Ma è normale che un passeggero non venga fatto imbarcare su un aereo perché in “stato di ebbrezza” (non molesta)? Ci riferiamo allo “scoop” di Repubblica “Antonio Ingroia bloccato all’aeroporto di Roissy in stato di ebbrezza” subito ripreso da tutti i media mainstream e diventato virale sui social.
Sul linciaggio mediatico contro Ingroia
Ma è normale che un passeggero non venga fatto imbarcare su un aereo perché in “stato di ebbrezza” (non molesta)? Ci riferiamo allo “scoop” di Repubblica “Antonio Ingroia bloccato all’aeroporto di Roissy in stato di ebbrezza” subito ripreso da tutti i media mainstream e diventato virale sui social.
Ma quanti sono i passeggeri in “stato di ebbrezza” ai quali viene rifiutato l’imbarco in aereo? In Gran Bretagna (circa 72 milioni di passeggeri ogni anno) appena 387 in un anno. E si badi bene, si tratta di passeggeri in stato di ebbrezza MOLESTA che, cioè, già al momento dell’imbarco evidenziano comportamenti aggressivi che potrebbero comportare problemi agli altri passeggeri e all’equipaggio. Non era questo – a leggere l’articolo di Repubblica – il caso di Ingroia. E allora? Perché lo “scandalo Ingroia” e, soprattutto perché – come riferisce Repubblica – è stato subito allertato il consolato italiano a Parigi?
Nonostante le feste pasquali sono andato ad importunare conoscenti che si occupano della sicurezza negli aeroporti per sapere le procedure standard in caso di passeggeri ubriachi e violenti: prima dell’imbarco, vengono accompagnati, discretamente, nell’infermeria dell’aeroporto dove smaltiscono la sbornia. E quelli non violenti? Quelli vengono fatti entrare nell’aereo per addormentarsi sulla poltrona.
Altro che:
“… le hostess hanno ritenuto che il suo stato non gli permettesse di viaggiare. È stato così costretto a uscire dall’aereo e tornare indietro. Secondo fonti aeroportuali, il rifiuto dell’imbarco è una prassi applicata in casi come questo. Ingroia non avrebbe opposto resistenza ed è stato portato in una zona di Roissy non lontano dai cancelli dell’imbarco dove è entrato in contatto con il consolato italiano a Parigi che gli ha fornito assistenza”, come riferisce il quotidiano di de Benedetti.
Si, ma perché accanirsi contro Ingroia? In fondo la campagna diffamatoria contro di lui si era conclusa con la sentenza in primo grado del processo “Trattativa Stato-Mafia”, (in cui Ingroia, fino al 2012, era pubblico ministero); stessa bolla di sapone per le accuse di corruzione alla Regione siciliana, mentre le sue sciagurate liste elettorali (vedi qui o qui) nessuno oggi se le ricorda più.
E allora? Non essendo stato ancora pubblicato alcun comunicato di Ingroia sull’episodio dell’aeroporto di Roissy, prospettiamo una mera ipotesi: che l’attuale linciaggio mediatico contro Ingroia sia da collegare alla sua partecipazione, in qualità di avvocato, al processo in corso contro Rafael Correa, già presidente dell’Equador, messo sotto accusa dalle oligarchie capitanate da Lenin Moreno e dall’imperialismo USA.
E, visto che ci siamo, prospettiamo pure un’altra ipotesi. E cioè che lo “stato di ebbrezza” di Ingroia (allegramente perdonato per altri personaggi) potrebbe essere stato causato da qualche droga somministratagli a sua insaputa. Bieco complottismo? Può essere. Ma è il caso di ricordare che sulla bufala della “droga fatta somministrare da Maduro ad un deputato dell’opposizione” i media mainstream – in primis Repubblica – ci hanno marciato per più di una settimana.
Francesco Santoianni