Si può trasformare una porzione di tenda all’interno di un campo per sfollati abitato da oltre 11 mila persone in un “barber shop” attrezzato e molto frequentato? Per Farhan, che collabora da due anni con noi nel Centro sanitario di Emergency presente all’interno del campo di Ashti, in Iraq, la risposta è sì.
Ad Ashti, Farhan, che ha 29 anni, vive insieme ai suoi genitori, tre sorelle e tre fratelli. Hanno lasciato Sinjar, una piccola città dell’Iraq nord-occidentale, vicino al confine siriano, oltre 4 anni fa.
“Era agosto quando l’ISIS ha attaccato Sinjar, e ha cominciato a rapire bambini e ragazze. Ci siamo dovuti rifugiare sulle montagne. Io ci sono rimasto per 38 giorni.” Prima di indossare le vesti di barbiere e parrucchiere per gli abitanti del campo, Farhan è un promotore sanitario: durante la sua giornata di lavoro, si occupa di sensibilizzare , anche i più piccoli, sui servizi del Centro. A tutti spiega come si possono seguire buone pratiche di igiene personale, come quella dentale, e informa sui rischi e sulla prevenzione di infezioni e malattie a cui la vita nel campo può frequentemente esporre.
“L’ISIS ha ucciso tutti i miei amici” – continua a raccontare Farhan, mentre attende nella sua bottega l’arrivo di un altro cliente. “Le cose che ho visto con i miei occhi prima di arrivare qui non riuscirò a dimenticarle mai.” Subito dopo, ci fa vedere il listino prezzi del suo shop: “Avevo un negozio di parrucchiere a Sinjar, che avevo aperto insieme al mio socio. Poi la città è stata distrutta. ” Per cercare di esorcizzare le esperienze e il dolore che ha vissuto e per far conoscere la realtà della guerra a chi non l’ha vissuta, Farhan compone poemi e storie per bambini e organizza rappresentazioni teatrali satiriche.
“Nelle mie opere parlo della mia vita, ma anche della vita quotidiana in questo campo.”
Dal suo sorriso e dal suo sguardo non pensereste che il passato che si è lasciato alle spalle continui a bussare alla sua porta ogni giorno. Si racconta sempre con il sorriso, mentre aggiusta il taglio dei capelli, la forma delle basette di un suo cliente, o cerca di rimediare al phon che non funziona quando la corrente elettrica all’interno del campo si interrompe all’improvviso.
È difficile pensare che si possa ricominciare a sorridere dopo aver visto così tanta violenza. Soprattutto in una giornata piovosa e fangosa, in una tenda senza elettricità di un campo per sfollati. Quali risposte restituisca la vita, e se per raccontare la guerra la realtà basti davvero, o serva anche il teatro, l’arte, la scrittura.
Farhan ci insegna che, comunque vada, la risposta è sì. |