vicini fossero più morti che vivi. Non avevano voglia di far niente.

Andai a trovarlo portando con me in una gita i suoi compagni di ginnastica. Lui ci fece da Cicerone nella visita dei dintorni di Cremona, sua città natale. Appena salito sul pullman, s’impossessò del microfono e iniziò a raccontare. Restammo a bocca aperta. Si era preparato benissimo, non voleva fare brutta figura. Fu una giornata memorabile. Dopo qualche mese, con un collega, andammo a trovare Attilio. Stava bene, mangiammo con lui in trattoria. Lungo il chilometro di strada che separava il posto dal suo alloggio, Attilio salutò un sacco di gente che ricambiava. Gli chiesi come facesse a conoscere tutte quelle persone.

Mi raccontò che ogni mattina faceva quella strada a piedi. “Ci metto un po’ – disse – arrivo davanti al monumento dei caduti e mi riposo. Così ho letto i nomi sulla lapide e mi sono detto chissà se i nipoti di questi caduti si ricordano di loro. Allora ho preso l’elenco telefonico e ho cominciato a chiamare. Buon giorno sono Attilio, ma lo sa che suo nonno ha fatto la guerra? Mi racconterebbe quello che sa? La vengo a trovare”.

Quando Attilio morì stava studiando a memoria le parti di Renzo. Mi aveva chiesto di organizzare delle gite a piedi seguendo gli itinerari manzoniani tratte dai Promessi sposi; in alcuni punti lui avrebbe declamato parti dell’opera.

Oggi sono in media 40 le persone anziane come Attilio che frequentano Le Case del Tempo.

Grazie alla raccolta fondi dal basso, COMIN continuerà a garantire una risposta efficace agli anziani e alle loro famiglie, si doterà di una strumentazione che faciliterà l’accesso delle persone più anziane o con una mobilità ridotta e di chi ha un disagio economico ma un grande bisogno di socialità, garantendo loro una retta ridotta e un trattamento agevolato..

C’è ancora tempo per donare. E sarà possibile farlo anche dopo il 7 aprile. Basta un click al link https://www.retedeldono.it/it/search/comin e pochi secondi per scegliere l’importo, inserire i propri dati e volendo anche un messaggio. 

 

Cooperativa Sociale Comin
La Cooperativa Sociale COMIN nasce nel 1975 a Milano, allo scopo di realizzare interventi educativi a favore di bambini e famiglie in difficoltà.
I settori tradizionali dell’accoglienza in comunità e dell’assistenza domiciliare ai minori, nel corso degli anni, sono stati affiancati da interventi di promozione dell’affido familiare, del benessere e della coesione sociale di giovani e famiglie. Particolare attenzione è rivolta agli stranieri e alla prima infanzia. www.coopcomin.org

 

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