“La vicenda del governo gialloverde è ancora aperta nei suoi sviluppi ma, comunque vadano le cose, bisogna ormai dare un giudizio su come si sono mossi Di Maio e la sua squadra nelle circostanze in cui hanno operato e stanno operando tuttora”.
Di Maio uno statista di strada
Foto: Di Maio al China International Import Expo (Shanghai, novembre 2018) con “190 campioni del made in Italy”. Nella foto accanto a Bill Gates”
La vicenda del governo gialloverde è ancora aperta nei suoi sviluppi ma, comunque vadano le cose, bisogna ormai dare un giudizio su come si sono mossi Di Maio e la sua squadra nelle circostanze in cui hanno operato e stanno operando tuttora. Premettiamo che il nostro non vuole essere un giudizio di parte, ma oggettivo, di chi, pur mantenendo una posizione comunista, sta però fuori dalla canea di ‘sinistra’ che lavora per la rinascita del PD e della sua linea liberal-imperialista, e cerca invece di capire la natura del programma governativo dei Cinque Stelle.
La prima cosa da valutare è il clima che si è determinato in Italia dopo le elezioni politiche del 4 marzo dell’anno scorso e la prima dura battaglia che Di Maio e il suo gruppo hanno dovuto sostenere per portare a conclusione il risultato elettorale. Il contratto di governo è stata la via d’uscita, un modo per dire: noi Cinque Stelle ci alleiamo con la Lega su determinati punti evitando così di essere inchiodati a definizioni ideologiche sulla natura dell’alleanza. Quello che conta sono i punti di programma. Certamente in questi punti c’erano e ci sono anche gli interessi della Lega e del suo elettorato. Ma il salvinismo come ideologia e come demagogia sta più nelle esibizioni del personaggio, nelle sue giubbe e nei suoi caschi, che nel contratto di governo.
Certamente si può provare fastidio per certe esibizioni. Quello che conta però è il calcolo politico e il risultato finale. Da questo punto di vista si può oggi constatare che Salvini è costretto a misurarsi quotidianamente con gli alleati di governo pentastellati e appare come l’uomo che cerca di spostare a destra l’asse del governo, ma non ci riesce. E non ci riesce perchè la capacità di Di Maio e di Conte, con un perfetto gioco di squadra, aggira continuamente l’ostacolo. Il toro Salvini carica, ma lo straccio rosso gli impedisce di capire come il gioco effettivamente si sviluppa. Prendiamo ad esempio la politica estera. Non vi è dubbio che da questo punto di vista Salvini, dopo qualche piroetta con la Russia di Putin, è rimasto col cerino in mano, mentre i Cinque Stelle, con Conte in particolare, articolavano le relazioni internazionali, prima per fronteggiare l’assalto UE e delle istituzioni collegate, poi per rendere protagonista l’Italia di un nuovo rapporto con il Nord Africa e la Libia in particolare, e infine per portare in porto l’accordo con la Cina.
Per uno statista ‘bibitaro’ e di strada, come è definito Di Maio, vi sembra poco? I nostri eroi liberal- imperialisti e i loro lacchè alternativi cercano quotidianamente di farci perdere la bussola con pressioni mediatiche di tutti i tipi a partire proprio dalle televisioni di stato che l’ex statista Renzi ci obbliga a pagare, e rilanciando una mobilitazione di piazza di natura sorosiana facendo credere che le masse sono contro questo governo, dai sindacalisti d’assalto come Landini, a Don Ciotti, ai movimenti sui diritti civili che sono diventati armi di distrazione di massa quando si tratta di discutere cose serie che minacciano l’ordine costituito delle lobby consolidate.
Non possiamo dire ora come e quando lo spettacolo finirà. Ma quello che abbiamo visto finora è interessante e dimostra che i cosiddetti ‘statisti di strada’ che, non dimentichiamo, sono nati sulla strada percorsa dalla protesta contro il liberal-imperialismo PD e non nei college della politica, tengono ancora banco e si difendono egregiamente. E a invalidarne il ruolo non basta qualche pentastellato fuori dalle righe
Aginform
22 marzo 2019