La legittima difesa e la storia di Alberto Arrighi

La legittima difesa e una storia che era stata dimenticata, come tante altre. Perché gli omicidi fanno notizia per qualche ora e poi passano. Anche se a mettere insieme i delitti commessi con armi legalmente detenute viene fuori un insieme di fatti agghiaccianti.

 

La legittima difesa e la storia di Alberto Arrighi, raccontata sul Fatto Quotidiano. E da mandare a memoria

(L’arma usata per il delitto commesso da Arrighi )

 
La legittima difesa e una storia che era stata dimenticata, come tante altre. Perché gli omicidi fanno notizia per qualche ora e poi passano. Anche se a mettere insieme i delitti commessi con armi legalmente detenute viene fuori un insieme di fatti agghiaccianti.

Su Il Fatto quotidiano, Pino Corrias ha ricordato un evento che in molto avevano ormai archiviato, avvenuto a Como: l’efferato assassinio di Giacomo Brambilla, commesso da Alberto Arrighi, 40 anni, fino ad allora conosciuto come una mite persona esperta di armi tanto da essere esperto balistico fidato per molti pm. In apparenza sembra non c’entrare con la legittima difesa. E invece, sì: c’entra, eccome. Perché lo evidenzia proprio Arrighi.

Scriveva Il Corriere per raccontare:

È stato ripreso dalle telecamere dell’armeria Arrighi e mostra la sequenza con cui il titolare Alberto Arrighi, 40 anni, incensurato, esperto balistico di fiducia dei pm sposato e padre di due bimbe, spara alla testa di Giacomo Brambilla, ex benzinaio al quale aveva dato appuntamento per una questione di soldi. E c’è il seguito del delitto, che nessun occhio elettronico ha immortalato ma che è ugualmente orripilante. Dopo lo sparo, Arrighi ha decapitato la sua vittima e ha tentato di bruciarne la testa dentro un forno nella pizzeria del suocero. Poi ha caricato il cadavere in macchina, ha guidato per 150 chilometri nella notte gettandolo nel greto di un torrente lungo la statale del Sempione poco oltre Domodossola.

Il racconto di Arrighi (prima dell’omicidio)

Pino Corrias, nell’articolo su Il Fatto quotidiano, riporta una conversazione avuta con Arrighi prima del delitto. Stava realizzando un articolo sul tema della legittima difesa e ottenne un racconto prezioso, nella sua drammaticità (per quello che è avvenuto dopo): Arrighi spiegava cosa significa avere un’arma. Molto di più di uno strumento per difendersi. Ecco cosa diceva.

La pistola non è un pezzo di ferro. È geometria dinamica. È potenza. È potere assoluto. Ti cambia l’assetto, lo sguardo, la percezione dello spazio. Ma è anche un demone. Un drago. Che nel momento di tensione suprema sputerà fuoco e fiamme. Deciderà chi muore e chi resta vivo. E il bello è che lei lo sa sempre prima. Tu no.

Corrias lo descrive come un uomo mite, lontano dall’immagine del venditore innamorato delle armi perché le vende. Un altro passaggio da citare testualmente, spiega cosa significhi essere armati di fronte a un ladro::

Sei sicuro che avrai il coraggio di sparare? Di uccidere? Perché se nel momento fatale scoprirai che non lo sei, che hai troppa paura, la pistola ti si rivolterà contro. Scoprirai che i cattivi sono sempre più cattivi di te. Più svelti a disarmarti, picchiarti, spararti.

 

 

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