Il processo a Rosalba Romano

Quando viene istituito un processo per gli abusi di polizia, esso è la principale dimostrazione che le “mele marce” non esistono. Emergono, oltre i frutti marci, i loro legami con i rami, si intravedono i legami con il tronco, si intuiscono quelli con le radici e quelli con il terreno in cui le radici sono piantate.

 

Il processo a Rosalba Romano per Vigilanza Democratica e la lotta contro gli abusi in divisa parlano della giustizia e della società di cui c’è bisogno.

L'immagine può contenere: una o più persone e testo

 

Quando viene istituito un processo per gli abusi di polizia, esso è la principale dimostrazione che le “mele marce” non esistono. Emergono, oltre i frutti marci, i loro legami con i rami, si intravedono i legami con il tronco, si intuiscono quelli con le radici e quelli con il terreno in cui le radici sono piantate. Non sono mai le mele ad essere marce, è l’intera pianta che va tagliata e il terreno su cui sorge e da cui attinge va bonificato.

https://www.carc.it/2019/09/15/rovesciare-il-mondo-dei-padroni/?fbclid=IwAR1Yl4DS5gz_OLLe_8yPspbZ5KGd_X1dyZQpmd0HSqlkGGo2dxufFPyYh74

 

Alcune iniziative di solidarietà e contro la repressione nel mese di settembre

  • Roma, 21 settembre con Atletico San Lorenzo ai Magazzini Popolari Casalbertone: “Dagli stadi alle piazze alla rete: contro ogni repressione”, una giornata di confronto, scambio di esperienze e solidarietà;
  • Firenze, 22 settembre con la Città Invisibile al Circolo Il Campino: “Il bavaglio all’informazione, la repressione e la lotta per l’attuazione della Costituzione”, un dibattito per ragionare sui tentativi di bavaglio all’informazione, sulla repressione e sulla lotta per attuare le parti progressiste della Costituzione – vedi i dettagli dell’iniziativa;
  • Milano, 25 settembre alle ore 9 partecipiamo in tanti all’udienza di appello per Rosalba Romano (Tribunale di Milano); alle h 19 alla manifestazione per la liberazione di Vincenzo Vecchi in Darsena a Milano).

 

Il regime di controrivoluzione preventiva

Da quando la borghesia ha smesso di avere un ruolo positivo nello sviluppo della società, all’incirca alla fine del XIX secolo, la sua principale preoccupazione è costituita dal tentativo di “fermare la storia” ed impedire che le masse popolari trovino la strada e il modo di superare la società capitalista e costituirne una di tipo superiore, il socialismo. Gli sconvolgimenti che hanno caratterizzato il periodo nel quale si è sviluppata la prima crisi generale (1900 – 1945: le guerre mondiali, la Rivoluzione d’Ottobre in Russia e la prima ondata della rivoluzione proletaria nel resto del mondo), e in particolare la costituzione dell’URSS, hanno dimostrato non solo che rovesciare il mondo della classe dominante era necessario, ma che era anche possibile. Dal 1917 la lotta di classe in tutti i paesi imperialisti è diventata chiaramente lotta per il potere: lotta per scalzare il potere della borghesia imperialista e instaurare il socialismo e nei paesi oppressi si è sviluppata una potente lotta contro l’imperialismo e di liberazione nazionale.
Al fine di scongiurare questo pericolo, in tutti i paesi imperialisti – e anche in Italia dal 1945 in poi in ragione della vittoriosa Resistenza antifascista – la classe dominante ha adottato e via via perfezionato un sofisticato sistema di contro rivoluzione preventiva

“Da quando il proletariato riuscì a creare partiti che partecipavano con efficacia alla lotta politica borghese, a costruire forti organizzazioni sindacali, a creare una rete di svariate organizzazioni di massa e quindi fu in grado di far valere effettivamente per la massa della popolazione i diritti della democrazia borghese che la borghesia si limitava a proclamare, [fine del X1X secolo] la borghesia non poté più tollerare la democrazia. Essa divenne per forza di cose il centro di raccolta di tutte le forze reazionarie. Nell’attività delle sue Autorità e del suo Stato, la sicurezza del suo ordinamento sociale (ribattezzata “sicurezza nazionale”) prese e doveva prendere il sopravvento sul rispetto dei diritti democratici degli individui e delle associazioni, sulle leggi e sulle costituzioni. Il contrasto tra l’asservimento economico e sociale della massa della popolazione e la democrazia borghese divenne antagonista. La legalità borghese soffocava la borghesia. D’altra parte la borghesia non poteva oramai più escludere le masse popolari dall’attività politica corrente, se non instaurando un regime terroristico, col rischio di scatenare una guerra civile. (…)
Con la controrivoluzione preventiva, la borghesia cerca di evitare di arrivare a quel punto. Un efficace regime di controrivoluzione preventiva impedisce che l’oppressione della borghesia sul proletariato e sul resto delle masse popolari e la loro opposizione sfocino nella guerra civile. Nella controrivoluzione preventiva la borghesia combina cinque linee di intervento (cinque pilastri che congiuntamente reggono ogni regime di controrivoluzione preventiva).
1. Mantenere l’arretratezza politica e in generale culturale delle masse popolari. A questo fine diffondere attivamente tra le masse una cultura d’evasione dalla realtà; promuovere teorie, movimenti e occupazioni che distolgono l’attenzione, l’interesse e l’attività delle masse popolari dagli antagonismi di classe e le concentrano su futilità (diversione); fare confusione e intossicazione con teorie reazionarie e notizie false. Insomma impedire la crescita della coscienza politica con un apposito articolato sistema di operazioni culturali. In questo campo la borghesia rivalutò e ricuperò il ruolo delle religioni e delle chiese, in primo luogo quello della Chiesa Cattolica, ma non poté limitarsi ad esse, perché una parte delle masse inevitabilmente sfuggiva alla loro presa.
2. Soddisfare le richieste di miglioramento che le masse popolari avanzano con più forza; dare a ognuno la speranza di poter avere una vita dignitosa e alimentare questa speranza con qualche risultato pratico; avvolgere ogni lavoratore in una rete di vincoli finanziari (mutui, rate, ipoteche, bollette, imposte, affitti, ecc.) che lo mettono ad ogni momento nel rischio di perdere individualmente tutto o comunque molto del suo stato sociale se non riesce a rispettare le scadenze e le cadenze fissategli. Se nelle lotte rivendicative contro  la borghesia le masse popolari conquistavano tempo e denaro, la borghesia doveva indirizzarle a usarli per la soddisfazione dei loro “bisogni animali”: doveva quindi moltiplicare e ha moltiplicato i mezzi e le forme di soddisfazione di essi in modo che esauriscano il tempo e il denaro di cui le masse popolari dispongono.
3. Sviluppare canali di partecipazione delle masse popolari alla lotta politica della borghesia in posizione subordinata, al seguito dei suoi partiti e dei suoi esponenti. La partecipazione delle masse popolari alla lotta politica della borghesia è un ingrediente indispensabile della controrivoluzione preventiva. La divisione dei poteri, le assemblee rappresentative, le elezioni politiche e la lotta tra vari partiti (il pluripartitismo) sono aspetti essenziali dei regimi di controrivoluzione preventiva. La borghesia deve far percepire alle masse come loro lo Stato che in realtà è della borghesia imperialista. Tutti quelli che vogliono partecipare alla vita politica, devono poter partecipare. La borghesia però pone, e deve porre, la tacita condizione che stiano al gioco e alle regole della classe dominante: non vadano oltre il suo ordinamento sociale. Nonostante questa tacita condizione, la borghesia è comunque da subito costretta a dividere più nettamente la sua attività politica in due campi. Uno pubblico, a cui le masse popolari sono ammesse (il “teatrino della politica borghese”). Un altro segreto, riservato agli addetti ai lavori. Rispettare tacitamente questa divisione e adeguarsi ad essa diventa un requisito indispensabile di ogni uomo politico “responsabile”. Ogni tacita regola è però ovviamente un punto debole del nuovo meccanismo di potere.
4. Mantenere le masse popolari e in particolare gli operai in uno stato di impotenza, evitare che si organizzino (senza organizzazione, un proletario è privo di ogni forza sociale, non ha alcuna capacità di influire sull’orientamento e sull’andamento della vita sociale); fornire alle masse organizzazioni dirette da uomini di fiducia della borghesia (organizzazioni che la borghesia fa costruire per distogliere le masse dalle organizzazioni di classe, mobilitando e sostenendo preti, poliziotti, affini: le organizzazioni “gialle”, come la CISL, le ACLI, la UIL, ecc.), da uomini venali, corrompibili, ambiziosi, individualisti; impedire che gli operai formino organizzazioni autonome dalla borghesia nella loro struttura e nel loro orientamento.
5. Reprimere il più selettivamente possibile i comunisti. Impedire ad ogni costo che i comunisti abbiano successo: quindi che moltiplichino la loro forza organizzandosi in partito; che elaborino e assimilino una concezione del mondo, un metodo di conoscenza e di lavoro e una strategia giusti, che svolgano un’attività efficace; che reclutino, che affermino la loro egemonia nella classe operaia. Corrompere e cooptare i comunisti, spezzare ed eliminare quelli che non si lasciano corrompere e cooptare.
Con la controrivoluzione preventiva la borghesia cerca insomma di impedire che si creino le condizioni soggettive della rivoluzione socialista: un certo livello di coscienza e un certo grado di organizzazione della classe operaia e delle masse popolari, autonome dalla borghesia. O almeno impedire che la coscienza e l’organizzazione della classe operaia, del proletariato e delle masse popolari crescano oltre un certo livello” – dal Manifesto Programma del (nuovo)PCI, Ed Rapporti Sociali – 2008.

Lo Stato borghese e i suoi apparati sono uno strumento della classe dominante contro le masse popolari
Lo Stato, la legalità e la giustizia borghesi, cioè l’insieme di codici, leggi, norme, procedure, prassi e dispositivi, insieme alle istituzioni e alle autorità che li attuano, sono unicamente rivolti a difendere e affermare gli interessi della classe dominante (la borghesia e il clero) e a reprimere le masse popolari.
La loro natura antipopolare si manifesta sempre più chiaramente man mano che la crisi generale del capitalismo si aggrava:
– un numero crescente di persone – anche appartenenti a settori che fino a pochi decenni fa si potevano definire “benestanti” – è spinto dalla disoccupazione, dalla precarietà e dalla povertà a commettere reati di vario tipo (penali, amministrativi, contabili, fiscali) per sopravvivere e dare da sopravvivere alla propria famiglia. La società che sfrutta e odia “i poveri”, che smercia e diffonde droghe, alcool, gioco d’azzardo, mercificazione del sesso, cibo spazzatura e altre schifezze simili, trasforma in criminali coloro che impoverisce e su cui specula. I tribunali sono intasati di procedimenti di ogni tipo contro le masse popolari, i giornali, e la propaganda di regime in genere, parlano di “delinquenti abituali”, “furbetti”, “approfittatori”, “disonesti”, “criminali”, “parassiti”, “ladri” per descrivere gli individui a cui nega principalmente un lavoro utile e dignitoso con cui garantire a sé e alla propria famiglia un’esistenza dignitosa;
– il degrado morale e materiale di cui la classe dominante è responsabile crea disastri ed è il vero volto del capitalismo : individualismo sfrenato, comportamenti antisociali, squilibri mentali di vario genere, insicurezze, precarietà esistenziale alimentano le manifestazioni di disagio, emarginazione, degrado, abbrutimento. I tribunali sono intasati di procedimenti contro “tossici” e “spacciatori”, gente disperata e con problemi psichici e “violenti”, quelli con cui i giornali e la propaganda di regime riempiono le cronache in modo morboso alimentando su vasta scala la paura e il senso di insicurezza, il terrorismo mediatico, presentando come “cattiveria umana” quello che è il disastro dovuto alla permanenza del potere della borghesia sulla società;
– i governi borghesi cambiano, ma tutto rimane uguale e anzi va peggiorando (questo è il corso disastroso delle cose). I ricchi sempre più ricchi, i potenti sempre più potenti, per parti crescenti delle masse popolari solo sfruttamento e la prospettiva dell’incertezza, o peggio, della miseria e del degrado sociale e culturale.
Per conservare il suo dominio la classe dominante deve estendere sempre più l’uso di apparati polizieschi nel tentativo di contenere la ribellione di settori crescenti delle masse popolari contro gli effetti della crisi (denunce, processi, multe, fogli di via, arresti e altre forme di restrizione della libertà, restrizione del diritto di sciopero e di manifestazione [la parte dei Decreti sicurezza 1 e 2 di Salvini che nessuna forza politica borghese contesta]: il trattamento riservato ai NO TAV si è esteso a chi lotta per il diritto alla casa, ai lavoratori che difendono il posto e le condizioni di lavoro, alle donne, agli studenti, agli immigrati, ecc.) e la persecuzione mirata dei comunisti e delle avanguardie di lotta (licenziamenti politici per gli operai combattivi, pene “esemplari” per scontri di piazza, montature giudiziarie, ecc.). Sono le armi di cui la classe dominante si avvale, combinate a un ampio sviluppo dell’intossicazione dell’opinione pubblica e della diversione dalla lotta di classe (il primo pilastro del regime di controrivoluzione preventiva) nel tentativo di impedire che grazie all’opera dei comunisti, la resistenza spontanea delle masse popolari agli effetti della crisi si incanali nella lotta politica rivoluzionaria.

Un approfondimento: gli abusi in divisa e gli omicidi di Stato
Manifestazione della deriva reazionaria della classe dominante sono anche i crescenti casi di abusi in divisa e gli omicidi di Stato. Da anni si susseguono discorsi allarmati e denunce rispetto alla “deriva autoritaria” e alla “degenerazione” (rispetto all’articolo 52 della Costituzione [1]) che caratterizzano i corpi di polizia e di difesa del nostro paese. Tanto quanto le continue denunce pubbliche la deriva è dimostrata dai continui e crescenti “scoppiamenti” di singoli agenti: stragi famigliari, suicidi, ecc. E, per nulla secondaria, da una crescente tendenza a commettere reati quando indossano la divisa: molestie, torture, abusi, omicidi.
Di fronte a ogni denuncia di abuso e a ogni processo contro agenti che ne sono responsabili, autorità, istituzioni e propaganda di regime ricorrono immancabilmente alla tesi delle “mele marce” che con il loro comportamento offuscano il funzionamento di una pianta sana e gettano discredito su un sistema trasparente e democratico.
La vecchia solfa delle “mele marce” crolla rovinosamente ogni volta che viene istituito un processo: inizia il “balletto” dei depistaggi, delle coperture, degli insabbiamenti, dei trattamenti di favore e, in caso di condanna, di una palese clemenza dei giudici ed emerge il vero volto dello Stato borghese, il suo carattere di classe (impunità e trattamenti di favore per i borghesi e gli esponenti dei loro apparati di repressione) e oppressivo per le masse popolari.
I processi per l’omicidio

  • di Federico Aldrovandi (“Il 21 giugno 2012 la corte di cassazione rese definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per “eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi” ai quattro poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri” – Wikipedia),
  • di Giuseppe Uva (Carabinieri assolti – “La V sezione penale della Corte di Cassazione mette la parola fine sul caso Giuseppe Uva confermando l’assoluzione di sei poliziotti e due carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona” da ADN Kronos – e la sorella Lucia rinviata a giudizio per diffamazione – Il Giorno del 20 agosto 2019),
  • di Marco Vannini (Antonio Ciontoli – membro del servizio segreto militare – condannato in appello alla pena irrisoria di cinque anni per omicidio colposo, vedi FanPage del 27 giugno 2019);
  • di Riccardo Magherini (“La quarta sezione penale della Cassazione ha assolto i tre carabinieri accusati di omicidio colposo per la morta di Riccardo Magherini, avvenuta il 3 marzo 2014 a Firenze. Il collegio ha disposto l’annullamento della sentenza d’appello perché “il fatto non costituisce reato“ – vedi Il Fatto Quotidiano del 15 novembre 2018)
    e molti altri, lo dimostrano.

I responsabili dei reparti che hanno torturato, picchiato, massacrato e molestato al G8 di Genova hanno addirittura fatto carriera, cioè sono stati premiati [2].
Il processo per l’omicidio di Stefano Cucchi, che a breve dovrebbe andare a sentenza, ha avuto un esito apparentemente e momentaneamente diverso solo grazie alla grande, ampia e continuativa mobilitazione e partecipazione popolare al fianco della lotta condotta dalla sorella Ilaria.
Quando viene istituito un processo per gli abusi di polizia, esso è la principale dimostrazione che le “mele marce” non esistono. Emergono, oltre i frutti marci, i loro legami con i rami, si intravedono i legami con il tronco, si intuiscono quelli con le radici e quelli con il terreno in cui le radici sono piantate. Non sono mai le mele ad essere marce, è l’intera pianta che va tagliata e il terreno su cui sorge e da cui attinge va bonificato.
Le denunce contro i familiari che chiedono giustizia, la persecuzione di associazioni che denunciano abusi sono le operazioni che la borghesia e il suo Stato mettono in campo per difendere la vecchia solfa delle “mele marce”. Il processo contro Vigilanza Democratica e altri procedimenti su chi denuncia abusi e scoperchia il Vaso di Pandora del vero volto della legalità borghese, si inseriscono in questo contesto.

Rovesciare il mondo dei padroni!
L’unica strada realistica e positiva per uscire dal marasma si sfruttamento, oppressione, degrado materiale e morale è partecipare direttamente al rovesciamento del mondo dei padroni e alla costruzione del mondo dei lavoratori e della classe operaia (vedi Capitolo IV del Manifesto Programma del (nuovo)PCI): significa partecipare attivamente alla rivoluzione socialista in corso.
Essa non è un’insurrezione di ampi settori popolari esasperati dagli effetti della crisi (che prima o poi scoppierà e si tratta solo di attenderla e prepararsi a cavalcarla), non avviene tramite la conquista del potere per mezzo delle elezioni borghesi, non dipende dall’opera opera di un “gruppo di avanguardia” che sostituisce la classe operaia e le ampie masse nella lotta i padroni, ma consiste principalmente nella costruzione di una ampia e articolata rete di organismi e organizzazioni legate al partito comunista che, da lui dirette, costituiscono al rete del nuovo potere, contendono l’esercizio del potere alle autorità e istituzioni borghesi fino a prenderne il posto alla direzione della società. La rivoluzione socialista è una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata diretta dal partito comunista.

“Una guerra popolare: perché il suo cuore è la mobilitazione e organizzazione delle masse popolari attorno al partito comunista, è combattuta dalle masse popolari e in definitiva può essere vinta solo dalle masse popolari.
Una guerra rivoluzionaria: per il suo obiettivo (instaurare il potere della classe operaia e aprire la via alla costruzione di un nuovo ordinamento sociale), per la sua natura (non è lo scontro tra Stati e tra forze armate contrapposte, ma tra una classe oppressa che gradualmente assume la direzione delle masse popolari, conquista il loro cuore e la loro mente e gradualmente costruisce il suo nuovo potere di contro a una classe di oppressori che ha già un suo Stato e le sue forze armate e ha ereditato dalla storia l’egemonia sulle masse popolari), per il suo metodo (la classe rivoluzionaria ha l’iniziativa e tramite la sua iniziativa costringe la classe dominante a scendere sul terreno di lotta che è più favorevole alla classe oppressa).
È una guerra di lunga durata perché compiere l’intero processo sopra indicato richiede in ogni caso un tempo che non può essere stabilito a priori. Per vincere, bisogna essere disposti a combattere per tutto il tempo che sarà necessario, formare, organizzare e dirigere le proprie forze in conformità a questo imperativo, manovrare” dal Manifesto Programma del (nuovo)PCI, Ed Rapporti Sociali – 2008.

 

In questa fase storica e politica, alle specifiche condizioni del nostro paese, i binari su cui avanza la rivoluzione socialista sono due: 1. la resistenza alla repressione delle forze che sono già rivoluzionarie (il partito comunista e gli organismi di massa ad esso legati); 2. la promozione da parte delle forze rivoluzionarie di organizzazioni operaie e popolari che raccolgono e mobilitano parti crescenti di masse popolari a fare fronte, da subito, agli effetti più gravi della crisi, diventando in questo modo punto di riferimento per le ampie masse (diventare nuove autorità pubbliche).

Il processo per Vigilanza Democratica e come lo usiamo per rovesciare il mondo dei padroni
Il 25 settembre si svolge a Milano il processo d’appello per la nostra compagna Rosalba Romano, condannata il 30 marzo 2018 a seguito della denuncia di Vladimiro Rulli, agente del VII Reparto Mobile di Bologna che si è sentito “diffamato” da un articolo in sostegno a Paolo Scaroni (ultras del Brescia reso invalido a vita dal pestaggio immotivato di celerini) pubblicato sul sito Vigilanza Democratica. Il processo di primo grado doveva stabilire se fosse stata Rosalba a pubblicare l’articolo sul sito (questo era il capo originario di imputazione, quello per cui Rosalba ha potuto difendersi), ma a fronte di un dossier vuoto, qualcosa doveva essere escogitato per “impartirle una lezione”. Le motivazioni della condanna, infatti, dimostrano che il giudice Braggion ha condannato Rosalba per un reato che non le era contestato e per il quale non ha potuto difendersi in Tribunale. Il succo del discorso è che non importa se Rosalba abbia scritto o meno quell’articolo, lo abbia o meno pubblicato, si sia avvalsa o meno dell’aiuto di altri redattori, sapesse o meno della pubblicazione di quell’articolo sul sito, in un modo o in un altro Rosalba ha diffamato l’agente Vladimiro Rulli – ha stabilito il Tribunale – e per questo è stata condannata.
“Se Rosalba non ha nulla da temere, se è innocente, sarà senz’altro prosciolta da ogni accusa nel processo d’appello”, sostengono alcuni, ma sappiamo che non sarà una giustizia “super partes” a garantire Rosalba. La sentenza di primo grado è un pericoloso precedente. La condanna a Rosalba per via giudiziaria è la condanna politica a Vigilanza Democratica, un sito (oggi chiuso) gestito da attivisti contro gli abusi in divisa e, più precisamente, per la trasparenza nella catena di comando delle forze dell’ordine (Polizia di Stato) e forze armate (Carabinieri), per contrastare la retorica delle “singole mele marce”. Nel corso dell’attività di Vigilanza Democratica (ricerca, inchiesta, campagne di opinione, sostegno alle famiglie delle vittime degli omicidi di stato), e ancora di più nel corso della campagna di solidarietà a Rosalba durante il processo di primo grado, è emerso molto chiaramente il limite che “non è concesso oltrepassare”. Certi apparati dello Stato “tollerano” la denuncia contro i singoli casi di abusi, ma non tollerano in alcun modo che vengano a galla le relazioni fra i singoli agenti che compiono abusi (le “mele marce”) e i loro reparti (il contesto), fra i loro reparti e i comandi (i burattinai), fra i comandi e i comitati politici più o meno formali e di certo non completamente legali (le “alte sfere”). Pertanto NO, noi non abbiamo alcuna cieca fiducia che il processo di appello faccia giustizia di per sè, ma siamo fermamente convinti che solo un’ampia campagna di opinione possa far valere “lo stato di diritto”, la Costituzione e i diritti democratici su biechi interessi particolari
In sostegno a Rosalba abbiamo raccolto migliaia di firme e centinaia di attestati di solidarietà da parte di lavoratori e masse popolari e di esponenti delle istituzioni, giuristi, esponenti politici e della cultura: questa importante ondata di solidarietà è rimasta principalmente confinata alla campagna di opinione.

Il 25 settembre, in occasione del processo di appello, chiediamo a singoli cittadini, organismi, personaggi politici, del mondo delle associazioni e della società civile di prendere pubblicamente posizione in solidarietà a Rosalba, di schierarsi, di metterci la faccia, di farsi sentire partecipando fisicamente all’udienza che inizierà alle ore 9.

Quale che sarà la sentenza, continueremo a promuovere la vigilanza democratica come pratica di partecipazione, controllo popolare, organizzazione e mobilitazione delle masse popolari e cercheremo di valorizzare l’esperienza e le relazioni accumulate per favorire il coordinamento dei tanti organismi di base sono già attivi nel campo della lotta e della resistenza alla repressione e per suscitare, incoraggiare e sostenere la nascita di altri.

In vista del processo, co-promuoviamo due iniziative che vanno in questo senso:

  • Roma, 21 settembre con Atletico San Lorenzo ai Magazzini Popolari Casalbertone: “Dagli stadi alle piazze alla rete: contro ogni repressione”, una giornata di confronto, scambio di esperienze e solidarietà;
  • Firenze, 22 settembre con la Città Invisibile al Circolo Il Campino: “Il bavaglio all’informazione, la repressione e la lotta per l’attuazione della Costituzione”, un dibattito per ragionare sui tentativi di bavaglio all’informazione, sulla repressione e sulla lotta per attuare le parti progressiste della Costituzione – vedi i dettagli dell’iniziativa;

Lo stesso 25 settembre, dopo il processo, parteciperemo al corteo in solidarietà A Vincenzo Vecchi arrestato in Francia per le mobilitazioni in occasione del G8 di Genova nel 2001 e condannato a 11 anni e 6 mesi per “devastazione e saccheggio”.

Partecipare attivamente alla rivoluzione socialista in corso
La lotta contro la repressione e per la solidarietà proletaria (solidarietà proletaria e internazionalismo proletario) è parte essenziale e indispensabile della lotta rivoluzionaria, della lotta per la rivoluzione socialista. La rivoluzione socialista è lo strumento con cui la classe operaia e le masse popolari possono conquistare la giustizia e l’ordine di cui hanno bisogno. Essa l’opera che i comunisti compiono prima di tutto con la classe operaia. Ma è l’opera collettiva che libera dall’oppressione le milioni di persone costrette a commettere reati di ogni tipo per sopravvivere e far sopravvivere la propria famiglia, le milioni di persone che la società capitalista “manda fuori di testa” e trasforma in esuberi e “scarti della società”, è l’opera vitale di un’umanità costretta dalla classe dominante a combattere una lotta per la sua stessa esistenza. La rivoluzione socialista è lo strumento per emancipare e liberare tutte le masse popolari dall’oppressione che rende la loro vita infernale. Chiamiamo ogni elemento delle masse popolari, a partire dai più coscienti e lungimiranti, a prendere parte in prima persona a questa lotta: ogni ambito, situazione e occasione per aggregare forze rivoluzionarie, rafforzare le organizzazioni operaie e popolari esistenti e crearne di nuovi è il terreno di battaglia. La resistenza alla repressione, la lotta alla repressione e la promozione della solidarietà di classe con chi è colpito dalla repressione è uno di essi.

 

La solidarietà è un’arma potente per il proletariato!

 

Note
[1] “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”.
[2] “Gilberto Caldarozzi, ritenuto colpevole e condannato a tre anni e otto mesi per falso nell’ambito del processo sulla Diaz (mise la firma nei verbali che attestavano l’esistenza di prove fasulle usate per accusare ingiustamente le persone picchiate all’interno della scuola), fu promosso nel 2017 a vicedirettore della Direzione Investigativa Antimafia. Non solo, Adriano Lauro è stato nominato questore di Pesaro: fu lui, il 20 luglio 2001, che urlò ai manifestanti accusandoli della morte di Giuliani in piazza Alimonda: “Siete stati voi con le pietre…”. O ancora, il poliziotto delle molotov alla Diaz, Pietro Troiani – dopo la condanna e il rientro in servizio – ha fatto, sempre nel 2017, un balzo in carriera diventando il dirigente del Centro operativo autostradale di Roma che ha competenza su tutto il Lazio, il principale d’Italia. Ancora, vedi Di Gennaro, a capo della Polizia che ha saltellato tra una ruoli di sottosegretario e CDA di partecipate pubbliche.
Per non parlare dell’impunità che reparti eversivi e anticostituzionali come il VII Reparto Mobile di Bologna godono dal 2001 in poi: indicativa, per la sua modesta inconsistenza, la condanna, della Corte dei Conti della Liguria, all’ex comandante di questo reparto, Luca Cinti, a risarcire 50 mila euro per aver “gravemente danneggiato” l’immagine della Polizia durante i fatti del G8 del 2001 a Genova (qui il nostro articolo).
Tutto ciò, e altri esempi concreti di come la borghesia viola la propria legalità e non rispetta il suo stesso ordinamento (vedi con la Costituzione del ‘48) si trovano nella nostra pubblicazione Copwatching 2.0, redatto durante la campagna d’Appello del processo contro Rosalba Romano e il sito Vigilanza Democratica: gli abusi di polizia sono un tratto distintivo, come lo è il monopolio della violenza, dell’attuale ordinamento borghese, altro che “mele marce” e simili!” – da Solidarietà a Vincenzo Vecchi! In galera ci devono finire la catena di comando e i torturatori di Stato del G8 di Genova! – P.CARC, 13 agosto 2019

 

Sharing - Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *